Spunti di riflessione su un anniversario
1838-2008:170 anni trascorsi dalla nascita dell'Ente Cassa di Risparmio di Ferrara e più di tre lustri dall'anno - il 1992 - di attuazione della "legge Amato" sono ricorrenze che inducono ad alcune riflessioni. Qui sono poco più che spunti nell'ottica del sindaco revisore, per rispettare il vincolo di spazio posto dalla Rivista. Nel processo di privatizzazione dell'Ente pubblico creditizio, realizzato mediante lo scorporo dell'azienda bancaria nell'omonima società per azioni, la Fondazione CARIFE ha assunto, come noto, il ruolo di continuatrice delle attività filantropiche e di mecenatismo culturale che già caratterizzava l'originario Ente. Essa è una delle attuali 88 fondazioni, distinte con l'acronimo FOB a ricordarne l'origine bancaria, che hanno fruttato all'Italia un posto di tutto riguardo nella graduatoria dei paesi più evoluti in relazione al numero e soprattutto alle dimensioni delle fondazioni operanti negli stessi. Non lontano dai livelli raggiunti dagli Stati Uniti e dall'Inghilterra, che, si sa, vantano antiche e consolidate esperienze nel settore delle fondazioni grant-making. Le FOB contabilizzavano nel bilancio 2006 un patrimonio netto di 47 miliardi di euro, rettificabile a un valore reale di 78 miliardi di euro. Nell'elenco per dimensione patrimoniale delle FOB, la Fondazione CARIFE occupa una posizione di metà classifica, la sesta tra le fondazioni medie, la quarantunesima tra tutte. Il dato contabile più aggiornato, esposto nel bilancio consuntivo della nostra Fondazione per l'anno 2007, evidenzia un patrimonio netto di 173 milioni di euro, suscettibile di essere stimato per il reale in un valore assai maggiore, che certamente confermerebbe e verosimilmente migliorerebbe quella posizione. Se l'esistenza del plusvalore è indubitabile, il calcolo del suo ammontare è più problematico. E ciò perché la componente di dominante rilievo tra le attività della Fondazione CARIFE è data proprio dalla partecipazione alla società controllata, le cui azioni non sono quotate in un mercato regolamentato. In più, quale che sia il modo di effettuarne la valutazione, essa comprenderebbe il maggior valore connesso alla posizione di socio di controllo, titolare di numero 21.854.000 azioni sul totale di 32.759.437 in circolazione, rappresentativo del 66,71 % dell'intero capitale sociale. La Fondazione CARIFE ha fin qui ispirato il suo rapporto con la controllata Cassa di Risparmio di Ferrara-S.p.A. alla regola di mantenersi estranea all'attività caratteristica di questa, attenta essenzialmente al suo ruolo di rentier per l'oggi e il domani. Sulla dimensione della partecipazione, è opportuno ricordare che i vertici della Fondazione CARIFE - Presidenza e Consiglio di amministrazione - sono stati puntuali esecutori della volontà espressa dall'Assemblea dei soci e dall'Organo di indirizzo: conservare, nel patrimonio della Fondazione CARIFE, la quota di controllo del capitale della società bancaria. È stata unanimemente riconosciuta una dimensione etica al ruolo di socio avente la maggioranza del capitale: lo strumento per contribuire all'attuazione degli scopi fondazionali dello sviluppo economico e sociale della comunità e del territorio. D'altro canto, tale determinazione, alternativa a quella della dismissione della quota di controllo della società bancaria nell'ottica di diversificare gli investimenti, è stata legittimata dall'articolo 4 del DL n.143/2003. La posizione riferita della Fondazione CARIFE, nella graduatoria delle FOB per consistenza patrimoniale, trova piena conferma anche sotto il duplice e concorrente aspetto delle risorse per le erogazioni, a fini di utilità e solidarietà sociale, e degli accantonamenti per la tutela dell'integrità patrimoniale, a presidio della vita dell'Ente. Nel celebrare un anniversario, può essere interessante dare atto che la Fondazione CARIFE ha disposto per l'erogazione nei quindici anni trascorsi più di 90 milioni di euro, in un crescendo, esercizio dopo esercizio, dai 1,5 milioni di euro di media dei primi tre anni, ai quasi 9,5 di euro del 2007. Sono somme per elargizioni a favore di progetti annuali e poliennali e, in genere, di iniziative che hanno interessato i settori dell'arte, della cultura, dell'assistenza alle categorie deboli, del sostegno al volontariato, della ricerca scientifica, dell'istruzione e della sanità. Nel medesimo arco temporale, la Fondazione