Mi si scuserà la lunga, ma puntuale e autorevole testimonianza del professor Varese dalla quale non posso prescindere nel delineare un breve, ma non corrivo ricordo di Luciano come storico degli Estensi. Mi viene cortesemente chiesto dalla Fondazione e dal comitato editoriale di Ferrara. Voci di una Città.
Inizio correttamente - seguendo la traccia di Varese - dagli "strumenti di analisi". Nel 1952, infatti, Chiappini attraverso la filigrana di San Contardo d'Este, dà principio alla sua vicenda di storico dei Signori di Ferrara con gli Appunti di genealogia estense dei secoli XII e XIII, prosegue sulla stessa traiettoria documentaristica, nel 1954, con Indagini intorno a cronache e storie ferraresi del sec. XV; avanza, sempre nel filone del reperimento delle fonti, nel 1956, con la biografia referenziatissima (ma quanto pure acutamente suggestiva) di Eleonora d'Aragona prima duchessa di Ferrara; nel 1972 e nel 1973, rispettivamente, pubblica ricerche inedite sulla famosa diatriba Medici ed Estensi del 1479 e sulla Battaglia di Fornovo del 1459 e, infine, nel 1984, approda a quello che è stato il suo più defatigante impegno di analisi, teso a individuare i componenti tutti della Corte ferrarese, dal più elevato gentiluomo al più modesto servitore. Siamo, appunto, al denso quanto piacevole volume La Corte Estense alla metà del Cinquecento. I compendi di Cristoforo di Messisbugo; per tale lavoro di scavo, indagò persino i meno frequentati fondi dell'Archivio di Stato di Modena.
Già nel 1967, salutato festosamente e atteso, era apparso il "quadro complessivo": l'amplissima e calibrata sintesi Gli Estensi, il suo capolavoro per equilibrio ed equanimità di giudizi, che lo consacrava definitivamente storico dei signori di Ferrara. Questa sorvegliatissima panoramica "ha consentito a molti altri di continuare gli studi sulla corte di Ferrara".
Studi di alta specializzazione interpretativa, ma tutti variamente tributari o quanto meno non prescindenti da quella meditata delineazione globale che è l'opus maius di Luciano. Sfilano cosi, a caso e disordinatamente, i nomi illustri di C. M. Rosenberg, C. H. Clough, T. Tuohy, R. Tristano, T. Dean, W. Gundersheimer, E. Barnadskaja, di prevalenti aree inglese e americana, che più o meno apertamente riconoscono il loro grande debito nei riguardi di Chiappini, a tacere di tutti gli storici italiani interessati alla tematica, al più disparato titolo, della stagione Rinascimentale.
Il carisma di Chiappini storico è un tutt'uno - per obiettivo riconoscimento - con quello del Chiappini uomo, meglio del vir spiritualis di francescana memoria, quale egli era: l'onestà intellettuale del "capire" storico, sincronico e non del "giudicare" con la pretesa saggezza del poi, la linearità narrativa, non subordinata a interpretazioni ideologiche o a personali originalità, pretese spesso dagli storici, la chiarezza del dettato, l'affidabilità dei dati, quel mai porsi in raffronto, anche solo allusivo, tra il proprio e l'altrui contributo, il proprio e l'altrui parere. Ne sono prove indubitate.
Qualità messe tutte in evidenza pure dall'autorevolezza di Adriano Prosperi nell'indimenticata presentazione de Gli Estensi. Mille anni di storia, nel 2001. L'opera non è da considerarsi appena quarta edizione (le due prima risalgono al 1967, la terza è del 1979), ma piena rielaborazione delle precedenti (basti riferirsi alle quasi cento pagine di fonti e bibliografia aggiornatissime e a quell'incomparabile capitolo undicesimo, il solo a carattere tematico del volume, su I secoli della civiltà estense a Ferrara).
Piace concludere con le parole della svelta nota biografica, redatta a malavoglia da lui stesso, contrassegnata dall'estrema modestia che lo distingueva e strappatagli solo allo scopo che gli amici "non dilatassero la sua persona". È apparsa, ovviamente, in terza persona, nella premessa al volume dedicatogli dalla Deputazione storica L'Aquila Bianca. Studi di storia estense per Luciano Chiappini, Ferrara, Corbo editore, 2000, p. XI, "Ha cercato di trovare nella storia da lui particolarmente amata e indagata attraverso ricerche d'archivio e studi attorno ad argomenti di carattere generale e a temi specifici, un terreno propizio per una conoscenza appropriata della vicenda umana, pervenendo ad alcune pubblicazioni, in merito alle quali ha sempre dichiarato di non contare su una loro particolare novità ed originalità ma di esse si è proposto il compito di non venir meno alle regole della correttezza, dell'onestà e della comunicazione la più trasparente e comprensibile".
Così Luciano si vedeva. Un'autotestimonianza di innocenza, di mitezza e di umiltà, condotta per tutta intera la sua esistenza, che vale un testamento da non dimenticare.