Ma il reddito prodotto dalle colture quali la canapa e, soprattutto, le bietole seguì il cammino inverso, per tornare agli investitori di fuorivia, mentre le masse bracciantili rimasero. Misere ed errabonde, alla ricerca di lavoro stagionale. Ferrara si ritrovò al centro di una produzione agricola imponente con problemi nuovi, sommati a quelli vecchi.
Il latifondo, nato dalle bonifiche, non ha corrisposto alle aspettative. Pensato come volano di progresso, ha ritardato, allora, l'industrializzazione e fatto da schermo alla diffusione di spirito imprenditoriale.
Una controprova è fornita da Cento, uno dei distretti industriali più dinamici del ferrarese e dell'intera Emilia. Difficile non vedere nel rigoglio delle iniziative imprenditoriali di questa zona il frutto maturo di attitudini e capacità lungamente affinate dalla piccola proprietà agricola.
Innestata storicamente sul tronco di quei "diritti di partecipanza" che furono la scuola elementare d'imprenditorialità alle famiglie contadine ammesse a esercitare in proprio attività economiche nelle proprietà del signore feudale. Lo spirito d'impresa nasce, col tempo, dalla libertà d'iniziativa, come il pollo dall'uovo.
Se da un ben può venire un male - è il caso delle bonifiche - è anche vero che il contrario è possibile. Oggi vediamo riunite nella provìncia di Ferrara tutte le condizioni necessarie per una nuova metamorfosi, con la quale mali antichi si mutino in occasioni promettenti di sviluppo.
La disoccupazione, per esempio. Questa vecchia maledizione del ferrarese, riacutizzata dalla recessione del 1993 - che l'ha ricondotta a una media del 13%, - si sta rovesciando nel suo contrario. Nel senso che consente di mettere a disposizione di nuove iniziative un serbatoio di manodopera a cui attingere. Estensibile al riassorbimento dei quindicimila pendolari - in gran parte operai specializzati - costretti oggi giorno a spostarsi per lavorare nelle province limitrofe.
Chiaro che l'alto tasso di disoccupazione non potrebbe, in nessun modo, essere visto in funzione dello sviluppo economico se Ferrara fosse ancora la Bella Addormentata che è lungamente stata. Era una enclave rinascimentale, ricca di fascino e povera di prospettive, incuneata tra le aree ad alto sviluppo del Nord-Est e della via Emilia. Una posizione appartata che diventa strategica, dal momento che questa provincia ha ormai tutto quello che occorre per richiamare nuove iniziative per entrare di slancio nella competizione. Ferrara non sollecita soccorsi, ma presenta offerte interessanti. Gli investitori possono contare sugli incentivi per insediamenti industriali, rappresentati dall'offerta di aree attrezzate a prezzi competitivi, dall'esistenza di valide strutture per la formazione della manodopera e anche per la ricerca scientifica (il "Parco tecnologico").
Nonché sulla disponibilità di tecnici sperimentati, espressi dalla tradizionale ossatura industriale meccanica e tessile. Ci sono elementi di debolezza nella struttura economica suscettibili di tradursi in punti di forza per chi sappia trarne profitto.
Il settore agroalimentare è attualmente trascurato, lo sviluppo del turismo supera la capacità ricettiva, le possibilità di indotto derivanti dalle grandi industrie petrolchimiche e meccaniche sono ben lungi dall'essere esaurite.
Ma, soprattutto, il miglior biglietto da visita di Ferrara è Ferrara stessa. Una città dove si vive bene. Dove la criminalità è al minimo e molte sono le raffinate manifestazioni culturali che ne fanno una capitale europea dell'arte e della musica. Dove il calo demografico e la crescita delle condizioni economiche e delle aspettative favoriscono la diffusione dell'istruzione tra i giovani, all'ombra di un'antica, prestigiosa università. Dove, infine, istituzioni locali e sindacati hanno il buon senso di collaborare per spianare le difficoltà sulla via delle nuove iniziative.
La "città del silenzio" è pronta per il suo momento magico. Ne ha conosciuti altri, nel corso della sua storia gloriosa. Al tempo delle grandi bonifiche, il poeta Gabriele d'Annunzio passeggiava per le sue vie piane «grandi come fiumane», sotto l'impressione di un sogno «sepolto sotto le pietre nude». Come il presentimento di un risveglio dal torpore dei secoli. In questa Città-Stato bene amministrata, i signori estensi si facevano un punto d'onore di corrispondere regolarmente il soldo ai soldati e lo stipendio ai professori dell'Università.
Il duca Alfonso I, insuperato nella fonderia di cannoni, chiamò da tutta Europa maestri di ogni genere d'industria, quando Ferrara era già un centro tra i più significativi del Rinascimento europeo. Il buon governo, finché durò, fece considerare gli Estensi degni della signoria che esercitavano. Come annota il Burckardt: «All'ammirazione personale si sostituì un moderno sentimento del dovere» nel rapporto tra i cittadini e lo Stato. Qualcosa di quella tradizione di virtù civili e di apertura al progresso ha attraversato i secoli senza disperdersi. Un grande passato reca sempre con sé una promessa per il futuro. A Ferrara mai come ora sul punto di realizzarsi.