L'esperienza cooperativa ferrarese

Scritto da  Egidio Checcoli

Il punto vendita della Cooperativa Agricola di Lavoro e Consumo di Pilastri, nel 1920.La storia e la trasformazione della cooperazione: tra utopie e nuove realtà.

Un grande movimento radicato nel territorio. Lo dicono i numeri: oggi le cooperative ferraresi associate alle due maggiori centrali - la Lega delle Cooperative e la Confcooperative - presentano quasi centomila soci, oltre undicimila addetti e un fatturato che supera largamente i duemila miliardi. Ma la cooperazione di oggi non è che il frutto della sua storia. Una storia di trasformazioni e di lotte che cominciano nella seconda metà dell'Ottocento. Con l'unificazione dell'Italia arrivò anche a Ferrara una grande speranza, soprattutto per la parte più umile e povera della popolazione: la speranza di migliorare la propria condizione di vita e di lavoro.

 

 

In quel periodo, la popolazione ferrarese contava circa duecentomila abitanti; gli analfabeti rappresentavano l'ottantadue per cento della popolazione; la miseria e le malattie producevano effetti devastanti; la metà dei giovani moriva prima di compiere i vent'anni.

A seguito della nascita e dello sviluppo dell'industria manifatturiera si formarono i primi nuclei operai, ma le attività produttive restavano prevalentemente legate al settore agricolo che qui, nel ferrarese, si caratterizzava per una struttura fondiaria di gran lunga più concentrata rispetto al resto della regione e ad altre zone del paese.
La voglia di cambiamento, il radicarsi e il diffondersi di una coscienza solidaristica fecero ben presto maturare un ambiente favorevole allo sviluppo delle società di mutuo soccorso, che rappresentarono l'humus per la nascita delle cooperative.

 


Le cooperative di lavoro hanno partecipato attivamente e in maniera determinante ai lavori di bonifica del territorio ferrarese.A fine Ottocento saranno censite sessantasette società di mutuo soccorso, con quasi diecimila soci. Alcune gestivano magazzini di consumo, mentre altre si occupavano di attività assistenziali.
A Ferrara, lo sviluppo delle attività industriali fu lento e limitato, ma ciò non impedì che a Ferrara, come in altre parti dell'Italia del Nord, l'esperienza cooperativa potesse radicarsi e svilupparsi. In alcuni casi fu lo sbocco naturale dei disagi e della protesta, in altri casi una parte della borghesia - quella più attenta ai nuovi fermenti sociali - individuò nella cooperazione uno strumento di pacificazione sociale e ne assecondò la crescita.

 

Nel 1873 nacque a Bondeno la prima cooperativa di produzione e lavoro. Era una cooperativa di operaie tessili costituitasi grazie all'impegno del conte Gioacchino Pepoli e sostenuta dal Comune di Bondeno.
Il conte Pepoli, oltre a essere un componente della giunta comunale di Bondeno, era stato ministro del governo Rattazzi. La cooperativa si occupava di produzione tessile e viene ricordata nella storia della cooperazione ferrarese anche per aver adottato uno statuto e un regolamento molto avanzati per il periodo. Molto interessanti sono i requisiti richiesti alle ragazze per essere ammesse in qualità di socie, tra questi: l'obbligo di mandare i figli a scuola; l'iscrizione a una società di mutuo soccorso; la frequenza alle scuole serali se la lavoratrice non sapeva leggere e scrivere.

Alla fine dell'Ottocento nascono le prime cooperative di braccianti. Lo sviluppo è più intenso nel Basso ferrarese, ad Argenta, a Bondeno e a Ferrara. Nel 1920, queste cooperative arriveranno ad amministrare 1614 ettari di terreno. Nel 1877 si era già formato il primo consorzio tra cooperative di produzione e lavoro: aveva sede ad Argenta e raggruppava cooperative di Modena, Bologna, Ravenna e Ferrara.

