La collezione Bargellesi

Scritto da  Ranieri Varese

Francesco Hayez, Studio di nudo - Uomo seduto con bastone, matita su carta, collezione Bargellesi.La straordinaria raccolta di disegni di un collezionista ferrarese che fu anche eccellente studioso.

È sufficiente consultare una qualsiasi storia del collezionismo per accorgersi che tale attività accompagna l'uomo lungo il corso di tutta la sua storia; ogni epoca ne registra molteplici episodi: dalle prime raccolte conservate presso i templi dell'antica Grecia, alle "camere delle meraviglie", alle gallerie e "stanze" private che custodivano dipinti, sculture, strumenti musicali e scientifici, monete, disegni, oggetti rari e curiosità. Vari sono stati i tentativi di dare una spiegazione a un fenomeno che si caratterizza per la ricerca continua e la privata custodia di cose che sovente hanno un valore solo in virtù dell'interesse di chi le riunisce. Diverse sono le motivazioni che spingono una persona a divenire "collezionista": una, tra le tante, è la tentazione - forse l'illusione - di intervenire sul tempo, di modificarlo, invitando a considerare ancora presenti manufatti che la logica della successione e dello sviluppo vorrebbe non più utilizzabili.


A questo si aggiunge, per chi si occupa di immagini, l'interesse per forme e raffigurazioni che, per la propria qualità e "bellezza", sopravvivono all'autore e a chi le aveva richieste. In tal modo tutto diviene memoria e l'oblio viene sconfitto.

Ferrara è sempre stata attenta alla sua storia, tanto che l'enfatizzazione di questo aspetto ha indotto alcuni a chiamarla «città del silenzio e della memoria», «ville de revenants". Tale a mio parere non è, ma è sicuramente vero che ha saputo, IN passato e ancor oggi, custodire ricca testimonianza di sé; non voglio ora ricordare le raccolte estensi IN qualche modo collegate a un ruolo pubblico, ma ho IN mente le tante private e riservate che traspaiono dai testamenti, dalle cronache, dai resoconti dei viaggiatori.

 


f03_30_popupLa storia del collezionismo a Ferrara è tutta da fare. Non è sufficiente il capitolo che vi dedica il pur benemerito e anticipatore Giorgio Padovani nel suo La critica d'arte e la pittura ferrarese (1954). Manca ancora una esauriente esplorazione degli archivi, la ricognizione delle opere, l'analisi delle situazioni culturali. Ogni intervento che si affianchi ai rari contributi esistenti e valga ad ampliare la conoscenza di quanto accadeva in città va giudicato positivamente, tanto più se si può inserire in un progetto generale di ricerca. Un ultimo episodio, credo emblematico, voglio richiamare. Finita la Seconda guerra mondiale, anche a Ferrara faticosamente si avviava il processo di ricostruzione della città, ci si impegnava a sanare le lacerazioni che la violenza del conflitto aveva aperto. Una delle iniziative che voleva essere sollecitata al superamento delle distruzioni e dei lutti fu organizzata, nel 1949, dal direttore dei musei comunali, Gualtiero Medri.

La Mostra di opere d'arte antica delle raccolte private ferraresi testimoniava l'esistenza di numerose collezioni, ricche di dipinti e di altre testimonianze; fu questo uno dei momenti, non l'unico, attraverso i quali i ferraresi riacquistarono consapevolezza di sé e poterono con maggiore coscienza continuare l'opera di riedificazione della propria comunità. Una collezione non appariva nell'esposizione, quella costituita in un lungo giro di anni da Giacomo Bargellesi (1892-1979) e allora conservata a Milano, sua residenza.

Nato da antica famiglia ferrarese, ufficiale nella Prima guerra mondiale, fu proposto per ricompensa al valore, mentre il fratello Alessandro - morto sul campo - fu insignito della Medaglia d'argento. Laureato al Politecnico di Torino nel 1920, specialista in fonderia, è costretto dalla professione a lunghi soggiorni fuori d'Italia, durante i quali visita, con consapevole attenzione, musei e gallerie appuntando ogni notizia che riguardi le opere legate alla sua città. Presto inizia ad acquistare quadri e disegni.

