Un Salone per il futuro

Written by  Giuseppe Toscano

Lo stand della Fondazione al Salone del Restauro di Ferrara.I beni culturali e il restauro come garanzia di ricchezza culturale, civile ed economica.

Ancora una volta, Ferrara Fiere, nel riconfermare la città come punto annuale di incontro del Salone del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali e Ambientali, pensa a un progetto di carattere più generale, partendo da una riflessione e da una preoccupazione che si estende a tutto il patrimonio italiano ed europeo. La riflessione ha come oggetto e fine la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale della provincia italiana, e soprattutto di quelle città e di quei territori a cui, forse con soverchia modestia, ci si riferisce parlando di un'Italia "minore".

Ben sappiamo, però, che questa Italia non è affatto "minore". Anzitutto perché ogni sua città, ogni suo paese possiede testimonianze di grande valore e una ben definita identità culturale.
Ma anche perché fra questa Italia e quella maggiore, che racchiude le testimonianze più alte della storia e dell'arte nazionali, esiste una profonda continuità di motivazioni culturali, di stili, di pratiche che sta a fondamento di quanto di unico vi è nella civiltà italiana.

Oggi, tuttavia, alcune città e territori della grande provincia italiana e, in particolare, quelle che nella storia passata hanno avuto un ruolo di maggior rilievo rispetto a quello che attualmente rivestono, come la nostra città di Ferrara, un tempo capitale di uno stato, corrono un pericolo.
Preoccupa, infatti, constatare come proprio in queste realtà più che altrove, si avvertono le conseguenze, oltre che della generale limitazione della spesa pubblica in materia di beni culturali, della scarsità di attive istituzioni culturali pubbliche e della relativa debolezza delle risorse private.
Perciò siamo onorati della presenza costante dell'ACRI e delle fondazioni bancarie che da anni si ritrovano in questo Salone con un proprio spazio e una propria autonoma proposta, com'è nello stile di queste istituzioni che da pubbliche, proprio in questi giorni, con l'approvazione dei loro statuti, sono divenute private e, quindi, con maggiore autonomia operativa anche in questo settore.
Tuttavia in assenza di correttivi, la combinazione dei citati fattori può generare un progressivo indebolimento delle identità storiche e culturali, pericoli di cui si avvertono chiaramente i segni visitando le nostre città.

A partire da queste considerazioni e con la volontà di suggerire metodi e modelli trasferibili grazie a un interscambio continuo, il Salone del Restauro di Ferrara desidera offrire occasioni di conoscenza e di valorizzazione dei nostri beni culturali.
Nella prospettiva definita dal nostro programma, l'importanza del patrimonio storico e urbanistico deve, da un lato, poter servire alle realtà locali come fondamento di una riflessione sulla propria identità, dall'altro, trovare più efficaci canali di valorizzazione, a loro volta in grado di promuovere risorse e attività che si integrino con le tradizionali attività.

Nella convinzione che un recupero delle radici storiche delle città e dei territori costituisca un passaggio obbligato per una riaffermazione di una società civile culturalmente più matura e consapevole, il nostro Salone del Restauro intende, inoltre, diffondere un'idea di conoscenza del passato della nostra cultura come presupposto indispensabile per progettare il futuro di ciascuno e per trovare nuove opportunità di ricchezza culturale e di benessere economico.

Vorrei ricordare, poi, fra le tante cose di cui si parla nel Salone del Restauro 2001, il problema dell'invecchiamento e del deterioramento delle abitazioni, che non riescono ad adattarsi con sufficiente velocità al ritmo ultrarapido dei cambiamenti in corso, e hanno necessità di un rinnovamento generale. Fra i motivi del rinnovamento vanno indicati l'aumento della popolazione urbana, l'intensificarsi della circolazione, l'esigenza di nuove infrastrutture sociali, lo stato di obsolescenza del patrimonio edilizio.

Molti anni fa si pensava che i quartieri, come parti integranti della città e organismi primari nell'assolvere le necessità dei gruppi insediati, potessero risolvere questi problemi, componendo in un organismo armonico, nel corpo della città, le singole istanze. Il quartiere era, cioè, visto non come entità statica, ma dinamica, le cui componenti (composizione sociale, aspirazioni ed energie, istruzione, densità di popolazione e affollamento) erano - e sono - in continua evoluzione.
Oggi ci ispiriamo a un grande sogno: le città dei nostri pensieri sono città libere, quelle che ognuno di noi avrà realizzato o voluto, nel rispetto di se stesso e degli altri, nell'ambito di ordinamenti democratici.

Non possiamo, perciò, esimerci dal continuare a seguire quel filo rosso, alla ricerca di una sempre maggiore libertà che attenga alla formazione dei piani regolatori, alle varianti di questi, ai piani particolareggiati di fabbricazione e di lottizzazione: in questa logica le conservazioni dei beni culturali ed il restauro assurgono al rango di funzione sociale oltre che di volano di ricchezza, tutelando il passato per garantire il nostro futuro.