Una particolare riflessione andrebbe svolta sulle funzioni delle banche popolari e delle casse rurali, nelle quali sarà determinante la presenza degli ambienti cattolici, che dopo la fondazione del Partito Popolare accentuarono il proprio interesse verso l'esperienza cooperativa.

Per la verità, le banche popolari furono principalmente volute da una parte della borghesia agraria, mentre le casse rurali ebbero una consistente espansione grazie all'attivismo politico di Grosoli. Alla fine del 1911 si contavano ben trentacinque casse rurali, con quasi quattromila soci e con una presenza su tutto il territorio provinciale. Il radicamento della cooperazione e della solidarietà a Ferrara non ebbe nulla da invidiare ad altre parti della regione.

Poi arrivò il fascismo. E i danni materiali e morali della devastazione subita nel ventennio saranno consistenti. Nell'immediato dopoguerra, il processo di ricostruzione della cooperazione fu tuttavia immediato, spontaneo e interessò tutti i settori della vita produttiva.
Lo sviluppo fu più intenso nel settore agricolo, per le opportunità offerte dalla Legge Gullo-Segni, nell'edilizia, nel consumo e, in misura più limitata, in altri comparti. Con il completamento delle opere di bonifica e con la "riforma stralcio" nacque una nuova generazione di cooperative che operavano nei servizi all'agricoltura, nell'ortofrutta, nell'utenza e, successivamente, nella pesca e nel terziario.
Alcune fabbriche ripresero l'attività proprio grazie all'intervento della cooperazione, come avvenne per la fabbrica di ceramica Cercom di Portogaribaldi, per la Felisatti e per altre aziende minori.

Ma veniamo a grandi passi alla Ferrara di oggi. La nostra provincia sta vivendo una fase complessa e contraddittoria.
Nelle graduatorie che sintetizzano lo stato dell'economia italiana abbiamo perso parecchie posizioni rispetto ad altre provincie.

 


Le cooperative di lavoro hanno partecipato attivamente e in maniera determinante ai lavori di bonifica del territorio ferrarese.La cooperazione, per questo, è impegnata in uno sforzo straordinario per elevare il livello di competitività del sistema produttivo, per contribuire allo sviluppo dell'occupazione, per valorizzare il territorio. Tante iniziative sono state concretizzate in questi anni e altre sono in cantiere.
È significativo che dopo tanto tempo si riprenda a investire nel settore agroalimentare, e che cresca il tasso di natalità di nuove cooperative con un'intensità che non ha precedenti negli ultimi vent'anni.
Altrettanto importante è l'impegno per sperimentare nuove strade. L'obiettivo è offrire uno sbocco alle tante potenzialità imprenditoriali e lavorative che il territorio è in grado di esprimere; anche a quelle che inizialmente possono sembrare più 'basse' sotto il profilo della costruzione di impresa.

 

Nuove prospettive che fino a poco tempo fa venivano definite residuali, rappresentano, oggi, i probabili avamposti dell'economia futura. Fondamentale rimane una convinzione: il lavoro, in quanto attività umana, possiede la capacità di migliorarsi e adattarsi ai bisogni di mercato.

Questo nuovo fermento, però, non deve fare sottovalutare la necessità di una ponderosa promozione imprenditoriale che rimane una scommessa importante, ma con inevitabili rischi.
Per questo lo sforzo non può essere sostenuto isolatamente.
Il compito della cooperazione è anche questo: indurre alla mutualità.
Se anche altri soggetti, imprese, istituzioni, banche, si metteranno su questa lunghezza d'onda, le prospettive di successo aumenteranno notevolmente. Sotto questo profilo Ferrara, potenzialmente, è sullo stesso piano di ogni altro territorio dell'Emilia Romagna, con l'aggiunta, oggi, di nuove opportunità offerte dai fondi strutturali dell'Unione Europea. Non dobbiamo sprecare questa occasione. Non possiamo rinunciare a questa nuova sfida.