Solo la paziente lettura di testamenti, libri contabili, memoriali e quant'altro contenuto soprattutto nell'Archivio di Stato di Ferrara e in quello Estense dell'Archivio di Stato di Modena, condotta nell'arco di un decennio, poteva approdare a una raccolta così straordinaria di notizie e di dati; né va dimenticato come solo un'esperienza paleografica di così elevato spessore era in grado di consentire la decifrazione di una mole tanto immane di documenti, i più disparati.
Appaiono evidenti i frutti da cogliere anche a una prima, non approfondita lettura: il numero sino a ora inimmaginabile di pittori, decoratori, miniatori, riuniti in compagnie o scuole, nella quali risulta assai funzionale la distribuzione dei compiti, dai più umili ai più impegnativi; la presenza di un'arte locale vitalissima, valorizzata dalla committenza - soprattutto estense - e debitrice all'esterno in misura minore di quanto abitualmente si creda; lo sviluppo delle cosiddette arti minori, quali l'oreficeria, l'intaglio, il ricamo, l'arazzeria, di rilievo tanto più notevole quando si tenga presente il ricorso ai disegni dei migliori artisti del momento; lo sviluppo urbanistico della città, a cominciare dal secondo Trecento, per cui le case piane e di legno cedono gradualmente il posto a quelle in solida muratura e alle primitive colonne in mattoni si sostituiscono quelle in marmo, la materia prima favorita di Nicolò I e di Leonello.
Quando saranno usciti i successivi due volumi (dal 1471 al 1516), già elaborati e predisposti dal Franceschini, Ferrara potrà vantare una documentazione della propria storia artistica in periodo umanistico e rinascimentale che non sarà arrischiato definire unica nella pubblicistica italiana.
A volere trarre, da una pubblicazione ad alto carattere scientifico ed erudito, considerazioni nuove o addirittura tali da capovolgere giudizi e valutazioni ormai considerati come acquisiti e, invero, non sempre sottoposti a un adeguato vaglio critico, arriva ora il Pomposa Monasterium modo in Italia Primum. La biblioteca di Pomposa, pubblicato quest'anno a cura di Giuseppe Billanovich, per i tipi dell'editore Antenore di Padova.
Lumeggiando la funzione esercitata da Pomposa e dalla sua biblioteca nella storia della Chiesa e del pensiero, esso offre un eccezionale contributo a un argomento di così alto interesse, mediante l'apporto di Giuseppe Billanovich, Guido Billanovich, Antonio Manfredi, Maria Rosa Cortesi, Carla Maria Monti, i quali affrontano da diverse prospettive e con diverse modalità il tema centrale, assicurando all'opera una linea decisamente unitaria.
L'importanza di una biblioteca - il cui elenco delle opere contenute risale al 1093 - come quella del Monastero di Pomposa, fondamentale nel Medioevo accanto alla Capitolare di Verona, alla Lateranense di Roma e a quella avignonese, consiste tra l'altro nell'aver conservato codici come il Seneca tragico e il Seneca morale, nonché alcune decadi di Tito Livio, e si segnala particolarmente in ordine al sorgere e allo svilupparsi del preumanesimo padovano e, in senso più lato, allo svolgimento dell'umanesimo padano, in quanto è proprio da essa che Lovato Lovati, Albertino Mussato e Rolando della Piazzola traggono i testi di Seneca e di Livio, ma anche quelli di Beda e di Cipriano.
La storia della letteratura italiana, almeno per ciò che concerne la vicenda umanistica, è tutta da rifare, secondo il giudizio espresso da Giuseppe Billanovich, in quanto quella tradizionale, attenta agli aspetti più laicisti di quel fenomeno, ha scarsamente valutato, quando non espressamente emarginato, la componente a sfondo più religioso e spirituale, di cui sono appunto portatori gli umanisti citati poc'anzi e che si identifica idealmente con la personalità di Francesco Petrarca. Né va dimenticato come a Ferrara l'influsso di tale movimento si diffonda attraverso la figura di Riccobaldo, ferrarese, canonico di Ravenna, assai vicino proprio al Lovati.
Ma la centralità di quella biblioteca è rilevabile anche nella sua funzione di supporto alle tesi della corrente che potremmo definire "realistica" la quale, nel corso delle accanite dispute sull'Eucaristia, si opponeva a Berengario da Tours sostenendo la presenza reale e non simbolica del Corpo e del Sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino e, successivamente, per avere offerto, nell'occasione del Concilio di Ferrara-Firenze (1438-1439) e secondo le disposizioni del cardinale Cesarini, testi che confutassero le affermazioni degli orientali a proposito del "Filioque" - cioè la processione dello Spirito Santo non solo dal Padre ma anche dal Figlio, che quelli negavano - nonché le opere di Cipriano intorno al discusso primato del Papa, ad Ambrogio Traversari, Tommaso Parentucelli (che divenne Papa con il nome di Nicolo V) e Nicolò Nicoli. Un volume, questo, curato con la ben nota e impareggiabile maestria da Giuseppe Billanovich, che si presenta come una preziosa pietra miliare nella storia del movimento umanistico in Italia.