I marmi che camminano

Scritto da  Giorgio Franceschini

Particolare del portale della Chiesa Nuova, ora all'ingresso della Sala Estense.Sulle tracce degli strani vagabondaggi di elementi ornamentali e di opere d'arte.

La storia dei marmi che camminano (mi si perdoni la definizione improvvisata e, spero, attraente) non è certo solo ferrarese. Anzi, è quasi universale. Racconta le vicende di elementi ornamentali e, spesso, di opere d'arte utilizzati, dopo che gli edifici per cui erano stati pensati avevano subito trasformazioni o distruzioni, in edifici diversi. Una storia di tempi andati che, in genere, riguarda luoghi nei quali il marmo era cosa preziosa e introvabile e perciò assai costosa; luoghi come Ferrara, città del cotto e della sua gloria.

 

Alla ricerca di fatti e misfatti di quei tempi andati, proponiamo di fare quattro passi per la nostra città, vincendo lo sconcerto, bisogna pur dirlo, per lo stato di manutenzione di tanti marmi anneriti e di tante lapidi rese illeggibili da smog e polvere.

 

Potremmo, così, cominciare da corso Cavour e osservare il portale della Borsa di Commercio, al civico 20 di largo Castello: una composizione architettonica - come scrisse Emanuele Mattaliano - compiuta verso la fine del XVII secolo con elementi marmorei di varia provenienza, tra i quali «l'icona dell'altar grande» della chiesa di San Benedetto.

Poi, eccoci in piazza Municipale, davanti alla Sala Estense, sorta dove era l'antica cappella Ducale e dove fu aperta al culto, alla fine del Seicento, la Chiesa Nuova, ornata da colonne marmoree vendute dai padri benedettini e da marmi provenienti da un camino che era nel Castello estense.

 

Lo stemma del portale di Sant'Apollonia, un tempo della Chiesa dello Spirito Santo.Raggiungiamo ora la chiesa di San Francesco, soffermandoci davanti all'ingresso laterale di via Savonarola. Il portale, sino a poco più di un secolo fa, era posto sulla facciata e ornava la porta minore di destra. Quando lo scultore Ambrogio Zuffi completò le due porte laterali con colonne, architravi e timpani, l'antico portale venne spostato dov'è ora; così si ritrovò sulla fiancata di mezzogiorno anche la sovrastante urna, dove sono conservate le ossa di Gerardo e Francesco Saraceni, giuristi quattro-cinquecenteschi.
Possiamo spingerci anche sino a via Scandiana e considerare quanto scrisse il Righini a proposito dell'elegante portale marmoreo dell'ingresso di palazzo Schifanoia, che giunse al civico 27 di via Scandiana dall'ex convento di San Domenico, quando il complesso conventuale fu adibito a caserma dai francesi.

Lo studioso avrebbe preferito vedere applicato il predetto portale all'ingresso del numero 25, a pochi metri dal maestoso ingresso principale del palazzo.


La porta laterale di San Francesco.Ma, a questo punto, riserverei più attente considerazioni a due nobilissime chiese cittadine: quelle di Sant'Apollonia e di Santo Stefano, chiusa al culto la prima e di recente onorata la seconda, per iniziativa dello scomparso don Aldo Marcotto, con il consolidamento e il restauro del portale.
Fino al 1839 esisteva, nell'attuale piazzetta Combattenti, una bella chiesa intitolata allo Spirito Santo, costruita fra il 1616 e il 1625 e appartenuta all'omonima confraternita. L'arrivo a Ferrara dei francesi, alla fine del Settecento, le fu fatale, come per tante altre chiese ferraresi: la congregazione venne sciolta, la chiesa chiusa, adibita a deposito di canapa e, infine, acquistata da tale Fulgenzio Folegatti, avvocato.
Costui la demolì per costruirvi la propria abitazione (quella segnata con il numero civico 5, all'angolo con via Borgoleoni).

