Settecento ferrarese

Scritto da  Ranieri Varese

Antonio Foschini, Sezioni della nuova sede per la Biblioteca Ariostea (progetto non realizzato), disegni acquarellati, Ferrara, Biblioteca Ariostea.Storia culturale a Ferrara non significa solo Rinascimento e Novecento.

Da sempre Ferrara subisce giudizi e valutazioni che la incatenano a momenti affascinanti della sua storia i quali tuttavia, proprio per la loro ricchezza e qualità, negano una parte consistente della vita della città e, in conclusione, ne falsano le vicende e, complessivamente, la immiseriscono.
Sarebbe sciocco ed antistorico negare o volere ridurre il significato di un'epoca, compresa fra XV e XVI secolo, che vede insieme: grandi poeti, basti citare Boiardo, Ariosto e Tasso; grandi pittori, da Tura, a Cossa, a Ercole sino a Dosso, Garofalo e Bastianino; umanisti e letterati, da Ludovico Carbone, a Pellegrino Prisciani, a Guarino Veronese; medici e scienziati come il Brasavola; architetti come Biagio Rossetti; religiosi di alta spiritualità, come Santa Caterina Vegri o il Beato Giovanni da Tossignano.

 

Sempre Antonio Foschini, Sezioni della nuova sede per la Biblioteca Ariostea.Ognuno di noi potrebbe aggiungere molti altri nomi ed esempi, basti ricordare che tutto questo è possibile perché una Corte illuminata è capace di identificare il proprio progetto politico, la forma e la guida dello stato con i momenti più alti della cultura contemporanea. Qualche merito andrà allora anche ai Signori estensi, da Lionello a Borso, da Ercole ad Alfonso, che hanno avuto l'intelligenza di inventare uno Stato il quale viene citato e indicato come modello non per virtù belliche o ampliamenti territoriali ma per avere fatto rinascere, come scrivono gli umanisti, l'età dell'oro in Ferrara. Le passioni politiche che troppo spesso fanno velo alla capacità di giudizio si sono impadronite, nel XIX secolo, di questo tempo e lo hanno isolato ed utilizzato per negare sia la storia precedente che quella successiva.

La immagine della lupa vaticana, di carducciana memoria, che abbatte la bianca aquila estense è stata veicolo di un giudizio riduttivo e negativo che ha enfatizzato il periodo estense per contrapporlo al diretto dominio pontificio e per indicare nella unità italiana l'occasione per ritornare allo splendore estense in opposizione e contrasto con quanto, per quasi tre secoli, avevano fatto in città e per la città i Cardinali Legati.


Palazzo della ex Borsa di Commercio.Una storiografia nella più gran parte modesta, ripetitiva e priva di coraggio, sia personale che scientifico, ha collaborate a consolidare questo topos storico critico sino ad identificare nel gerarca fascista Italo Balbo un novello Astolfo e nel fascismo la rinascita estense. Va ricordato invece che, dopo l'età del Rinascimento, Ferrara vive una seconda felice stagione di rinnovamento durante tutto il XVIII secolo. Un periodo che può essere compreso fra il 1709, anno in cui le truppe imperiali cessano di molestare la città e riconsegnano il territorio al Cardinale Legato, ed il 1799 quando si assiste all'effimero ritorno, dopo la cacciata delle truppe francesi, della legalità pontificia.

Basti qui, in maniera schematica, ricordare uno sviluppo economico ed una tranquillità politica che consentono la riorganizzazione idraulica del ferrarese e un collegato incremento della agricoltura, le quali si avvalgono della sperimentazione e della verifica di quanto la scienza contemporanea andava allora prospettando.
L'accrescimento dei commerci contribuisce a sprovincializzare e ad irrobustire la borghesia cittadina la quale sostiene una forte operosità artigiana. La presenza dei Cardinali Legati e dei funzionari che vengono da Roma oltre a proporre modelli non angusti apre, con le magistrature locali, un fecondo dibattito sul governo della città.