CARIFE ha accantonato in fondi di riserva del patrimonio l'importo di 47 milioni di euro. Il giudizio su questi risultati, al di fuori di quello espresso dagli organi della Fondazione, è rimesso alla Comunità ferrarese. Di certo può dirsi che tali obiettivi sono stati ottenuti misurandosi in una lunga contesa, svolta per vedere affermato un principio di libertà e di pluralismo. È stato un confronto culturale aspro, perché alimentato e potenziato da malcelati intenti espropriativi di "mano pubblica". Che le FOB dovessero essere riconosciute persone giuridiche private con rilevanza sociale, segnatamente quelle di origine associativa come la Fondazione CARIFE, non doveva neppure porsi in dubbio e, certamente non divenire oggetto di vertenze giudiziarie. I processi sono stati necessari, invece, per la storica avversione ai corpi intermedi nella nostra società, resa ancora più manifesta dalla constatazione del fatto che le FOB hanno portato nel terzo settore, quello del ‘no profit', una capacità realizzativa non dipendente da elargizioni pubbliche. Sebbene oggi la natura privatistica delle FOB trovi qualificazione normativa e riconoscimento in pronunciamenti della Corte Costituzionale, la partita per l'autonomia di questi enti non è, a mio avviso, definitivamente chiusa. Resta ancora forte l'insofferenza di parte politica verso qualsiasi altra autoreferenzialità che non sia la propria. La rilevanza sociale dell'operato delle FOB (e dal sociale al pubblico si sa che il passo è breve) e l'interpretazione dilatata quanto incongrua della funzione di "sussidiarietà" (il pubblico si ritira da campi di rilievo per la vita collettiva, chiedendo, e se può imponendo, ai privati il ruolo di sostituto) sono argomenti per continuare a intrecciare il filo rosso dell'ingerenza, se non proprio del controllo, dello Stato e delle sue articolazioni territoriali su questi enti. Si è ancora lontani, quindi, dal poter considerare fatto acquisito e irrinunciabile il titolo all'autonomia patrimoniale e gestionale delle FOB. L'essere loro riconosciute, proprio in virtù dell'indipendenza dalle logiche e dai vincoli delle amministrazioni pubbliche e delle imprese, insostituibili innovatori sociali, catalizzatori di attori e di risorse con effetti dimostrativi e di traino su progetti di sviluppo del capitale sociale anche di lungo, lunghissimo periodo. Occorrerà esserne consapevoli e agire di conseguenza, radicando nella coscienza civile il valore della partecipazione attiva e diretta che le FOB affermano. La rete tra le FOB servirà, poi, ad ampliare il raggio di azione delle stesse attraverso le comunità tra fondazioni per interventi rispettosi di codici di condotta condivisi (così, ad esempio, la Fondazione per il Sud e, per i progetti di respiro europeo, l'European Foundation Centre). Quale che possa essere l'esito del confronto, gli storici avranno a disposizione molto materiale per cogliere e dare testimonianza del faticoso processo di maturazione e di apertura della nostra società alle cosiddette "organizzazioni delle libertà sociali". La "Direttiva Dini" del 1994, la legge Ciampi del 1998 e il decreto delegato del 1999, gli atti di indirizzo ministeriali del 1999 (Ciampi) e del 2001 (Visco), la "Riforma Tremonti" del 2001 e i regolamenti attuativi del 2002, il parere del Consiglio di Stato del 2002 e le sentenze della Corte Costituzionale del 2003 saranno documenti di rilievo per il loro lavoro. Gli eventi attraverso i quali si è snodato nel nostro Paese il processo di scorporo e quello di aggregazione dell'attività bancaria in soggetti d'impresa sempre più grandi e in grado di competere con i maggiori istituti di credito europei sono stati eclatanti e nel loro insieme apprezzati anche come "rivoluzionari", a ragione del tempo relativamente breve che ne ha scandito l'accadimento. Ci si augura che tale giudizio trovi ampia conferma anche nella prova del fuoco che queste gestioni dovranno affrontare nella corrente crisi globale del comparto finanziario, dimostrando che la privatizzazione e la crescita dimensionale sono state fatte nel rispetto dei principi di sana e prudente gestione. Oso credere, a conclusione, che alle FOB non mancherà un analogo giudizio lusinghiero, presto o tardi, condiviso anche da quanti ne hanno contrastato il ruolo e l'autonomia, di fronte al rilevante contributo dato al terzo settore e al sostegno istituzionale degli istituti di credito partecipati.