Finalmente, nel 1527 il duca Alfonso I incaricò il grande poeta Ludovico Ariosto di sovrintendere alla costruzione e di dirigere quello che sarà - per la storia - il primo teatro stabile d'Europa: il teatro di sala Grande di Corte.
Questa struttura lignea stabile era dotata di gradoni per il pubblico e di un palcoscenico sul quale era stata costruita una cittadella di legno dipinto, tridimensionale e praticabile al primo e secondo piano.
Tale magnifica e ammiratissima struttura, che si trovava nella sala della Corte vecchia (l'attuale palazzo municipale) al primo piano dirimpetto alla Cattedrale, ospitò per quattro anni l'attività teatrale della corte, sempre sotto la direzione registica di Ludovico Ariosto.
Purtroppo, il 31 dicembre 1531 il teatro s'incendiò, causando l'arresto dell'attività teatrale di corte e un tale dolore al grande poeta del Furioso che, di lì a pochi mesi, morì. Dopo le commedie ariostesche, il duca Ercole II promosse l'esecuzione delle tragedie di Giovanni Battista Giraldi in teatri di costruzione occasionale - spesso nella casa dello stesso autore - oppure sulla scena della "loggia" di palazzo Schifanoia.
Ma il genere teatrale più tipicamente ferrarese fu la favola (o il dramma) pastorale. Il ferrarese Agostino Beccari (1554) ne fu - se così si può dire - il primo inventore, seguito poi da molti altri, tra i quali il Tasso con L'Aminta e Battista Guarini con il Pastor Fido.
Questo fervore d'inventiva teatrale tutta ferrarese ebbe anche significative ripercussioni nel settore della progettazione e della realizzazione delle strutture sceniche e dei luoghi teatrali.
Riguardo alle prime - al di là delle supposizioni più o meno legittime proposte dal noto studioso Ludovico Zorzi ne Il teatro e la città in relazione agli affreschi di Schifanoia - ci sembrano importantissimi i due modelli di scena ferraresi già appartenenti alla collezione Sacrati-Strozzi e recentemente restituiti a Ferrara e ai suoi cittadini grazie alla munificenza della Cassa di Risparmio.
In esse, l'ignoto progettista - quasi sicuramente un ottimo pittore, come era nelle consuetudini estensi - ci restituisce l'idea di scena comica cinquecentesca come immagine della città borghese, nella quale si ambienta la trama della commedia.
Il primo teatro del quale ci sia rimasto un progetto dettagliato, costruito a Ferrara dagli Estensi, è quello di Alfonso II.
Di questo, e del suo stabile allestimento, abbiamo notizie risalenti al 1565, in occasione delle feste per le nozze del duca di Ferrara con Barbara d'Austria. La sala era situata nel cortile di corte (oggi piazzetta Municipale) col retro del palcoscenico verso il porticato e la lunghezza del teatro parallela all'attuale via Garibaldi. Come possiamo vedere in una delle illustrazioni - che ce ne tramanda la pianta in una dimensione ridotta, delimitata dai gradoni per gli spettatori con sviluppo ottagonale aperto, due palchi laterali per le dame e le panche di platea - il teatro di Alfonso II era dotato di un palcoscenico con tre ordini di quinte laterali, oltre al fondale. Le dimensioni erano notevoli, pur rimanendo un teatro di corte: nella versione che compare nella pianta, l'estensione è di 26 metri di lunghezza e di 16,5 di larghezza, ma la cavea ottagonale per il pubblico poteva spostarsi fino al fondo del salone, con un possibile sviluppo superiore ai 55 metri di lunghezza.
Sappiamo per certo che in epoca successiva - ma sicuramente prima del 1594 - il salone venne enormemente allungato per consentire l'esecuzione di tornei a cavallo.
