Palazzina Marfisa
Visioni e pensieri sull’arte a Ferrara

L'arte di Ferrara da qualche anno è entrata in possesso di uno strumento di grandissima efficacia evocativa, che nessuna, o quasi, tra le grandi città dell'arte italiana può esibire con altrettanto legittimo orgoglio. Da quando uno storico, Werner Gundersheimer, ha portato alla conoscenza degli amatori dell'arte lo straordinario manoscritto vaticano di mano di Sabadino degli Arienti,
Giardini a Ferrara
Dall'isola di Belvedere alle aiuole di viale Cavour, inseguendo il sogno del Paradiso Terrestre nei giardini della nostra città.
In un triste giorno tra il 1598 e l'inizio del nuovo secolo, Ferrara si svegliò senza giardini, o meglio senza quell'idea di giardino che l'aveva resa famosa in tutta Europa. E sull'Eden estense, sull'isola di Belvedere, si stese la cupa ombra della Fortezza.
Cosa siano stati i giardini di Ferrara, tra mito e realtà, l'hanno scritto e cantato narratori e poeti, l'hanno ammirato sovrani e principi, l'hanno diffuso scienziati e viaggiatori.
Le delizie estensi, i cui nomi evocavano una civiltà cortese che aveva eletto il giardino a paradiso del principe, a luogo carismatico dell'intelligenza e del potere - Belriguardo, Belfiore, Schifanoia, il Paradiso, i Diamanti - tramontavano nel crepuscolo della gloria estense e i loro giardini venivano «rovinati, disfatti, e spianti» come si lamenta il Penna, attento osservatore degli effetti del cambio di potere e del declino di una civiltà che non è improprio chiamare dei giardini.
La rinascita del giardino che non c'è
"La speranza che altre generazioni e altri tempi rimaterializzino i perduti giardini."
Strana e appassionante storia quella dei giardini a Ferrara! Nel tempo del suo massimo splendore, la città estense aveva costruito, non solo architettonicamente e urbanisticamente ma soprattutto come proiezione dell'immaginario culturale, un sistema di giardini che la resero famosa nel mondo e che servirono a creare quella particolare forma architettonica conosciuta con il nome di delizia.
Antichi splendori e trascorse miserie di un luogo di delizia
La difficile storia della Palazzina Marfisa.
In fondo a corso Giovecca - poco prima del settecentesco arco trionfale, voluto da papa Clemente XI, che chiude la strada - si eleva la Palazzina di Marfisa d'Este: costruzione nobile e armoniosa, scandita da un ritmo architettonico misurato e contenuto.
Venne fatta costruire alla metà del XVI secolo da Francesco I d'Este, terzogenito di Alfonso I e Lucrezia Borgia, affacciata sulla "via maestosa" - la Giovecca, di recente costruzione, ricavata colmando il fossato delle vecchie mura medievali - dove seguendo una tradizione urbanistica consolidata, gli Estensi incentivarono la costruzione di edifici prestigiosi.
Una serie di modeste case preesistenti fu acquistata di fronte alla chiesa di San Silvestro; in parte queste furono riadattate e in parte demolite per costruire la Palazzina, fulcro nobile della residenza, con le caratteristiche di una costruzione di svago e chiamata in origine i "casini di San Silvestro".