Visti da dentro, visti da fuori

Scritto da  Umberto Eco

Tarsia con prospettiva urbana, attribuita a Pier Antonio degli Abbati (fine del secolo XV).Che immagine hanno i ferraresi di Ferrara? E quale gli altri? Umberto Eco, supervisore di una ricerca volta a dipingere il ritratto della nostra città, spiega perchè è giusto porsi questa domanda.

Ogni oggetto, fosse pure una tazzina da caffè o un martello, può essere descritto da diverse prospettive, che risentono anche delle nostre emozioni e dei nostri propositi. A maggior ragione non si può dare una descrizione unica di una città, oggetto complesso che permette a ciascuno di noi di disegnare i propri itinerari, sia nello spazio che nel tempo.

 


Talora una città assume agli occhi di ciascuno un'immagine dovuta a un coacervo di esperienze casuali: talora siamo noi stessi a cercare esperienze specifiche proprio per disegnare quella che intendiamo sia l'immagine della città. Si possono percorrere le vie di Ferrara cercandovi il ricordo degli Estensi, le atmosfere di Bassani o di Antonioni; oppure per rievocare i tempi, personalissimi, della propria giovinezza, o i ricordi di un evento che ha sconvolto la nostra vita; o per cercarvi il supermercato più conveniente. Si può passeggiare per una città non cercando nulla: eppure alla fine si è trovato qualcosa.

Quando una città si pone il problema di come incentivare e sviluppare nuove esperienze culturali collettive, è naturale che ci si domandi a quale immagine della città queste iniziative culturali devono corrispondere. Ma se le immagini sono molte - se sono una per ogni suo abitante, o addirittura molte, nel tempo, per lo stesso abitante - come fare per seguire un filo, trovare una coerenza di base? Se le esperienze sono infinite, tuttavia alcune sono meno private delle altre: si sono, per così dire, sedimentate attraverso attività precedenti, libri, discussioni pubbliche, assunzioni simboliche. Ci sono infinite esperienze di New York, eppure la letteratura, il cinema, il teatro, il giornalismo, gli itinerari turistici hanno creato un'immagine pubblica di New York che, per quanto variegata e sfaccettata, distingue (nell'immaginario collettivo) New York da Parigi.

Si può cercare di mutare l'immagine pubblica di una città: ma per farlo occorre ricostruirne l'immagine tradizionale, o vedere se vi sono immagini alternative, rimaste ai margini, e tuttavia dense di possibilità simboliche. Si sono citate New York e Parigi come città che hanno dedicato i secoli a costruire e ampliare la propria immagine. Ci sono città prive di immagine pubblica (il cui nome, quando lo leggiamo su di un atlante, non ci dice nulla); altre dalla immagine mutevole, che cambia di anno in anno (Los Angeles, Miami, Gibellina); altre ancora gravate dal peso di un'immagine "storica" che lascia in ombra aspetti nuovi e imprevedibili, possibilità future che non sono ancora sancite dalla tradizione (Venezia, Samarcanda).

 

 

Tarsia con prospettiva urbana, attribuita a Pier Antonio degli Abbati (fine del secolo XV).Ecco il problema a cui si è trovata di fronte la Fondazione della Cassa di Risparmio di Ferrara quando si è chiesta, in parole semplici, "che cosa è bene fare nel futuro a Ferrara? A quale immagine di Ferrara dovremo pensare nel decidere se privilegiare un'iniziativa piuttosto che un'altra?" È stato chiesto a un gruppo di ricercatori dell'Istituto di Discipline della Comunicazione dell'Università di Bologna di contribuire, con una ricerca, a disegnare una o più immagini di Ferrara che possano servire a indirizzare una serie di scelte future.
Naturalmente non si è chiesto a queste persone di "inventare" una immagine inedita di Ferrara; al contrario, è stato chiesto loro di prendere coscienza delle immagini esistenti per vedere se siano contraddittorie tra loro, o omogenee, se una serie di profili sano "più forti" di altri. La ricerca pertanto non dovrebbe servire a definire una nuova immagine di Ferrara, ma a stabilire quale o quali immagini Ferrara ha costruito di se stessa.

