Ma, forse, per i ferraresi, accanto a tutto questo c'è un ricordo fisso lì a fermare il tempo: Mario Soldati con lo sguardo fiero del falco, con il sigaro mezzo spento tra indice e medio - un vezzo che annerisce le falangi e che, forse, nel profumo questo vecchio bambino si porta ancora dietro - mentre intorno la città gli fa festa vent'anni (o giù di lì) dopo il primo incontro. Tutto nasce nel 1956. Soldati viene catturato dalla televisione: ha visto in America cosa significa e vuole usarla per raccontare.
L'obiettivo che si propone è quello di provocare per immagini, di creare un specchio reale che sia anche documentario dell'animo di una nazione. Cerca un tema che gli sia vicino e lo trova nel Po, il Grande Padano fresco tra le rocce del Monviso, spanciato verso le nostre valli ferraresi. Soldati viene giù con lui, ripercorre storia, geografia e antropologia. Registra dialetti e sapori. Si diverte e si vede. Indugia sui volti delle giovani contadine in bicicletta, capace come nei suoi scritti di un filo di eros tratteggiato e mai volgare. Raccoglie e immortala. Seleziona, scuote e scappa. Viene giù, fino ad arrivare a Ferrara.
E qui qualcosa succede: qualcosa che non era accaduto altrove. E' vero che era già stato a Comacchio due anni prima con Sofia Loren, per il film La donna del fiume sceneggiato anche da Bassani insieme a Flaiano e Pasolini, ma ora si tratta di raccontare la storia di sempre, con gli attori della vita di tutti i giorni. E le cose cambiano.
Soldati confessa apertamente questo amore a prima vista per Ferrara che, forse, si avvicina solo a quello che prova per la sua Terra, per la sua Tellaro, rifugio sul mare dove vive ormai da tanto tempo. E così si compie quell'operazione che dicevamo all'inizio. Succede che l'amore per la cultura materiale e il gusto personale per lo star bene e il vivere bene, fanno sì che Soldati riesca a narrare non la Ferrara degli Este, del silenzio dannunziano, degli horti conclusi, delle mura sbrecciate e delle case di mattone, ma la Ferrara a tavola, scegliendo come simbolo ed emblema della città estense un insaccato - la salama da sugo - che è anche un po' metafora agrodolce del suo essere.
Così l'Italia di Coppi e Bartali scopre che esiste la salama da sugo, uno strano e curioso alimento che rimane in mente per quella declinazione femminile di un nome e di un prodotto che tutti sanno essere maschio. Soldati conosce Tassi, si raccontano chi sono attraverso i sapori: uno prepara, l'altro gusta ed esalta. Dev'essere stato uno spasso vederli a tavola insieme al ristorante di Bondeno che Soldati ancora ricorda bene.
Siamo tornati ai giorni nostri e in particolare a una data: quella del 17 novembre dell'anno scorso, in cui Mario Soldati ha compiuto novant'anni. Tutti i giornali hanno riportato l'avvenimento, ma il Resto del Carlino di Ferrara ha voluto seguirlo da vicino accompagnando, due giorni dopo la grande festa organizzata dal sindaco di Tellaro con amici e parenti, il segretario generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, Alfredo Santini, e il presidente della Camera di Commercio, Romano Guzzinati.
I doni di rito hanno fatto breccia nel cuore di Mario Soldati, che ha un'intelligenza ancora rapida: non solo la frutta, ma anche i libri, lo splendido Dosso Dossi e la bella pubblicazione sulla Palazzina di Marfisa d'Este a Ferrara. Soldati ha chiesto di Tassi, ha ricordato persone e occasioni (la cerimonia di consegna del riconoscimento offertogli da Ferrara). E alla fine, Santini gli ha allungato tra le mani una salama. Soldati l'ha accarezzata e annusata. Deve aver riprovato la stessa sensazione tattile, le sue papille devono aver riconosciuto un vecchio mai dimenticato gusto, e lui si è commosso per questa grande attenzione che Ferrara gli ha sempre continuato a riservare negli anni. Gli amori restano amori.