Ai recenti contributi sulla figura di Aleotti scienziato e ingegnere - figura messa a fuoco da approfonditi studi e convegni, nonché dall'imminente pubblicazione dell'Idrologia a cura dell'Istituto di Studi Rinascimentali - si aggiunge ora un nuovo fondamentale apporto che di Aleotti rivaluta l'opera architettonica: una inedita raccolta di disegni d'architettura e decorazione ritrovata presso l'archivio privato di una nobile famiglia milanese, i Borromeo.
Il fortunato ritrovamento viene a colmare una lacuna ben nota ad appassionati e a studiosi: la "misteriosa" scarsità di testimonianze grafiche relative all'architettura ferrarese, riscontrabile perlomeno fino al XVIII secolo. Il proposito di rendere noto questo ricco corpus di oltre duecento disegni ha coinciso, per un felice caso, con il quattrocentocinquantenario dalla nascita di Aleotti e ha trovato dei sensibili interlocutori innanzitutto nei proprietari, che ne consentono lo studio e la riproduzione, quindi nel Comune di Argenta e nell'Istituto per i Beni Culturali, promotori, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, dell'esposizione e della pubblicazione integrale del Codice Borromeo, prevista entro il 1997, proprio ad Argenta.
A un primo esame, e anche secondo altre testimonianze storiche ottocentesche, non tutti i disegni sono da considerare autografi.
Fatta eccezione per due fogli settecenteschi, evidentemente estranei alla raccolta, e per altri due disegni, sempre ferraresi, ma più antichi, si può considerare l'intero corpus come una preziosa testimonanza dell'architettura ferrarese fra Cinque e Seicento. La presenza di numerosi progetti e disegni già attribuibili a un primo esame della grafia, restituisce ad Aleotti una innegabile e prioritaria dimensione di architetto; dimensione forse finora sottovalutata, anche a causa del ben noto eclettismo che portò questo grande personaggio a interessarsi ad altre discipline, oltre che squisitamente scientifiche, anche giuridiche, letterarie e dotte, secondo quanto prescriveva la tradizione vitruviana.
I temi della raccolta spaziano dall'architettura civile a quella religiosa, ai giardini, ai progetti per mobili, soffitti lignei e arredi sacri, e sono rappresentati da immagini che denotano un'alta qualità, sia nell'esecuzione sia nell'idea progettuale.
II complesso lavoro di attribuzione e di studio dell'intero corpus non è pensabile in tempi brevi, anche in considerazione del fatto che gli studi sull'architettura di Aleotti attendono adeguati approfondimenti e sistemazioni.
Sembra, però, opportuna, affinchè appassionati e studiosi possano fruire quanto prima di questi preziosi materiali, la creazione di un catalogo da diffondere presso biblioteche e archivi, che presenti, insieme a una prima schedatura, la riproduzione dei disegni, oltre alla loro duplicazione su supporto digitale, allo scopo dì favorire la consultazione e la stampa dei documenti, con possibilità di ingrandimento di scritte e di particolari.
Entrando nel merito dei contenuti di quello che ci piace definire il Codice Borromeo, si può dire che questo presenti alcune affinità con il manoscritto cl.I. 763 conservato alla Biblioteca Ariostea di Ferrara, il quale - prima dei restauri - consisteva in una raccolta di disegni fissati sulle pagine di un volume. Anche in quel caso, infatti, si trattava di un assemblaggio ottocentesco che sembrava rispondere a un particolare gusto collezionistico.
Ma, a differenza del codice cl. I. 763 di Ferrara, che contiene molte rappresentazioni di carattere cartografico e idrografico, la raccolta conservata a Milano, negli archivi della famiglia Borromeo, presenta una netta prevalenza di disegni di architettura, con una consistente sezione dedicata all'arredo e alla decorazione.
La possibilità che anche in questa raccolta - come nel già citato codice cl. I. 763 dell'Ariostea - sia rilevabile una notevole presenza di disegni di allievi e di aiutanti dell'Aleotti, o addirittura di colleghi (gli architetti Alberto Schiatti e Alessandro Balbi), è un fattore da prendere attentamente in considerazione e da valutare non appena sarà possibile esaminare gli originali.
Nel frattempo, su un primo rilievo fotografico - eseguito in difficili condizioni ambientali dall'Istituto per Geometri "G.B. Aleotti" di Ferrara (ingegneri Brunetti e Ghesini), che fin dall'inizio, attraverso il preside, professor Faccioli, ha mostrato un generoso interessamento e ha incoraggiato questo progetto - è stato possibile svolgere un primo, anche se non definitivo, lavoro di studio e catalogazione dei disegni. Una delle identificazioni più interessanti riguarda lo scomparso palazzo Fiaschi in via Garibaldi, distrutto dai bombardamenti del 1944, in passato attribuito dubitativamente al Vignola.
