Dopo 17 anni, dei quali dieci da presidente, con queste parole Sergio Lenzi lascia la Fondazione per assumere la presidenza della Cassa
Il 20 maggio 2010 si è tenuto il discorso di commiato di Sergio Lenzi durante la riunione dell'Organo di Indirizzo della Fondazione Carife. Ne riportiamo di seguito il testo. "Lascio la Fondazione dopo 17 anni di presenza in questa inimitabile istituzione, sono stato chiamato a farne parte praticamente fin dalla nascita. Dapprima come consigliere, poi come vice-presidente dell'indimenticabile Silvio Carletti, al quale rivolgo un affettuoso pensiero, infine in questi ultimi dieci anni come presidente. Ho attraversato tutta la storia del nostro Ente che dopo 150 anni circa di vita relativamente tranquilla, negli ultimi 18 anni ha subito grandi trasformazioni. Dall'ormai lontana legge Amato del 1992 alla riforma Ciampi del 1998, fino alla sentenza della Corte Costituzionale del settembre 2003, che ha definitivamente accertato la natura giuridica privata delle fondazioni bancarie, con riconoscimento della piena autonomia statutaria e gestionale. Da allora è pacifico che le fondazioni sono soggetti dell'ordinamento civile e dell'organizzazione delle libertà sociali. Riprendo a questo proposito una citazione di Gustavo Zagrebelsky, docente di diritto costituzionale ed allora presidente della Corte Costituzionale, il quale affermava che "le fondazioni di origine bancaria rappresentano il cuore secolare della dimensione intermedia tra il privato che esprime interessi particolari e il pubblico che guarda all'interesse generale e oggi sono diventate un nuovo ente rappresentativo che dispone di grandi risorse. Da qui la loro funzione moltiplicativa. Mi è parso opportuno ripercorrere queste tappe, che sono state cruciali per arrivare alla Fondazione Carife quale essa è oggi e che, nonostante sia stata per così tanto tempo impegnata a difendere la propria autonomia da interventi esterni, negli stessi anni è riuscita a sviluppare un percorso di crescita nelle attività quotidiane, nell'espletamento della propria missione attraverso gli interventi istituzionali. L'intento che ha sempre guidato il personale dei nostri uffici, il Consiglio di Amministrazione, il vice presidente ed il sottoscritto, è stato di avvicinarci sempre più ai bisogni della comunità e della gente, cercando di incidere con l'impiego delle risorse e con l'esempio. I passaggi per raggiungere questi obiettivi sono stati non solo il monitoraggio delle esigenze, ma anche l'affinamento di procedure di valutazione tali da ingenerare nei nostri interlocutori la consuetudine ad effettuare per primi un'autoanalisi delle necessità e delle risorse disponibili, una assunzione di responsabilità sul buon esito dei progetti posti in atto. Da ciò emerge la consapevolezza che nella richiesta di sostegno della Fondazione, ciascuno deve considerare anche che si mette in gioco a tutto campo con le proprie capacità e che dai risultati ottenuti deriva anche la possibilità di ulteriore collaborazione. In questo percorso, ci sono stati fedeli compagni alcuni principi di comportamento, che riguardano da un lato la volontà e la capacità di mantenere l'autonomia dalla politica, non per sminuirne tale funzione ma proprio per dare evidenza della diversità dei ruoli tra chi ha un obbligo di ricercare il consenso più ampio e chi invece, come le fondazioni, può talvolta anche permettersi delle scelte difficili. E in questo periodo di scarsità di risorse, i colleghi che rimangono nel Consiglio di Amministrazione saranno senza dubbio chiamati a scelte difficili. Questo parametro di autonomia non confligge, anzi, si sposa sempre più di frequente, con la capacità di proporsi come soggetto affidabile ed autorevole per sviluppare sinergie con le istituzioni nei grandi e nei piccoli progetti. Ne è l'esempio più evidente il restauro di San Cristoforo alla Certosa. Leggendo le pagine dei bilanci consuntivi che avete approvato in questi anni, si possono altresì trovare tante altre situazioni, anche piccole o minori, nelle quali la collaborazione con altri soggetti, pubblici o privati, è risultata determinante. Ora, dopo dieci anni, il mandato è scaduto e ancor prima di poter considerare una eventuale, magari remota, ipotesi per un successivo periodo, è emersa in tutta evidenza l'esigenza per la Fondazione di provvedere ad un nuovo esecutivo cui affidare la cura della banca. Per questo delicato e complicato incarico l'attenzione è caduta tra gli altri anche su alcuni componenti della Fondazione, tra questi, il sottoscritto. Le riflessioni fatte in questi mesi, nelle sedi ufficiali come in privato, le considerazioni e l'invito del Consiglio di Amministrazione della Fondazione, mi hanno determinato a rendermi disponibile per questa sfida. Ritengo questo incarico un ulteriore grande onore, ma anche un compito gravoso, comunque una doverosa risposta della Fondazione alla complessità del momento. Ci sono giorni in cui, quando le cose non girano come vorrei, rischio di far prevalere il pessimismo sul pensiero positivo. Ecco, in quei giorni corro con la mente a una scrittrice russa – Dawna Markova – che termina la sua poesia dal titolo "Non morirò una vita non vissuta" con queste parole: Scelgo di mettere a rischio il mio significato / per vivere / così che ciò che mi è stato dato come germoglio / diventi frutto".