Altrettanto sciocco sarebbe, però, isolare questo tempo splendido e indicare come bui e privi di pensiero e di risultati i periodi che precedono e seguono questi centocinquant'anni. La città non perde le qualità che aveva conseguito e raggiunto ma, seguendo le vicende, è capace di non chiudersi in un splendido, ma sterile, isolamento e continua a partecipare alle vicende politiche, culturali ed economiche che si succedono dal Seicento sino a oggi.
Il XVIII secolo in particolare è, anche a Ferrara, un momento ove la città si interroga, si conosce e riconosce, partecipa ai grandi confronti che impegnano le più illustri sedi della cultura: si interviene sul tema della felicità, del lusso, sul rapporto con la natura, sulla polemica fra antichi e moderni e, nello stesso tempo, si riorganizzano i momenti istituzionali ove si raccoglie la sapienza del passato e si predispone e immagina l'organizzazione del futuro.
Penso non solo alla "riforma dello Studio", ma anche alla vivacità e alla partecipazione al dibattito civile del mondo religioso, alla ricchezza del dibattito teologico, all'attenzione innovatrice con cui si analizzano le coltivazioni e le possibili riforme in agricoltura, la sanità o la gestione della cosa pubblica.
Il Settecento è anche il tempo che vede un generale e organico sforzo per la sistemazione e la conoscenza delle vicende che hanno toccato la città, l'indicazione dei suoi valori e dei momenti più significativi.
Fu il secolo delle guide e dei cataloghi: da quello di Jacopo Agnelli, dedicato alla Galleria di pittura del Cardinale Ruffo (1734), alle guide di Cesare Barotti (1770), di Carlo Brisighella (1767), di Giuseppe Antenore Scalabrini (1773); è il secolo delle "storie": da quelle di Girolamo Baruffaldi ( 1700) e di Ferrante Borsetti, Historia Almi Ferrariae Gymnasii ( 1735), alle Memorie per la storia di Ferrara di Antonio Frizzi (1791-1809): monumento ancora ineguagliato e ineliminabile testimonianza della coscienza e della morale civile.
Una comunità che ha saputo trattenere la storia, la propria storia, con cosciente consapevolezza, che ha saputo eludere e schivare il rischio delle mitizzate e mitizzanti antologie: testimone e personaggio esemplare di questa temperie e di questi valori è il sacerdote Cesare Barotti (1728-1782).
La sua opera, oggi quasi dimenticata, andrebbe invece ricordata da tutti perché la sua cosciente e più che trentennale adesione a una concezione di cultura ha consentito la conservazione della memoria dei cittadini ferraresi attraverso la felice fatica della trascrizione delle lapidi visibili nelle chiese e nei luoghi pubblici della città.
Le mai edite Iscrizioni sepolcrali e civili della città di Ferrara sono uno dei monumenti più importanti oggi esistenti a Ferrara; che pochi ne abbiano consapevolezza non è colpa dell'autore, piuttosto di tutti coloro che non hanno saputo farne patrimonio utile e comune, quasi anima e senso comune per coloro che abitano e vivono nella patria estense.
Le migliaia di lapidi così strappate alla distruzione restituiscono, attraverso la definizione nella morte, l'affettuoso giudizio e ricordo dei familiari e dei confratelli, la quotidianità dell'esistere. Le migliaia di tracce e di presenze che il vivere aveva lasciato, allora come oggi, erano destinate a perire, inghiottite dalla sabbia di quella clessidra che così bene simboleggia l'ineluttabilità della scomparsa e dell'oblio.
Ma così non è avvenuto, perché il sacerdote ferrarese si è assunto il compito di fermare il tempo e quelle memorie, di fissarle sulla carta, supporto fragile, ma destinato a sopravvivere alle, apparentemente, più durature lastre di pietra. Non è inutile ricordare che Cesare nasce in una famiglia di letterati; il padre, Giovanni Andrea, nato nel 1701, fu avviato agli studi sotto la guida dello zio Giuseppe, si laureò in utroque iure, ma abbandonò ben presto la carriera forense per seguire una vocazione che gli diede notorietà come poeta, socio di numerose accademie, lettore nello Studio Ferrarese e direttore della Biblioteca, allora universitaria, oggi civica.
Nell'incarico gli successe, nel 1771, il figlio Cesare il quale, tuttavia, si dimise nel 1779, quando la malferma salute lo obbligò ad abbandonare ogni diversa fatica per dedicarsi esclusivamente alla stesura de le Iscrizioni.
Gli altri tre figli, Luigi, Ignazio, Lorenzo, avranno eguali interessi.
La Civica Biblioteca Ariostea custodisce le carte ove è raccolta, in successive redazioni, sino all'ultima pronta per la stampa, l'immane opera del Barotti: si tratta dei manoscritti della Classe I, nn. 190, 528. 569; a questi va aggiunto l'unico testo edito, Pitture e Scolture che si trovano nelle Chiese, Luoghi pubblici e Sobborghi della città di Ferrara, apparso nel 1770, per i tipi dell'editore Giuseppe Rinaldi.
Lo schema dell'opera è terribilmente semplice: l'autore, su una pianta dell'edificio, segna, numerandole, tutte le iscrizioni esistenti; poi, con la stessa numerazione, le trascrive. Nessuno ha mai contato il numero delle lapidi; approssimato, ma per difetto, è credibile siano diecimila.
Non si tratta di una selezione, il suo valore sta nella completezza.
Alcuni esempi possono darci, anche se in maniera inadeguata, il senso di una documentazione che è unica e irripetibile.