 


Nicola Grassi, Gesù e la Maddalena, bistro lumeggiato su carta.Una qualità ben precisa lo differenzia dai collezionisti contemporanei: il suo interesse per la cultura estense non è solo quello del raccoglitore, ma anche quello dello studioso; i suoi contributi sono essenziali per chi si occupa dell'"officina ferrarese" e Roberto Longhi sarà costretto a citarlo e a confrontarsi con le sue opinioni. A lui si deve, nel 1928, la brillante ricomposizione dei frammenti, divisi tra Milano e Londra, della tavola del Tura raffigurante San Gerolamo, un tempo alla Certosa. Dopo la mostra del 1933 scrive una lunga serie di saggi, molti raccolti poi nel volume Notizie di opere d'arte ferrarese (1955), i quali non si limitano alla notizia erudita e occasionale, ma si compongono secondo un disegno preciso.

Suo scopo è integrare le Vite del Baruffaldi e ricostruire le vicende della dispersione del patrimonio estense. Per tale ragione segnalerà sempre i passaggi di proprietà delle opere, così da fornire un completo schema del costituirsi e del disperdersi delle raccolte. I dipinti che riunisce sono identificati attraverso la diretta esperienza delle perdite e dei trasferimenti. Il cugino Angelo Bargellesi Severi, che ne condivideva gli interessi ed era compagno intelligente e partecipe nella conoscenza e nell'affetto per la città, riferisce un'ultima confidenza: «Se avessi vent'anni di meno, progetterei un'opera con questo titolo: Quello che c'era a Ferrara quando gli Estensi se ne andarono. Speriamo che un giovane un giorno la realizzi. Lascerebbe estatici, sgomenti, esterrefatti.»

Sono di questi anni gli acquisti di alcuni dipinti di scuola ferrarese, ma un particolare riguardo dedica ai disegni: la loro raccolta diviene ragione dominante della sua attività. Giacomo Bargellesi non ricerca solamente quelli riferibili ad area estense, come ha fatti per i quadri, ma intende invece a documentare tutte le scuole attive soprattutto in Italia fra il XVI e il XVII secolo; non esclude tuttavia epoche diverse e sono presenti, tra le altre, prove bellissime di Hayez. Non mancano i ferraresi: basti ricordare Garofalo, Bononi, Guercino, sino al moderno Previati.

Il lavoro accademico è testimoniato da numerosi esempi: si pensi alla bellissima serie di mani. Numerosi sono gli autori poco noti, scelti non per convenienza di mercato, ma come testimonianza del quotidiano fare artistico. Fa sua l'affermazione vasariana che il disegno è «padre delle tre arti nostre» e che «procedendo dall'intelletto cava di molte cose un giudizio universale simile a una forma overo idea di tutte le cose della natura.» Il disegno è il progetto del pittore e lo strumento che consente di capire il dipinto.

 


Artista veneto del Settecento, Mano destra sollevata in alto, matita su carta. A spiegare la scelta di dedicarsi soprattutto alla raccolta di questi fogli credo utile riportare parte di un suo scritto: «Il disegno che ferma sulla carta in tratti sintetici le linee essenziali della composizione nell'attimo stesso in cui questa prende forma nella mente dell'artista è sempre pieno di suggestione. Quando poi passa a collegarsi a dipinti effettivamente eseguiti e tuttora esistenti, assume significato affascinante per i suoi aspetti rivelatori, capaci di gettar luce in quell'atmosfera sempre velata di mistero che circonda la creazione dell'opera d'arte, sia che fissi la prima idea dell'artista, sia che permetta di scoprire fasi di successiva elaborazione nelle diverse variazioni e modifiche che portano alla redazione definitiva.»

Intorno a questa convinzione critica si raccolgono molto più di un centinaio di disegni. Ognuno di questi è accompagnato da una scheda che ne indica i passaggi, le varie attribuzioni, il tema, i collegamenti con opere note, successive integrazioni danno conto del succedersi degli studi. Sono rappresentati i genovesi e i veneti, i lombardi e gli emiliani, la scuola romana, i siciliani e i toscani; gli esempi sono tutti di alta qualità e costituiscono un insieme che può senza sfigurare stare in qualsiasi museo.

A Ferrara non vi sono collezioni organiche di disegni: la collezione che fu già di Giacomo Bargellesi è l'unica grande raccolta che si allarga a documentare situazioni generali con esemplari significativi e di valore e che nasca all'interno della cultura ferrarese, anche se il suo possessore in altre sedi l'ha formata e custodita.
Non si può non formulare l'auspicio che l'intero gruppo venga attentamente studiato, verificando le attribuzioni e le indicazioni esistenti, e sia infine reso pubblico, almeno in via provvisoria, tramite un catalogo e una esposizione.

[Un sentito ringraziamento ad Alessandro e Francesca Bargellesi Severi per la cortese disponibilità e la collaborazione.]