Frammenti di storia di una città ducale

Scritto da  Francesco Ceccarelli

Una fotografia aerea del territorio di Mesola, con il celebre Palazzo e la Corte Bassa in primo piano.Mesola: un colossale progetto architettonico mai esaminato, fino ad oggi, nelle sue più profonde motivazioni strategiche.

Nella seconda metà del Cinquecento, in molte località rivierasche lungo il corso del Po si aprono cantieri, sia architettonici sia più diffusamente urbani, di grande portata e qualità. Piccole città, nuclei signorili, piazzaforti ben munite si sgranano a ridosso degli argini del fiume o nelle sue immediate vicinanze, allo scopo di presidiarne le rive e nel tentativo di controllare i traffici e i commerci che si sviluppano lungo la via d'acqua.


E' proprio in questi «paesi bassi» che assistiamo a un proliferare di importanti iniziative edilizie, promosse da diverse committenze signorili impegnate a redimere e a governare "artificiosamente" territori instabili, sempre pericolosamente esposti al rischio idraulico e alle costanti insidie della sommersione. È soprattutto nel medio corso del fiume, tra Casalmaggiore e Guastalla, che l'armatura territoriale si infittisce e si rafforza.
Questo accade sia sulla sponda sinistra, là dove lo stato gonzaghesco si fraziona in tante minuscole entità, dando corpo a un mosaico di staterelli dotati di piccole "città capitali", da Sabbioneta a Pomponesco e Bozzolo, sia sulla sponda destra, dove si sviluppano, tra gli altri, i centri di Brescello, di Gualtieri e di Guastalla.

 

 

La visione d'insieme della Pianta della bonificatione del Polesine di Ferrara, copia di G.T. Bonfadini (1720), da originale del XVI secolo. Ferrara, Archivio del Consorzio della Grande Bonificazione ferrarese.Nel mondo estense, soprattutto durante i lunghi anni di governo di Alfonso II (1559-1597), molte sono le "novità" architettoniche e urbane che vengono promosse, impostate e in parte realizzate per impulso ducale. Con la nascita del marchesato di Gualtieri, assegnato a Cornelio Bentivoglio, prende corpo il rifacimento integrale di quel centro, che sarà poi magistralmente portato a compimento per opera dell'Aleotti.
Più a ovest, i nuclei di Ficarolo, Stellata e Bondeno sono oggetto di interventi di riordino, ma è soprattutto nella capitale dello stato e sul delta, che si sarebbero svolti gli episodi più significativi e ragguardevoli sotto il profilo urbanistico. A Ferrara, dove il circuito delle fortificazioni cittadine sul versante meridionale della città, "di là da Po", venne aggiornato "alla moderna" e ampliato al punto da inglobare infra muros il borgo di San Luca e, soprattutto, a Mesola, dove fu avviato un colossale progetto architettonico fino ad ora mai esaminato nelle sue più profonde motivazioni strategiche.

 

Un dettaglio della Pianta della bonificatione del Polesine di Ferrara, copia di G.T. Bonfadini (1720), da originale del XVI secolo. Ferrara, Archivio del Consorzio della Grande Bonificazione ferrarese.E' della storia di questo "gran disegno" ducale, della sua parziale messa in opera e dei suoi imprevedibili sviluppi, che mi sono occupato a lungo negli ultimi anni, fino a ricostruirne le vicende in un volume appena pubblicato dalla casa editrice Il Mulino, il cui titolo è: La città di Alcina. Architettura e politica alle foci del Po nel tardo Cinquecento. In queste brevi note mi limiterò a tratteggiare un primo quadro di riferimento delle indagini che ho svolto e delle conclusioni cui sono giunto, senza tuttavia entrare nella complessa rete delle relazioni politiche e culturali entro le quali maturarono i progetti ducali. 
Per comprendere questi ultimi bisogna innanzitutto delineare i contorni di un paesaggio deltizio profondamente diverso da quello attuale. Mesola era infatti un'isola alla foce dei rami del Po di Goro e di quello dell'Abate, all'imbocco delle vie d'acqua che si inoltravano verso Ferrara e le più ampie distese della pianura padana. La sua posizione geografica, a ridosso di due approdi naturali quali la Sacca di Goro a nord e il porto dell'Abate a sud, ne faceva un potenziale ricetto di traffici e dunque un sito di enorme rilevanza ai fini dello sfruttamento commerciale.