Una schematica pianta manoscritta di Ferrara di Giovanni Battista Aleotti (risalente circa al 1605) ci tramanda la dimensione di questa sala teatrale quando il suo sviluppo sorpassava l'intersezione di via della Luna (olim via della Pecora) con via Garibaldi. Purtroppo, questa grandiosa macchina teatrale, più volte rielaborata e ristrutturata dall'Aleotti e da Francesco Guitti, andò distrutta in un incendio nel 1660, prima che trascorresse un secolo dalla "posa della prima pietra". Ma Ferrara non poteva rimanere senza un teatro. Infatti, un gruppo di nobili appassionati, con in testa il marchese Cornelio Bentivoglio (figlio di Enzo, il più grande impresario di spettacolo del Seicento), prese in affitto dal duca di Modena la ex cappella ducale di corte (la attuale sala-teatro Estense, in piazzetta Municipale) e in meno di dieci giorni vi fecero costruire un elegante edificio teatrale, battezzato Teatro di Cortile.
Ma il luogo era troppo piccolo per le esigenze della città e, nel giro di due anni, un'altra famiglia nobile ferrarese appassionatissima di spettacolo, i conti Bonacossi, acquistarono alcune case nella zona dell'abside della chiesa di Santo Stefano e vi fecero edificare un teatro d'opera in piena regola, che venne inaugurato nel 1662. Tale edificio divenne famoso come Bonacossi da Santo Stefano e, nel corso dei secoli, ospitò importanti melodrammi e celebri cantanti. Le più belle opere di Legrenzi, Cesti, Bassani e - nel Settecento - di Vivaldi e Albinoni trionfarono su queste scene fino a quando fu aperto, nel 1798, il Teatro Comunale.
Teatro tipicamente seicentesco a platea molto allungata e con uno sviluppo di diciannove palchi per ogni ordine, il Bonacossi venne completamente rifatto alla metà del secolo scorso dall'architetto Tosi.
Ritrasformato negli anni Venti, questo teatro venne dedicato alla celebre attrice Adelaide Ristori. Dopo ulteriori manomissioni subite nel secondo dopoguerra, con la metamorfosi in sala cinematografica, quello che fu il più antico luogo di spettacolo della città minaccia di essere trasformato in autorimessa.
Sarebbe una fine ingloriosa per un luogo così carico di storia (vi suonò più volte lo stesso Vivaldi), indegna della grande tradizione culturale cittadina. Ma il teatro che più degnamente rappresenta il gusto e la cultura della civiltà ferrarese dello spettacolo è senza dubbio la struttura fatta erigere dagli Accademici Intrepidi all'inizio del Seicento in quello spazio antistante l'ex Teatro Verdi, in via Carlo Mayr, oggi denominato piazza Verdi.
Qui esisteva a quei tempi un granaio di proprietà ducale che gli Accademici ferraresi chiesero e ottennero in affitto dal duca di Modena, don Cesare d'Este. Fu il marchese Enzo Bentivoglio, principe dell'Accademia, a commissionare nel 1604 al già celebre architetto ferrarese Aleotti il progetto del teatro, la cui pianta autografa ci è pervenuta con tutte e misure.
Si tratta di un edificio teatrale di straordinaria bellezza, di equilibratissime proporzioni e di rara modernità, in quanto anticipa di una dozzina d'anni il primo moderno teatro d'opera, il Farnese che lo stesso Aleotti edificherà a Parma tra il 1617 e il 1618. È, quello parmigiano, l'unico teatro storico progettato da un ferrarese sopravvissuto al grande naufragio. Il progetto dell'Aleotti rivela da un lato l'assimilazione delle grandi acquisizioni cinquecentesche (in particolar modo delle lezioni del Palladio e dello Scamozzi) e, dall'altro, un fine adeguamento alle esigenze spettacolari dei nuovi generi musicali e scenici come le "pastorali con intermedi", il "Torneo abbattimento" con musiche e l'"Opera IN musica", da poco affermatasi sulle scene fiorentine.
Acquistata nel 1640 dal marchese Roberto degli Obizzi e fatta trasformate in teatro d'opera a cinque ordini di palchettoni, la bellissima struttura teatrale fu completamente distrutta in un incendio, forse di origine dolosa, nel 1679.
Con una storia così gloriosa alle spalle, la cultura teatrale ferrarese e le straordinarie strutture architettoniche che ha prodotto - e che, nel Seicento, da Ferrara si diffusero da Roma (Guitti) a Venezia (Chenda), da Innsbruck a Vienna (Pasetti) - merita di essere più attentamente studiata e salvaguardata in quelle frammentarie testimonianze che ancora sopravvivono.