Saluto ad un amico

Scritto da  Pasquino Ferrioli

Raffaello Collevati, con Alberto Pezzini, Alfredo Santini, e Sergio Cesare Capatti, riceve l'allora Ministro del Tesoro Giovanni Goria nella sede della Cassa di Risparmio di Ferrara.Con Raffaello Collevati scompare una figura di amministratore di grande spessore umano e civile.

Questi giorni di aprile sono giorni di lutto, perché sono scomparsi personaggi illustri che appartengono alla storia della città, ma, prima ancora, ai sentimenti, agli affetti, alle relazioni spirituali, culturali della comunità ferrarese. Una comunità che, come ogni altra, scrive pagine di progresso e di crescita civile con le opere, le testimonianze, la memoria. Abbiamo vissuto momenti intensi di riflessione sulla contraddizione delle vite che si spengono, nell'impotenza del dolore e nel rimpianto che ci hanno accompagnato nell'austero cimitero ebraico. E, poi, nella discreta, accogliente chiesa di Santa Francesca Romana.

 

Qui abbiamo reso l'ultimo saluto a Raffaello Collevati. Per me, un'occasione per tentare un impossibile recupero degli ultimi appuntamenti mancati al terzo piano delle cliniche universitarie.

Dalla poltrona della sua casa di via Beatrice d'Este, dal letto di ospedale, Lello ha consegnato agli amici un'esemplare lezione di forza d'animo, di serena capacità di reggere la prova durissima della sua grave infermità. Provato da una lunga stagione di sofferenze, ha voluto seguire, giorno per giorno, le vicende politiche, economiche, sociali della sua città, del suo paese.

Voleva sapere, essere informato. E aveva cose da dire, raccomandare. Ricordiamo le virtù "private" di Raffaello Collevati, perché si innestavano virtuosamente su quelle di uomo pubblico. È questo il giudizio che possiamo formulare, con breve richiamo ai momenti salienti della sua vita.

Negli anni Trenta, è uno dei giovani più promettenti della borghesia ferrarese, nelle aule universitarie, nelle sedi di dibattito politico e culturale, nel brillante esordio nella professione forense.

L'8 settembre 1943 è ufficiale addetto allo stato maggiore dell'esercito italiano, che occupa parte della Croazia a fianco delle truppe tedesche. Mentre l'armistizio con le forze alleate lascia allo sbando ufficiali e soldati, Raffaello Collevati compie un gesto, una scelta ideale che lascerà un'impronta decisiva nella sua storia personale. Decide, infatti, di partecipare alla lotta di liberazione della Yugoslavia nelle formazioni partigiane di Tito.

È un comandante abile e coraggioso. Tornerà in Italia nel 1945, con una medaglia d'argento al valore militare e con altre decorazioni. Partecipa alla vita politica del dopoguerra nelle file del Pci, da cui si dimette nel 1956, quando i carri armati entrano a Budapest.

Aderisce al partito socialista, rinnovando la sua appartenenza alla sinistra, concepita come forza democratica, riformista, interprete di valori e interessi popolari. Appartiene a quel ceto politico che non fonda la credibilità e il prestigio sulla tessera di partito, ma sulle doti morali, professionali e sulla capacità di capire i problemi della città. È questo il senso dell'incarico di presidente dell'Arcispedale Sant'Anna, ricevuto agli inizi degli anni Sessanta. Lo affronterà con grande impegno convinto che la politica non sia competizione per la carriera personale, ma nobile attività al servizio dei cittadini.

Nel 1967, i giornalisti ferraresi gli assegnano il Premio Stampa per "l'intelligente costante attività indirizzata al potenziamento delle attrezzature, all'aumento della capacità ricettiva, al progetto dei nuovi padiglioni di clinica medica e chirurgia dell'università". All'inizio degli anni Ottanta, i riconosciuti meriti di amministratore lo candidano alla presidenza della Cassa di Risparmio di Ferrara.

Anche IN questo strategico settore della realtà economica ferrarese, ha lasciato il segno della sua competenza e delle sue doti intellettuali. Diventato rapidamente esperto dei problemi del credito, ha promosso la riorganizzazione dei servizi bancari e realizzato un più intenso rapporto con le imprese e le associazioni professionali, riservando una speciale attenzione ai finanziamenti a sostegno delle attività culturali, delle opere di solidarietà sociale.

Gli ultimi anni della sua vita sono quelli del ritorno alla politica attiva. Alla fine degli anni Ottanta, aderisce alla sinistra socialista. Nel 1992, quando emerge la compromissione di gran parte del gruppo dirigente nazionale, esce dal Psi, ma continua fino ALL'ultimo a impegnarsi per una politica democratica e riformista, ispirata ai valori di libertà e uguaglianza. Quelli della sua vita.