 

Pianta di Bastianino Serlio che somiglia la Mesola del ser.mo S. Duca di Ferrara, Modena, Archivio di Stato, Mappario Estense.Nello stesso periodo in cui anche gli altri "signori delle acque" dell'Italia settentrionale danno l'avvio a originali progetti urbanistici sulle rive del Po, nel segno del controllo e del possesso, anche Alfonso II sviluppa una propria idea di insediamento sul fiume, non a caso alle sue foci, allo snodo cruciale tra la pianura e il mare, là dove le rotte mediterranee si indirizzavano verso le destinazioni continentali. È infatti proprio negli anni in cui i lavori della Grande Bonificazione del Polesine di Ferrara trovano un compimento, che viene allestito un nuovo cantiere su vasta scala, concentrato proprio là dove i collettori idraulici della Bonificazione avevano il loro esito in mare.
Nella primavera del 1578 cominciano ingenti lavori sull'isola di Mesola. Il progettista e sovrintendente della maggior parte di queste opere risulta Marcantonio Pasi, l'"inzignero" ducale responsabile di quasi tutti i cantieri di fortezze dello stato estense dopo la morte di Alassio Alghisi.

 

 

Mappa del delta del Po (O. Fabbri, 1592) con indicazione del Taglio di Porto Viro, Venezia, Archivio di Stato.Sotto la sua direzione e quella di un nutrito gruppo di commissari e agenti ducali, centinaia di lavoratori forzati rastrellati da ogni zona dello stato estense vengono costretti a scavare canali, a realizzare strade e, soprattutto, a innalzare un circuito di mura molto esteso (pari a oltre 11 chilometri di lunghezza) che sarebbe giunto ad abbracciare l'intera isola e addirittura a scavalcarla, a sud, inglobando al suo interno il tratto più orientale del Po dell'Abate.

Quando cinque anni più tardi, nel 1583, i lavori alle mura risultarono a buon punto, iniziò la costruzione del palazzo ducale (l'edificio ancor oggi esistente e più noto come "castello di Mesola"), della "corte bassa" di forma semiottagona nelle sue adiacenze, e di altri edifici ancora. Il cantiere, che era in pieno fermento ancora nel 1586, subì poi una battuta d'arresto dalla quale non si riprese che a stento parecchio tempo più tardi.

La storiografia novecentesca si è soffermata sugli interventi ducali a Mesola celebrandone i caratteri di «delizia», di «domus jocunditatis», e rivolgendo prevalentemente l'attenzione al palazzo estense, ancor oggi esistente, più che alle sue adiacenza, profondamente trasformate nel corso degli ultimi due secoli. La scomparsa delle mura, cancellate dall'incuria e dai ripetuti smantellamenti volti al recupero dei materiali laterizi, ha senz'altro alterato la percezione del quadro ambientale e disincentivato gli studi sull'entità di quel circuito e la natura di ciò che avrebbe dovuto circoscrivere.

 

 

Rappresentazione delle foci del Po di Ariano e del Recinto della Mesola prima e dopo il taglio di Porto Viro (fine del XVII secolo), Ferrara, Archivio di Stato.Eppure era proprio quell'immenso recinto, che tanto aveva impressionato i «cronachisti» contemporanei per via della profusione delle risorse impiegate, a risultare una spia significativa per comprendere i più riservati intenti ducali.
Di questo recinto e delle sue potenziali funzioni parlò, più apertamente di altri, Alberto Penna alla metà del Seicento in un passo della sua Compendiosa descrittione dello Stato di Ferrara che vale la pena di riportare per intero: «Il fine per il quale fu edificato questo recinto [di Mesola] fu per ivi fabbricare una città, che servendo di scalo a tutte le mercanzie, che per il Po dovessero passare, popolasse ben presto se medema, e nello stesso tempo arricchisse, e se stessa e lo stato di Ferrara, e intanto, che pigliasse questa forma acciò servisse per parco di animali selvatici».