Un sacerdote:
PREGATE DIO PER L'ANIMA DEL SACERDOTE PIETRO ANGELO
MAGGI / PECCATORE MISERABILE
MORÌ LI 18 APRILE ANNO DI NOSTRA SALUTE 1726.
Un anonimo:
HIC QUI IN CHORO ET ORGANO CECINIT TACET
REQUIEM DICITE SI PLACET
AMEN.
Una coppia di sposi:
LORENZO CAMPI E LUCREZIA NIGRISOLI
CHE PRIMA DELLA MORTE FURONO
UNA ANIMA IN DUOBUS CORPORIBUS
ITA POST MORTEM DUO CORPORA IN UNO SEPULCRO.
IN TE DOMINE SPERAVI / NON CONFUNDAR IN AETERNUM /
ALESSANDRO VIVENDO ERA IL MIO NOME / CITTADINO E DI
TERZI ERA IL COGNOME / ROTTO IL NOME EL COGNOME E LE
MIE OSSA / SI SERBAN QUIVI IN QUEST'OSCURA FOSSA /
PER NON USCIR MAI PII' DI QUESTA TOMBA / FINCHÉ DEL
CIEL NON SI SENTÌ LA TROMBA / SE TU LETTOR CORTESE AMI
MARIA / DÌ UN PATER NOSTER PER L'ANIMA MIA /
ADÌ XXI FEB. MDLX MI PARTORÌ MIA MADRE / E ADÌ XVII
DICEMBRE MDCXXVIII RESI L'ANIMA ALLO ETERNO PADRE /
E QUESTA È POSTA SOL PER LE MIE CENERI.
Una prece chiedono
ELISABETTA RICCI / ET / CAMILLA TESTI / IN CARITÀ / TI
CHIEDONO UN REQUIEM / PER TUA PIETÀ / 1675 - 1697
Un militare:
MONUMENTUM HOC / IOSEPH LEONORUS RICCIUS
IN PONTIFICIO PRAESIDIO / FERRARIAE
CENTURIAE INSTRUCTOR / SIBI ET HAEREDIBUS PARAVIT
ANNO MDCCIII.
Piange il figlio e la moglie:
FERDINANDO UNICO FILIO DILECTISS. IAM DEFUNCTO AC FRANCISCA UXORI
AMANTISSIMAE SIBIQUE HOC MONUMENTUM VIVENS
P. C. ANNO DOMINI MDCCXXII MEN. MARTII HIPPOUTUS URSINUS.
Un pittore:
ANTONIUS BONFANTUS PICTOR ET SODALI D. CAROLI REGENS SIBI ET
UXORI MARGARITAE DE POLATRIS HOC MARMOR POSUIT A. S. MDCXXXIV.
Una confraternita:
SEPOLCRO /PER LI FRATELLI / DELLA VENERABIL
CONFRATERNITA / DELLA SS.MA TRINITÀ
DEL RISCATTO / DE SCHIAVI CRISTIANI / MDCXXVII
Un restauro:
TABULAM ANTIQUAM
HUIUSCE ECCLESIAE SANCTO LEONARDO DICATAE
PAULO HIERONYMO MASSEI EIUSDEM ECCLESIAE PRIORE PER-
MITTENTE / RESTAURAVIT AERE PROPRIO
EIUSQUE CORONAM SCULPTAM DEPICTAM ET AURATAM FECIT
IOSEPH MARIA BADDIA
ARCHICONFRATERNITATIS REDEMPTIONIS CAPTIVORUM
RECTOR
ANNO SALUTIS MDCCLII.
Come è naturale, moltissimi altri potrebbero essere, molto più numerosi ed egualmente affascinanti, gli esempi proponibili: tutti danno, in misura più o meno ampia, a seconda della narratività dei testi, testimonianza di un vivere quotidiano che permette di partecipare non solo alle vicende dei singoli, ma all'atmosfera di quella che, anche nei secoli che ci hanno preceduto, è pur sempre la nostra città.
Tutto è affidato alle carte dei codici dell'Ariostea; se scomparissero, si perderebbe per sempre una testimonianza tanto significativa; le lapidi, infatti, nella gran maggioranza sono scomparse. Un gruppo di lavoro, nel quale sono impegnati congiuntamente docenti dell'Università di Ferrara e studiosi della Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia Patria, ha presentato un progetto di edizione che, nelle intenzioni, consentirebbe la sicura permanenza e acquisizione della fatica del Barotti.
Alcune giovani ricercatrici, Beatrice Michelini, Enrica Guerra, Corinna Mezzetti, hanno compiuto un parziale, ma eloquente, primo riscontro su alcune delle chiese cittadine. Il risultato è che ben più del novanta per cento delle lastre è scomparso. Cito alcuni fra i dati conseguiti, ponendo fra parentesi, di fianco al numero delle iscrizioni registrate da Barotti, quelle oggi ancora presenti.
Santa Chiara delle Cappuccine: 37 (2)
San Giovanni Battista: 17 (12)
San Maurelio dei Cappuccini: 30 (8)
Santo Stefano: 36 (2)
Santa Maria Nuova: 17 (9)
San Cristoforo della Certosa: 12 (3)
Santa Agnese: 16 (2)
Madonnina: 25 (4)
Santa Maria del Suffragio: 15 (2)
San Girolamo: 33 (6)
San Gregorio: 12 (5)
Sant'Antonio in Polesine 10 (5)
Sant'Antonio Abate 15 (5)
San Giorgio: 20 (14)
Le cifre sono più eloquenti di ogni discorso: 295 registrate, 74 sopravissute. Sta a noi dimostrare la virtù che, salvando queste testimonianze, ci farà veramente cittadini di Ferrara.