 

Il Folegatti, autore dell'ennesimo scempio del patrimonio chiesastico ferrarese, si rese però conto - e non solo per uno scrupolo riparatorio - che il portale meritava di salvarsi dalla demolizione e ritenne di donarlo al comune. Questo lo donò alla chiesa di Sant'Apollonia, in via XX Settembre.
La facciata di questa chiesa, terminata nel 1593 su disegno di Francesco Mazzarelli, autore del rifacimento settecentesco della Cattedrale, non era mai stata completata.

 

Il portone della ex Borsa di Commercio.Il portale marmoreo dello Spirito Santo le si addiceva, ma la confraternita dell'Addolorata che allora l'officiava non aveva i mezzi per provvedere ai lavori, sicché i marmi rimasero in attesa della sistemazione per trent'anni, sino a quando si provvide finalmente al completamento della facciata, solennemente inaugurata nell'ottobre 1868.
Ricca è, in proposito, la documentazione custodita nell'Archivio storico presso la Curia ferrarese: priore della confraternita era tale Giovanni Maria Bozoli, miniaturista e incisore; si tramanda che a montare il portale, sotto la direzione dell'architetto Antonio Tosi Foschini, per un compenso di 200 scudi, fu Giovanni Beretta, fondatore della prestigiosa ditta di artigiani del marmo che fu attiva a Ferrara per circa un secolo e mezzo.

Le spese dei lavori vennero sostenute in gran parte dalla Cassa di Risparmio di Ferrara, dal Municipio, dal cardinale Vannicelli Casoni e dalla carità cittadina. Le linee cinquecentesche, il timpano spezzato con lo stemma che lo sovrasta (nel quale è raffigurato un cuore trafitto da una spada, certamente lo stemma della confraternita eseguito dal Beretta su disegno del Foschini), le colonne che lo reggono e quelle di granito orientale a lato del portone, ne fanno un portale sontuoso, che molto ricorda quello della chiesa di San Carlo in corso Giovecca, contemporanea a quella dello Spirito Santo.

 

La porta ''minore'' di Palazzo Schifanoia.In fondo a corso Giovecca, di fronte alla palazzina di Marfisa d'Este, circa dove si trova ora l'ingresso del pronto soccorso dell'arcispedale Sant'Anna, esisteva sin dai primi decenni del Cinquecento una chiesa dedicata a San Silvestro, con annesso monastero di monache benedettine. L'occupazione francese portò alla momentanea soppressione del convento, ma non fu certo la causa diretta della chiusura e dell'abbandono degli edifici, avvenuti attorno al 1820.  Novant'anni dopo, nell'area dell'antico complesso, verrà posata la prima pietra dell'arcispedale e, nel 1917, si demolirà il campanile, rimasto isolato fra casette e orti.
San Silvestro, ricco d'opere di artisti ferraresi fra i quali il Garofalo e lo Scarsellino, aveva un bel portale attribuito, addirittura, a Biagio Rossetti.

 

Nel 1825, questo elemento della chiesa ormai in rovina venne acquistato da tale don Giovanni Gambupi, economo della chiesa parrocchiale di Santo Stefano, il quale lo applicò alla facciata della sua chiesa facendone, così, l'unica parte dell'esterno che non fosse di cotto, come osservò Eugenio Righini nella sua nota opera del 1910 sui resti di Ferrara antica.

Il Righini si sofferma anche a descrivere le lesene, il fregio, i capitelli del portale e la lapide dedicata a Santo Stefano e, ahimè, ci stimola, con l'annotazione seguente, a meditare sulla penosa attuale sorte del sagrato e a richiamare l'attenzione delle solerti socie del Garden Club, occupate a tentar di ridare ad alcuni sagrati cittadini antiche suggestioni: «La pavimentazione, sopra due gradini, di pietra naturale davanti alla chiesa, come l'acciottolato del resto del piazzale, fu sostituito, una buona quarantina d'anni addietro [quindi attorno al 1870, N.d.A.] allo stato prativo del sagrato...»