Un prete rivoluzionario

Scritto da  Amerigo Baruffaldi

La questione romana nel riformismo religioso del centese don Giacomo Cassani.

Un suggestivo scorcio di Cento, città natale di Giacomo Cassani, attraverso l'obiettivo di Paolo Zappaterra.Bolognese per appartenenza ecclesiastica, ma ferrarese per nascita (Renazzo di Cento, 1818) e per non essersi mai staccato dalla sua città e dalla sua terra d'origine, don Giacomo Cassani si proclamò, in pieno Ottocento, pur all'interno di una diocesi pullulante di clero intransigente e retta da vescovi di conforme orientamento, decisamente favorevole alla "rivoluzione" nazionale e fautore di una conciliazione fra la Chiesa e la società politica.

 


La frequentazione del Seminario Clementino di Cento ove ebbe come professore di filosofia don Alessandro Rusconi, prete di sentimenti liberali, e la formazione ideologica e culturale ivi Un altro scorcio di Cento.acquisite esercitarono un ruolo decisivo nelle prime scelte e sui primi orientamenti politico-religiosi del giovane sacerdote renazzese: dall'entusiastica adesione al programma giobertiano, alla collaborazione a periodici cattolico-liberali, alla candidatura, nel 1849, alla Costituente romana, che pure non ebbe successo. Colpito, per tutto ciò, da provvedimenti disciplinari (la sospensione a divinis da parte del cardinale Oppizzoni, arcivescovo di Bologna) e umiliato da Civiltà Cattolica (che scriveva «il povero don Cassani... uomo di criterio scarsissimo»), don Cassani seppe tuttavia reagire e superare difficoltà e contrasti grazie alla saldezza del carattere, alla sua ferma fede e alla sua lucidità intellettuale. In tema di rapporti fra Stato e Chiesa, assunse dapprima una posizione cauta e conciliativa, per favorire il clero bolognese e romagnolo nei difficili rapporti instauratisi con lo Stato italiano dopo il 1859, con la caduta del potere temporale a Bologna e la conseguente annessione delle province pontificie.

Una via di Cento.In seguito, a partire dal 1861, fece sua una proposta di soluzione della "questione romana" che non esiteremmo a definire più radicale, più complessa e sofferta, che scaturiva allo stesso tempo da istanze di rinnovamento religioso e dall'esigenza di garantire alla Chiesa tutta intera la libertà nell'esercizio del suo spirituale magistero.
Il sacerdote rezzanese propose infatti una nuova Costituzione della Chiesa, fondata sulla riduzione del potere del Papa rispetto ai vescovi: una sorta di democratizzazione dell'istituzione ecclesiastica, evidentemente perseguita nella piena consapevolezza dei vantaggi e dei danni che ne sarebbero derivati. A questo processo di rinnovamento, lo Stato italiano avrebbe dovuto offrire stimolo e incoraggiamento, proponendosi come supremo garante della libertà e dell'indipendenza del Pontefice e, quindi, anche dei vescovi e dei parroci, ai rispettivi livelli di competenza.

 

Una piazza a Cento.In un contesto siffatto, i vescovi avrebbero potuto disporre, per esempio, dei beni ecclesiastici nelle rispettive diocesi, liberi ormai da particolari controlli da parte dello Stato, che intanto avrebbe fatto cadere l'obbligo del giuramento, il regio placet e l'exequatur. Nella proposta si colgono chiaramente il principio e alcuni degli obiettivi di fondo del progetto di legge Borgatti-Scialoja sulla "Libertà della Chiesa e sulla liquidazione dell'asse ecclesiastico" (che, nel 1867 trascinò nella propria caduta il secondo governo Ricasoli): un progetto nel quale dovettero certamente rifluire tracce del pensiero di don Cassani, in una significativa consonanza col riformismo ricasoliano e con le radicate convinzioni separatiste dell'amico e conterraneo Francesco Borgatti, che era Guardasigilli del ricordato dicastero.

 

Portici a Cento.Va rilevato anzi, a onore di don Cassani e del Borgatti, che IN quel progetto, considerato al tempo un inammissibile cedimento del Governo alle «trame reazionarie del partito clericale», vanno cercati - come sottolinea Francesco Margiotta Broglio IN un suo recentissimo saggio - i principi ispiratori della legge 222 del 1986, che ha riformato il regime di proprietà ecclesiastica. Intanto, per fedeltà ai valori nazionali, per avere sottoscritto la petizione di padre Passaglia, e per un certo gallicanesimo e ferbonianismo mutuati - si direbbe - dalla tradizione giansenista toscana, don Cassani venne nuovamente disapprovato dalla Curia bolognese. Un'ostilità e un'avversione peraltro compensate dalla stima del Governo italiano che, ravvisando nel prete liberale di Cento un autentico giureconsulto, gli offrì nel 1860 la cattedra di diritto canonico e nel 1875 quella di storia del diritto civile presso l'Università di Bologna.

 

Un'altra immagine dei portici a Cento.Un'ostilità e un'avversione peraltro compensate dalla stima del Governo italiano che, ravvisando nel prete liberale di Cento un autentico giureconsulto, gli offrì nel 1860 la cattedra di diritto canonico e nel 1875 quella di storia del diritto civile presso l'Università di Bologna. Negli ultimi anni della sua vita, Cassani si dedicò a problemi sempre di rilevanza pubblica, ma connessi con la realtà sociale, economica e politica dell'area centopievese: l'origine delle Partecipanze agrarie di Cento e di Pieve di Cento, ch'egli voleva eliminate in ossequio ai principi egualitari diffusi dalla Rivoluzione francese; e la questione delle Decime di Cento, che l'arcivescovo di Bologna - a giudizio di don Cassani - non aveva diritto di riscuotere, in quanto "decime ecclesiastiche" o sacramentali e perciò soggette alla soppressione dei beni ecclesiastici.

 

 

Un'altra immagine di Cento.Dall'altra parte, la Curia di Bologna le pretendeva, considerandole invece "decime dominicali" o feudali.
Nel 1890, don Cassani entrò in Consiglio comunale a Cento ove, accanto ai senatori Antonio Mangilli e Giuseppe Borselli, portò il proprio autorevole contributo alla soluzione dei problemi sul tappeto. In precedenza gli erano state conferite varie onorificenze per i suoi meriti culturali, fra le quali, nel 1887, quella di Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.  Morì a Bologna il 2 giugno 1899, confortato dai sacramenti, ma non perfettamente riconciliato con la Chiesa.

Da Amerigo Baruffaldi