2. La grande importanza che hanno avuto i tre giorni di lavoro comune dei partecipanti provenienti da tutta Europa è stata quella di consentirci di misurare le nostre deficienze in questo campo, mettendoci di fronte a una realtà che a Ferrara si viveva (e si vive) come un dato genetico, ma sul quale non è stata costruita una organica cultura urbana e urbanistica. Il fondamentale anarchismo dei ferraresi ha sempre considerato piste ciclabili tutte le strade e la distinzione delle sedi dei vari mezzi, le regole codificate del traffico, la segnaletica avevano (e hanno) poco o addirittura nessun senso.
Quando però il paesaggio urbano si è trasformato, con il prevalere senza regole dell'automobile, in un ambiente invivibile, allora il ripensamento sulla efficienza e sulle potenzialità ambientali ed ecologiche della bicicletta si è rivelato straordinariamente importante e il pensiero sulle piste ciclabili e il riordino - mediante distinzioni e priorità precise e codificate del traffico urbano ed extraurbano - è diventato sostanza dei programmi urbanistici della città. L'epopea della bicicletta se è, in genere, marcatamente italiana, ha tuttavia la sua culla privilegiata nella valle padana e il suo cuore nell'area ferrarese dove le condizioni ambientali, la conformazione urbana e la fantasia degli abitanti hanno fatto trionfare questo strumento di vita e di movimento che è diventato per i ferraresi una sorta di habitus mentale.
Ferrara si è accorta però solo in ritardo e prevalentemente per merito di frange di opinione pubblica giudicate radicali o massimaliste (i verdi, Legambiente eccetera) di quale potenziale mezzo di innovazione per la vita urbana fosse lo strumento che il cittadino usava quotidianamente per muoversi. Cosicché, invece di far valere la sua primogenitura indiscussa nella semplificazione del traffico - in particolare nei centri storici, con l'alta fruibilità di essi che la bicicletta consentiva - si è trovata a rimorchio di chi aveva colto da tempo la carica innovativa che era propria di questo mezzo che possiamo, almeno noi, definire antico. E, di volta in volta, Ferrara è stata paragonata ad Amsterdam, ad Amburgo, a Basilea, a Eindhoven: solo che, mentre noi di quelle città, a proposito di biciclette, sapevamo tutto, ad Amsterdam, ad Amburgo e a Eindhoven non sapevano quasi niente di Ferrara.
E' evidentemente nel nostro destino arrivare sempre dopo, anche quando abbiamo tutte le chance per essere i primi. È merito dunque di quelle frange di ambientalisti, "biciclisti" a tutto tondo cui prima si faceva cenno, se sulla biga ferrarese si è finalmente concentrata l'attenzione dell'Europa e Ferrara è finalmente entrata a pieno titolo tra le Cities for Cyclists.
3. Mi è capitato di scrivere che se confrontiamo la pianta delle piste ciclabili di Ferrara con quelle di altre città che lavorano da tempo sul problema e che hanno presentato i loro risultati al meeting di settembre, c'è da arrossire tanto è anarchico - alla ferrarese, appunto - il disegno che compare, paragonato alla funzionalità che si sono imposte la città di Helsinki o alcune importanti città tedesche.
Perché il problema è proprio questo: bisogna entrare nell'ottica della "rete", cioè del disegno di percorsi che coprano uniformemente tutto l'ambito urbano evitando di procedere per episodi che finiscono per rimanere scollegati e interrotti, per risolvere urgenze che non hanno poi continuità e che non conferiscono fluidità ai percorsi. Il cittadino che decide di usare la bicicletta deve essere motivato sia dalla sicurezza della sede di percorrenza, sia dalla certezza di poter raggiungere la destinazione senza correre avventure: altrimenti ogni strada diventa pista ciclabile e si rinnovano la confusione, il disordine, il pericolo.
4. II problema, dunque, che è davanti all'amministrazione è decidere di pensare finalmente la città non "a misura di automobile", ma assicurando un netto e prevalente privilegio alla bicicletta e alla diffusione dei percorsi a essa riservati. I programmi sono vasti e complessi e l'Assessorato ai Lavori Pubblici e quello all'Ambiente hanno messo a punto un piano di viabilità ciclabile che -quando sarà realizzato completando il disegno oggi appena abbozzato - darà a Ferrara una qualificazione importante e certamente un privilegio rispetto ad altri centri storici e ad altri ambienti naturali.
Perché la priorità delle bicicletta non è solo rilevabile e indiscussa come mezzo alternativo per muoversi in città (alternativo al muoversi a piedi!) ma è mezzo straordinariamente duttile per "vivere" l'ambiente naturale che è proprio dei nostri luoghi. Per esempio, i lavori che si avvieranno rapidamente per la costruzione della pista ciclabile del Parco Urbano - recentemente progettata proprio nell'ottica di collegare dal punto di vista ambientale la città al suo fiume, percorrendo l'Addizione Verde e assecondando una antica aspirazione - entra in questa visione dei problemi, così come il programma Emilia Romagna in bicicletta, messo a punto dalla Regione e dal Touring Club Italiano, che riserva a Ferrara grandi chance.
Mentre il progetto per il riordino del traffico sulla via Bologna, per i collegamenti ciclabili in rete che aprirebbe, si connota nell'ottica più propriamente urbana e, dato lo stato di elaborazione, meriterebbe un avvio prioritario. È stato dunque un avvenimento molto importante - un "grande evento" direi - il meeting sulla bicicletta in città ospitato da Ferrara. Tutto lascia sperare che abbia lasciato un segno e avviata una stagione proficua di lavoro con l'obiettivo di fare di Ferrara una città dalla prevalente e determinante sensibilità ambientale.
5. Uno dei "biciclisti" a tutto tondo di cui si parla nel testo, uno dei motori di questo meeting - al secolo Gianni Stefanati - ha indagato sull'origine della locuzione dialettale biga per significare bicicletta. Ecco il risultato della sua ricerca. Si dice biga in tutto il ferrarese fin sul confine mantovano, modenese, bolognese, veneto e romagnolo della provincia. In questa stessa zona se invece si dice biciclèta si può intendere una bevanda da consumare in due, formata da una parte di Campari e una di vino bianco, oppure la moneta da venti centesimi del Regno d'Italia. Oltre a biga e bigona, la bicicletta può essere chiamata anche in altri modi: kuaramina e kurèma nel gergo dei ladri e dei muratori (a Bologna si dice korra) che si può ricondurre a kura e corenta, voce già nota nel Settecento per indicare la strada; o anche volantina, che starebbe per bicicletta incustodita. Anche tandem indica una bevanda: per esempio, si dice «vado al bar con la bigona a prendere un tandem».