Lo dichiarava nel 1969, quando stava realizzando nella nostra città il film Thomas... e gli indemoniati, dove racconta una storia tra realtà e fantasia, tra presente e passato che vuole esprimere la presenza del demoniaco nella vita quotidiana: protagonista un gruppo di attori di provincia che, terrorizzato dalla ormai prossima "prima" di uno spettacolo, decide di interrogare il futuro sul proprio destino organizzando una seduta spiritica.
Sapore di mistero, di leggenda e di favola nel successivo La mazurka del Barone, della santa e del fico fiorone (1974) girato per la maggior parte nella zona di Cento e imperniato su un fico "miracoloso", oggetto di venerazione perché su quel fico Santa Gerolama, dopo la violenza subita dai barbari nel 726, aveva dato alla luce un bambino. Comacchio e dintorni costituiscono l'ambiente del suo quinto film, La casa dalle finestre che ridono (1976), con protagonista il restauratore di un affresco (Lino Capolicchio) coinvolto in una storia immaginifica e spaventevole.
Nelle valli di Volano è ambientato poi Le strelle nel fosso (1978) - dove le strelle del titolo sono la versione italianizzata del dialettale al strel - una storia ambientata nell'Ottocento con protagonista la morte, un personaggio che ha molto a che fare, per Avati, con la vita e la cultura contadina.
Anche Aiutami a sognare (1981) è stato girato nel ferrarese. Racconta la storia di una donna che s'innamora, senza conoscerlo, del pilota di "Pippo", un ricognitore americano che nel 1943 sorvolava ogni sera la campagna emiliana.
L'inconfondibile paesaggio del territorio ferrarese è presente anche in altre opere, come il televisivo Dancing Paradise (1982) incentrato sulla mitica figura di un musicista che si esibisce nelle balere di paese, o Festa di laurea (1985), uno sguardo sui favolosi anni Cinquanta. Pupi Avati ancora oggi afferma che, secondo lui, il territorio ferrarese è una zona rimasta magicamente connessa al passato, mentre il resto dell'Emilia si è in qualche modo spinto molto in fretta verso il futuro e l'antico, il remoto, l'arcano sono stati cancellati. E aggiunge: «Qui, i miei film che avevano molto a che fare con l'improbabile, con il sogno, con la favola o, meglio, con la "fole" esoterica, sono legittimati.
A girare film in questo territorio mi ha spinto anche il fatto che ci sono certi spazi che nelle altre parti dell'Emilia e della Romagna sono ormai difficili da trovare».
Con Gianfranco Mingozzi entriamo nell'universo dei ricordi d'infanzia. Pur essendo nativo di San Pietro Capofiume - una zona che può essere considerata spartiacque tra Bologna e Ferrara, sulle rive del Reno - Mingozzi ha vissuto l'infanzia soprattutto nella città estense. E in questa città ha ambientato il suo primo documentario, Via dei piopponi (1962), vi ha girato il cortometraggio Michelangelo Antonioni: storia di un autore (1966) e il lungometraggio La vela incantata (1982). «Via dei piopponi,» ricorda il regista, «è un documentario rievocativo, poetico - ispirato da versi di poeti ferraresi - che si snoda dal Castello Estense fino ai Bastioni, percorrendo tutto il corso Ercole I d'Este con i suoi straordinari palazzi.
È un documentario di atmosfere, di aria, di colori, di poche presenze umane. L'ho impostato come una passeggiata sognata: un ritorno alla mia infanzia per scoprirne ricordi e sensazioni.» Il cortometraggio su Antonioni è un ritratto del grande regista ferrarese attraverso la testimonianza dei suoi amici e la rivisitazione dei luoghi in cui egli ha vissuto la sua giovinezza. «La vela incantata,» afferma Mingozzi, «è invece la mia dichiarazione d'amore al cinema e alla mia terra. È un discorso legato al cinema attraverso la storia di due fratelli che negli anni del passaggio dal cinema muto a quello sonoro portavano la settima arte nei piccoli borghi della Bassa Padana.
È un film in parte autobiografico, che riguarda vicende mie e della mia famiglia, perché io sono nato praticamente in un cinema: la mia camera da letto era confinante con il muro della galleria del cinema gestito da mio padre, a partire dal 1927.
I miei ricordi d'infanzia sono legati ai suoni, alle musiche, alle voci dei grandi film americani degli anni Trenta. Ma anche a episodi divertenti, perché man mano che mio padre ingrandiva il locale, il mio letto subiva degli spostamenti.» Al personaggio principale di La vela incantata si riferisce un nuovo film che Mingozzi vorrebbe girare a Ferrara: una storia che sta scrivendo da qualche anno e che riguarda l'interesse per il cinema dagli anni Settanta ai nostri giorni. Ed è un film nel quale, ancora una volta, Mingozzi dichiara amore per la sua terra.
Giuliano Montaldo, invece, riporta alla memoria avvenimenti storici della nostra città. Con L'Agnese va a morire (1976), tratto dall'omonimo romanzo di Renata Viganò, fa rivivere la storia di un'eroica partigiana analfabeta (Ingrid Thulin) che operava in alcune zone dell'argentano e delle valli di Comacchio, offrendoci un film che sa cogliere con intensità le suggestioni del paesaggio. Ne Gli occhiali d'oro (1987), tratto anch'esso da un romanzo - quello di Giorgio Bassani -, narra la storia di due "diversi": l'omosessuale Athos Fadigati e l'ebreo Davide Lattes - interpretati rispettivamente da Philippe Noiret e Rupert Everett - sullo fondo della Ferrara del 1938, alla vigilia delle discriminazioni razziali. E nel mediometraggio Ferrara, città spettacolo (1988) ripercorre i film più significativi realizzati nel territorio ferrarese per evidenziare come Ferrara sia stata - e in effetti continui a essere - un grande set cinematografico.
«Ogni volta che torno a Ferrara,» dichiara Giuliano Montaldo, «capisco sempre di più perché abbia attratto la gente del cinema. Comunque ti muovi, trovi dei "tagli" che appartengono alla storia. Le contaminazioni non sono molte e t'imbatti ancora in corso Ercole I d'Este o in altre strade che hanno mantenuto il sapore dell'epoca e ti danno forti emozioni. Non ti stupiresti se vedessi uscire da un palazzo delle persone in costume o di vedere una carrozza d'epoca, invece di un'automobile, con delle persone in costume che si stanno recando a un ricevimento. Qui c'è qualcosa di straordinario, di magico: il clima, i colori, le atmosfere che la rendono una città per il cinema.»