Di questo edificio rimane un bel disegno del progetto di facciata, il primo della raccolta Borromeo, con elementi stilistici molto simili a quelli di palazzo Polo in via Madama, e che presenta una classica ripartizione con portale centrale a bugnato rustico, fasce marcapiano, finestre architravate al piano terra e con frontoni triangolari e curvi alternati. Il disegno denuncia le sue peculiarità di progetto poiché sul lato sinistro è presentata la soluzione, poi realizzata, in cui la facciata è delimitata da un bugnato rustico, mentre sul lato destro il bugnato manca. A una nota tipologia aleottiana è riconducibile il progetto per una facciata di chiesa che presenta molte analogie sia con l'oratorio di Santa Margherita, in via de' Romei, sia con la chiesa di Santa Francesca Romana.
Il ricorrente modulo decorativo dei riquadri, che noi conosciamo solo nella severa finitura a mattone, è qui presentato in una versione intonacata e con un trattamento a finto marmo che certamente nobilita e ingentilisce questa facciata.
In un progetto per la sistemazione della strada di San Romano, con botteghe al piano terra e abitazioni al piano superiore, si riconosce una particolare attenzione anche per l'edilizia cosiddetta minore, manifestata con evidenza nell'accuratezza dei pilastri rustici che delimitano le botteghe, nella sequenza delle finestre binate, nelle fascie marcapiano e nei camini.
Lo spaccato prospettico di una chiesa invita a riflettere anche sui metodi di rappresentazione utilizzati dall'Aleotti: metodi che privilegiavano la sintesi e che, per quanto riguarda prospetti e planimetrie, puntano più sulla presentazione simultanea di diverse soluzioni sovrapposte che sulla sequenza di varianti separate.
L'architettura dei giardini è rappresentata in questa raccolta da grandi progetti e rilievi per Belfiore, Campogalliano, Montecavallo (Quirinale), e da piccoli giardini urbani, strettamente collegati agli spazi che li delimitavano.
Infine, un discorso particolare è da riservare ai progetti di decorazione, che occupano una consistente sezione nella raccolta Borromeo: i disegni d'assieme e i dettagli di soffitti lignei, tabernacoli, porte, camini e mobili costituiscono la rara e preziosa testimonianza disegnata di manufatti che, per la loro stessa natura, sono destinati quasi sempre alla dispersione e alla distruzione.
Breve storia del Codice Borromeo
[di Adriano Cavicchi]
La raccolta di disegni aleottiani, riemersa per una fortunata circostanza una dozzina d'anni fa, era segnalata ad Argenta dopo la metà del secolo scorso. In una data imprecisata, ma probabilmente fra il 1865 e il 1870, venne acquistata dal nobile lombardo Giberto VI Borromeo per la sua ricca collezione di disegni e autografi.
L'assemblaggio del codice aleottiano, invece, venne presumibilmente realizzato tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, e solo in epoca successiva, certo dopo il 1833, venne premessa alla serie di disegni, tutti fissati sui fogli di un volume, la monografia di Aleotti redatta da Giuseppe Petrucci, traendola dalla nota pubblicazione Vite e Ritratti di Trenta Illustri Ferraresi, edita in Bologna nel 1833.
Probabili tramiti del passaggio del codice aleottiano dall'originaria Argenta alla collezione Borromeo, furono i noti studiosi e bibliografi ferraresi Giuseppe Antonelli e Luigi Napoleone Cittadella, collezionisti di autografi e manoscritti, le cui personali raccolte sono oggi in parte conservate nella Biblioteca Ariostea di Ferrara, dove entrambi ricoprirono a lungo la carica di bibliotecari. Una fitta corrispondenza tra i due bibliofili ferraresi e il collezionista lombardo chiarisce e conferma questa ipotesi.
L'individuazione di questa importante raccolta di disegni ha comportato dapprima una serie di verifiche presso diversi archivi e biblioteche statali e comunali, dove si presumeva che l'opera fosse confluita. Con grande sorpresa si è potuto invece constatare che l'opera era rimasta presso gli eredi Borromeo, ben conservata negli archivi di famiglia.
Debbo sentitamente ringraziare l'allora archivista, professor Pier Giacomo Pisoni, il quale, a una mia telefonata sulla possibilità che nell'archivio Borromeo esistessero documenti aleottiani, rispose con estrema gentilezza in modo affermativo.
È difficile descrivere l'emozione provata riaprendo le pagine di questa raccolta di eccezionali testimonianze. Senza dubbio ero il primo studioso di Aleotti che dopo oltre un secolo mettesse gli occhi su quelle importantissime carte.
L'importanza e la qualità del contenuto del Codice Borromeo mi fecero subito comprendere che per l'Aleotti si sarebbe riaperta una nuova fase di studi e di acquisizioni tali da consentire una più approfondita lettura della complessa e multiforme operosità dell'artista.