Si è dunque costituita una équipe di ricerca, coordinata dal professor Roberto Grandi e composta da colleghi e ricercatori dell'Istituto. Il progetto è diviso in due fasi. Nella prima si cercherà di ricostruire la storia e la tipologia delle attività culturali sviluppate nella città di Ferrara in questi ultimi anni; nella seconda si elaboreranno alcune proposte per lo sviluppo futuro di queste attività. Naturalmente, i risultati varranno soltanto come materia di discussione locale.

Non spetta al gruppo di ricerca stabilire quali siano le iniziative da prendere: esso fornirà soltanto degli stimoli a chi dovrà poi prendere queste decisioni. Dunque, anzitutto, si tratterà di analizzare, insieme ai fatti, tutte le ricerche e le discussioni già esistenti a livello cittadino. Si deve "interrogare Ferrara" su se stessa. Ma siccome (lo si è detto all'inizio) le immagini che una città fornisce di se stessa sono molteplici, queste immagini, una volta ricostruite, andranno analizzate come "testi".

 

 

Tarsia con prospettiva urbana, attribuita a Pier Antonio degli Abbati (Fine del secolo XV).Così come si analizza un romanzo non solo per capire che cosa vi avviene, ma che cosa l'autore voleva dire (di se stesso e degli altri), si analizzeranno le "storie" che la città ha elaborato su di sé, attraverso tutti gli strumenti di analisi semiotica e sociologica di cui il gruppo dispone. E anche qui, questa lettura non verrà solo fatta "dal di fuori", ma cercando di coinvolgere gli autori stessi di queste "storie". Si tratta, più che di una ricerca fatta sui ferraresi, di una ricerca fatta coi ferraresi.
Tutto questo avverrà attraverso colloqui in profondità e interviste semi-strutturate, nel corso dei quali si setaccerà la percezione che testimoni significativi della realtà ferrarese hanno dell'attività culturale cittadina. Questa indagine, in cui l'intervista è uno strumento conoscitivo delle opinioni, ma anche un testo da analizzare semioticamente per leggervi ciò che è meno evidente e più nascosto, dovrebbe fornirci una mappa per situare le diverse tipologie di percezione del passato e di proposte per il futuro.

Una tale ricognizione, attuata attraverso colloqui diretti, verrà affiancata da una analisi testuale che avrà come oggetto articoli giornalistici su Ferrara apparsi sulla stampa locale, nazionale e internazionale in questi ultimi anni. Il risultato di questa indagine darà luogo alla elaborazione di una nuova mappa che ci fornirà utili informazioni sull'immagine - o meglio sulle immagini - di Ferrara veicolate dai media a stampa. Non solo le occasioni in cui si parla di Ferrara, ma i modi in cui se ne parla, che dipendono sempre da diverse strategie giornalistiche.

Al termine di questa prima fase di indagine, confronteremo le mappe percettive e valoriali emerse, per individuare sia le ragioni che hanno indotto certe percezioni, sia la pertinenza tra ciò che gli intervistati propongono e gli obiettivi di politica culturale che si vogliono ottenere. A questo punto avremo accumulato dati sufficienti per proporre alcune tipologie di interventi in grado di non solo adeguare l'eventuale gap esistente tra le percezioni dell'immagine di Ferrara in Italia e all'estero, ma anche di elaborare delle ipotesi sulle iniziative da privilegiare nel futuro per rafforzare o correggere i tratti che caratterizzano questa immagine.

Dopo di che il gruppo di ricerca non potrà che ritirarsi in buon ordine.

Umberto Eco
Ordinario di Semiotica presso l'Università degli Studi di Bologna, scrittore.