Le mura concretamente edificate, al cui interno era stata prevista e parzialmente tracciata una regolare maglia viaria e di canali, vengono dunque descritte dal Penna come le infrastrutture primarie di un disegno molto più vasto: il territorio circoscritto dal recinto avrebbe dovuto costituire una riserva di terreno potenzialmente edificabile, qualificandosi come il primo atto costitutivo di una grande città. I condizionamenti politici e, soprattutto, l'ostilità della Repubblica di Venezia, avrebbero poi frustrato il progetto di Alfonso II, condannandolo a restare incompiuto.
La strategia di sviluppo urbano delineata dalle parole del Penna è molto nitida, senz'altro sorprendente, ma fino a che punto aderente alla realtà? La mia ricerca ha cercato proprio di rispondere a questo interrogativo, ritornando alle fonti tardocinquecentesche per interrogarle al proposito.

 

Rappresentazione delle foci del Po di Ariano e del Recinto della Mesola prima e dopo il taglio di Porto Viro (fine del XVII secolo), Ferrara, Archivio di Stato.Ed è alla prova dell'analisi documentaria, che quella intenzionalità così imprevista è via via emersa in tutta la sua complessità, pur sempre sotto il segno di una riservatezza di stato ben difesa. L'importanza di questa iniziativa ducale risulta infatti da una documentazione ricca e diversificata; dai registri di cantiere, dai disegni architettonici, dall'entità delle risorse finanziarie impiegate, ma non solo.
Di essa parla diffusamente il Tasso in un suo madrigale encomiastico e addirittura nel manoscritto inedito del Dialogo de la nobiltà, ovvero il Forno; ma soprattutto ne parlano gli informatori di parte veneziana in numerosi dispacci, poi discussi dal Senato della Repubblica, che mettono concretamente in luce la portata di un progetto ritenuto eversivo e inaccettabile al punto da dover essere contrastato senza esitazione, passando alle vie di fatto.
Quella che, nei reportages spionistici, viene interpretata come la prima fase della costruzione di una «nuova Venezia», dunque come un dispositivo che prefigurava la nascita di una città concorrente alla Serenissima, è oggetto di approfondite analisi, di interminabili dibattiti, di preoccupate considerazioni difensive, che giungono fino a deliberarne il "guasto", ricorrendo a uno stratagemma idraulico imprevedibile quanto inusitato, ovvero dando attuazione al Taglio di Porto Viro.

 

Planimetria dell'isola di Mesola, attribuita a M.A. Pasi, Modena, Biblioteca Estense.Valutando gli effetti di quell'intervento idraulico anche in chiave offensiva, i veneziani giunsero infatti alla risoluzione di deviare il corso del Po di Tramontana verso sud-est, mirando a insabbiare deliberatamente i porti del ferrarese allo scopo di «lasciar sepulta la Mesola», ostacolandone in tal modo la vocazione di scalo commerciale. La creazione del Taglio novo, che condizionò poi lo sviluppo delle moderne propaggini lobate del delta, modificando il profilo costiero e cancellando gli antichi porti, venne infatti riproposta dal Senato veneto in chiave politico-militare e spirito antiferrarese, con l'esplicita volontà di avversare quei disegni egemonici estensi che avrebbero potuto essere rilanciati con ben altra Forza dallo stato ecclesiastico dopo la Devoluzione di Ferrara alla Santa Sede. L'operazione, messa a punto quando la «Mesola del duca» fu apertamente riconosciuta come una minaccia ben concreta, ovvero successivamente al 1586, venne poi attuata all'indomani della Devoluzione dello stato estense alla Santa Sede, tra 1599 e 1604.

 

Il delta del Po e il recinto di Mesola nel 1770, Venezia, Archivio di Stato.Di questa idea di città marittima e al contempo fluviale, ben poco rimase nei decenni successivi. Le strutture edificate decaddero progressivamente e con loro vennero meno le aspettative di incremento demografico. A testimoniare le ambiziose idee ducali rimasero solo i frammenti di un progetto incompiuto. Del circuito di mura, il cui perimetro superava quello della stessa Ferrara, si sarebbero perse progressivamente le tracce e molte delle costruzioni realizzate furono poi parzialmente alterate.

Quella che avrebbe potuto risultare una delle maggiori città europee del tempo non riuscì a progredire e ad affermarsi come accadde invece per altre città portuali mediterranee.
È anche grazie una più approfondita ricognizione delle strutture materiali superstiti che si potrà avanzare nella conoscenza di questo importante episodio di storia dell'architettura del Rinascimento. Il nostro augurio è che questo studio possa esserne la premessa e il riferimento costante per ogni ulteriore verifica.