Le Fondazioni sono state create dalla legge Amato del 30 luglio 1990, che ha determinato la divisione delle vecchie Casse di Risparmio in due enti separati: la società per azioni, incaricata della gestione bancaria della Cassa, secondo le norme che regolano l'attività delle imprese costituite in tale forma, e una Fondazione, eretta in ente morale e avente natura pubblica, detentrice della proprietà azionaria dell'istituto creditizio.
Non è questo il luogo per affrontare l'analisi delle nuove società per azioni. Basti dire che sono soggetti di diritto privato; che la maggioranza societaria è ancora in mano pubblica (ma, con direttiva del Ministero del tesoro possono anche essere privatizzate); che, infine, detengono una quota pari a circa un quarto del mercato italiano del credito.
Le Fondazioni - attualmente 81 - posseggono, come abbiamo detto, la maggioranza del capitale ed hanno notevoli mezzi propri ricavati dall'utilizzazione del patrimonio - ammontante a circa 30.000 miliardi - e dai dividendi delle azioni bancarie di loro proprietà. Si attiva così un flusso di finanziamenti istituzionalmente dedicati a fini benefici, culturali e scientifici.
Emerge quindi un nuovo soggetto sociale capace di intervenire in una serie di settori, non solo come sponsor che sottoscrive un contributo richiesto da questo o da quell'istituto, ma come ente funzionale che opera attraverso i propri programmi e progetti finalizzati, secondo gli obiettivi d'interesse pubblico e di utilità sociale che la legge istitutiva gli attribuisce.
I campi in cui l'operato delle Fondazioni verrà attivato, oltre all'azione di sostegno del volontariato e di assistenza alle categorie più deboli, indifese o esposte al disagio e disadattamento sociale, sono quelli della cultura, della ricerca scientifica, dell'arte, della sanità, della promozione dello sport, dell'istruzione.
Non vi è chi non veda che in tal modo si viene a creare una rete, praticamente diffusa in tutto il territorio nazionale, agile nelle sue strutture, non inibita da eccessivi vincoli normativi e burocratici (al di fuori del controllo di legittimità sui bilanci spettante al Ministero del tesoro) e in grado, quindi, di intervenire con intelligenza ed efficacia proprio in quei campi decisivi per lo sviluppo sociale e ambientale del Paese e per elevarne il livello e la fruizione culturale, laddove finora, per mancanza di mezzi, sordità politica, congerie di norme amministrative spesso inapplicabili, lo Stato ha fatto clamorosamente fallimento.
Tutto questo, peraltro, carica di responsabilità molto qualificate gli organismi dirigenti delle Fondazioni: non basterà, per dirigerne e programmarne le iniziative, l'esperienza gestionale e bancaria. Ricercare un punto di saldatura tra capacità amministrativa e professionalità culturale e sociale, evitare che i mezzi vengano dispersi in mille rivoli per soddisfare qualsiasi velleità localistica, cogliere quali ricchezze e potenzialità debbano, invece, essere individuate, esaltate e promosse costituirà la scommessa e il banco di prova delle neonate Fondazioni.
Mario Pirani
Giornalista e commentatore economico de La Repubblica e L'Espresso