Anton von Maron, Ritratto del Cardinale Riminaldi, Ferrara, Musei Civici di Arte Antica (Palazzo Schifanoia).Lo confermano il rinnovamento edilizio che ha il suo momento emblematico nella ricostruzione della Cattedrale; la riorganizzazione urbanistica di Ferrara testimoniata dalla monumentale pianta del Bolzoni e dal nuovo Catasto; la Riforma dello Studio; il nuovo piano delle Finanze, il sistema dei Monti, la Congregazione dei Lavorieri e l'organizzazione degli appalti; la attività delle Accademie ove si dibatte di filosofia e di letteratura, di classicità e di scienza e si partecipa al dibattito Orsi-Bohours; il sistema sanitario; la elevazione a sede arcivescovile della Diocesi ferrarese e la intensità di una vita religiosa che si articola nel momento della meditazione e della preghiera e in quello dell'apostolato e delle attività di misericordia.

 

 

A questo si deve aggiungere una presenza delle arti che, in maniera omogenea, testimonia di una cultura non provinciale nella pittura, nella scultura, nella decorazione, nelle attività teatrali e musicali; un forte collezionismo ed una viva curiosità per quanto avveniva nel resto dell'Europa. È una stagione che va recuperata in maniera complessiva più di quanto non sia stato sino ad ora fatto anche se va ricordato che, per fortuna, non ci muoviamo nel vuoto e varii studiosi, ferraresi e no, hanno iniziato a rivolgere la loro attenzione a questo periodo.

 


Andrea Bolzoni, Spaccato di Palazzo Cervelli, incisione, 1736. Basti ricordare i convegni dedicati dalla Accademia delle Scienze nel 1978 e nel 1979 a Giuseppe Antenore Scalabrini e l'erudizione ferrarese nel '700 e a La Cattedrale di Ferrara; dalla Università, nel 1981, a Gianfrancesco Malfatti nella cultura del suo tempo e gli studi apparsi, a partire dal 1991, per la celebrazione del VI centenario dello Studio ferrarese; le ricerche promosse sia dalla Biblioteca Ariostea che dai Musei Civici di Arte Antica; la mostra sulla pittura del Settecento organizzata nel 1971 dalla Pinacoteca Nazionale; i testi editi a cura della Deputazione Ferrarese di Storia Patria, basti qui citare l'ultimo, 1996, di Elena Bonatti che ricostruisce la biblioteca del canonico Vincenzo Bellini e la mirabile edizione, a cura di Maria Angela Novelli, nel 1991, della Descrizione delle pitture e sculture della città di Ferrara di Carlo Brisighella (1710); i volumi promossi dalla Cassa di Risparmio a partire da Il settecento ferrarese di Eugenio Riccomini (1970) a gli Indici ragionati delle Vite del Baruffaldi a cura di Amalia Mezzetti e Emanuele Mattaliano, 1980-1983.

Si aggiungano i molti studi sulla storia economica e civile, l'agricoltura, la letteratura, le arti, le scienze, la architettura e l'urbanistica, la agiografia e la vita religiosa di Werter Angelini, Franco Cazzola, Alberto Caracciolo, M. Zucchini, Luigi Pepe, Donatella Capodarca, Alessandra Chiappini, Elena Bonatti, Loredana Olivato, Daniele Seragnoli, Gianni Venturi, Walter Moretti, Paolo Fabbri, Alessandro Roveri, Marco Cecchelli, Giuseppe Cenacchi, Antonio Samaritani, Enrico Peverada, Italo Marzola e molti altri ancora.

Manca però una cornice che recuperi nella sua articolata complessità la civiltà ferrarese del Settecento, che riequilibri un insieme di conoscenze fortemente squilibrato, che ha privilegiato la pittura ed alcuni momenti del quadro civile trascurando quasi del tutto la vita religiosa, il dibattito filosofico, il teatro e la musica, la letteratura, la vita scientifica, la urbanistica, la storia dell'agricoltura, le accademie, il collezionismo e così via.

 


Disegno settecentesco del frazionamento in Vigarano Mainarda.Bisogna ricordare che la presenza dei Cardinali Legati e, troppo spesso trascurata, dei Vescovi è una occasione di sprovincializzazione; il diretto rapporto con Roma, all'interno di uno Stato moderno e con un grado di efficienza e di impegno nei confronti degli abitanti che sarebbe errato tentare di minimizzare, inserisce Ferrara in un quadro europeo del quale sono sicura testimonianza, oltre alle cose già dette, la partecipazione al dibattito europeo sulla retorica e la tradizione classica, sulla felicità, sul lusso.  Jacopo Agnelli descrive la collezione del Cardinale Tommaso Ruffo ed i dipinti, visitabili nella sede legatizia, sono, per gli artisti ferraresi, occasione di nuove esperienze e di dibattito; a questo si affianca il grande tema del gotico che pone Ferrara, le sue magistrature e le sue accademie, come protagonista di una discussione che percorre tutta l'Europa.

Non si tratta, sarebbe velleità futile, di definire ogni situazione ma invece di costruire un quadro di conoscenze che sia da una parte di avanzamento e riorganizzazione degli studi e dall'altro tale da indicare linee lungo le quali possa proficuamente svolgersi la ricerca futura.
Per ottenere questo bisogna da una parte utilizzare le competenze presenti in città, dalla Università con le sue tre Facoltà di Architettura, di Giurisprudenza e di Lettere alle Associazioni che già tanto bene hanno operato nel recupero della storia locale; dall'altra bisogna fare riferimento allo stato degli studi allargando le ricerche a settori del tutto trascurati come, faccio alcuni esempi quasi casuali, il costume, l'arredamento, l'organizzazione urbana delle strutture pubbliche, il modo di trasmissione delle immagini, lo stato dell'agricoltura e così via.

 


Il Palazzo Arcivescovile di FerraraAl fine di aprire un dibattito, senza alcuna pretesa di essere esaustivo, indico, con tutti i limiti che può dare un cenno schematico, alcuni filoni. Politica: I Cardinali Legati; Magistrature Cittadine; Gestione del Territorio; Economia e Fiscalità; il rapporto Roma/Ferrara. Scienze: Matematica, Algebra e Geometria; Idraulica; Medicina; Scienza applicata; Enciclopedismo. Cultura: Le Accademie e il dibattito filosofico; Classicismo; Formazione ed educazione; Vita letteraria; Verso Ferrara: i Viaggiatori. Religione: Vita spirituale; Parrocchie e Conventi; Il Vescovo ed il Cardinal Legato; Riforme e apostolato; Agiografia ferrarese. Arti: Teatro e Musica; Pittura, Scultura e Arti cosiddette minori; Architettura e Urbanistica; Collezionismo e Committenza; Le istituzioni: Accademia e Museo; Arredo e effimero.

 

Tale divisione vale solamente come inizio per una discussione che, se giungerà a definire progetti operativi, potrà e dovrà profondamente modificare questo schema.

La città, nel suo complesso, è nelle condizioni, molto più di quanto non sia stato negli anni passati, di affrontare un disegno progettuale di tale complessità. Sarà nel suo insieme un "grande evento" che impegnerà almeno tre o quattro anni e che si articolerà in vari momenti sia congressuali, che teatrali ed espositivi: non si potrà rinunciare alla riedizione di testi e di documenti che consentiranno di abbandonare ogni sentimentalismo per ancorare ai dati documentari ogni analisi.

Fra le ipotesi degne di verifica sta anche la ricostruzione del fare cioè della organizzazione del lavoro e della vita civile in Ferrara. Se questo sarà possibile si potrà, di concerto con le amministrazioni locali, giungere alla istituzione di quel museo della città la cui assenza è da tempo indicata come grave lacuna nel sistema museografico cittadino e che raccoglierà attrezzi e ricostruzioni delle attività artigiane, insegne, grafica popolare, testimonianze delle corporazioni, delle magistrature, delle confraternite cittadine, plastici e immagini della città e delle ricorrenze nelle quali questa si riconosce: dalle processioni religiose ai cortei laici.