Elemento peculiare della vita economica della città è la capacità di attrarre un volume crescente di investimenti esteri. Diffusa è la presenza di imprese multinazionali. L'afflusso di capitali è favorito dall'ancora basso grado di industrializzazione, dall'ampia disponibilità di manodopera, dall'elevata specializzazione dei lavoratori e da una Amministrazione pubblica che ha snellito gli adempimenti necessari per la realizzazione degli insediamenti produttivi.
L'economia di Ferrara, pur in ripresa, ha conseguito nello scorso anno risultati inferiori alla media regionale. Pesano ancora le difficoltà del settore primario, che nel 1997 ha subito un forte calo della produzione lorda vendibile e una diminuzione del numero di persone occupate.
Trainati dalle esportazioni, hanno registrato invece un notevole progresso i settori chimico, metalmeccanico e motoristico. Il tasso di disoccupazione è sceso al 9 per cento, dall'11 del 1996; si prevede che si riduca ulteriormente alla fine di quest'anno. Il numero delle persone avviate al lavoro ha presentato nel 1997 un incremento del 7 per cento rispetto all'anno precedente, valore superiore alla media regionale. L'attività produttiva ha tratto vantaggio dall'inserimento della città tra i comuni ammessi ai benefici del piano di sviluppo Obiettivo 2, promosso dall'Unione Europea. Si tratta di incentivi alle imprese, di contributi a fondo perduto, di agevolazioni tariffarie.
Positivo è risultato anche l'andamento dell'economia dell'intera regione Emilia Romagna, dopo la fase di rallentamento ciclico attraversata nel 1996. Gli investimenti hanno mostrato una ripresa, ma sembrano ancora inadeguati in relazione alle potenzialità di crescita degli ordini e della produzione.
Le banche della regione hanno aumentato le quote di mercato degli impieghi e della raccolta nei confronti delle banche extra regionali. Il risultato di gestione dei principali istituti di credito ha invece registrato un lieve deterioramento rispetto ai fondi intermediati: l'aumento dei ricavi da servizi non è stato sufficiente a compensare la diminuzione del margine di interesse connessa con l'aumento della concorrenza.
Nel corso del 1997 il differenziale tra il tasso medio sugli impieghi in lire e quello sui depositi è stato, nella regione, pari a 4,2 punti percentuali a fronte di 4,8 nella media nazionale. Per le banche con sede a Ferrara esso è stato di 5,8 punti, per effetto di una maggiore rischiosità del credito e di un più contenuto costo dei depositi.
L'incidenza dei costi del personale sul margine di intermediazione è, nella regione, pari al 38,8 per cento, oltre quattro punti in meno della media nazionale. Gli utili netti del sistema bancario della regione nel 1997 sono stati dell'8,4 per cento in rapporto al patrimonio.
Il rendimento del capitale è superiore alla media nazionale e all'incirca uguale al valore che si osserva nell'Europa continentale. Nelle banche di Ferrara i costi sono più alti; gli utili netti più contenuti e pari al 5,2 per cento del capitale.
La Cassa di Risparmio di Ferrara è vitalmente inserita nel tessuto economico della regione. Essa ha assunto la forma giuridica di società per azioni dal 1° gennaio 1992. La trasformazione ha rappresentato l'occasione per aprire il capitale sociale ai privati: la Fondazione detiene la partecipazione di controllo, con una quota del 76,9 per cento.
L'attenzione alle esigenze del credito locale ha indotto la Cassa a incorporare, nel 1994, la Banca di Credito Agrario di Ferrara. La capacità di competere, in Italia e in Europa, delle banche e dei sistemi bancari dipenderà crucialmente dall'efficacia delle azioni dirette a ridurre i costi, in particolare quelli del personale, e a offrire prodotti adeguati, per qualità e prezzo, alle nuove esigenze di imprese e famiglie.
L'industria finanziaria italiana presenta, accanto a operatori che stanno ampliando la propria attività su scala europea e globale, banche locali di media e piccola dimensione. Questa configurazione è coerente con la rilevanza dell'impresa piccola o media, tipica della nostra economia; all'inizio degli anni Novanta il numero degli addetti alle aziende con meno di 20 dipendenti rappresentava il 57 per cento degli occupati, valore doppio rispetto a quello della Francia, della Germania e del Regno Unito. Le piccole imprese costituiscono un fattore di competitività del nostro sistema economico. La loro forza discende anche dalla compartecipazione di fatto, attraverso la flessibilità, dei lavoratori alle sorti aziendali.
Le piccole imprese sono caratterizzate da alta redditività operativa, ma presentano un grado di indebitamento, principalmente verso banche, più elevato rispetto a quelle più grandi. La vicinanza e la consuetudine di lavoro offrono alle banche locali vantaggi informativi; questi vanno utilizzati per indirizzare il sistema delle piccole imprese verso forme di indebitamento più consone ad affrontare i rischi e le difficoltà derivanti dalla concorrenza internazionale e dall'accentuazione dei cicli economici.
Nel sistema bancario è in atto un processo di selezione che penalizza le aziende inefficienti a vantaggio di operatori dinamici in grado di meglio corrispondere alle istanze della clientela. Per le banche "non grandi", ma ben gestite e radicate nelle realtà sociali e nei poli industriali, permangono le opportunità di utilizzare appieno i vantaggi di cui dispongono, a condizione che sappiano coniugare la ridotta dimensione con il miglioramento dei servizi in termini di qualità e prezzo.
Una soddisfacente remunerazione del capitale è il presupposto per riaffermare i valori del localismo in un contesto concorrenziale e in continua trasformazione.
Nel corso di una recente audizione sul disegno di legge sulle Fondazioni bancarie, in esame al Senato, ho espresso la convinzione che l'ingente patrimonio di cui esse dispongono le rende potenziali protagoniste del settore non profit.
Il necessario ridimensionamento in termini relativi della spesa pubblica offrirà nuovi spazi di attività e maggiore visibilità alle organizzazioni non profit. Se queste utilizzano le risorse secondo criteri di efficienza, la loro maggiore vicinanza ai destinatari dei servizi può assicurare un soddisfacimento più efficace di alcuni bisogni; rappresenta un elemento di vantaggio rispetto al settore pubblico nell'erogazione di alcune categorie di prestazioni.
Una maggiore diversificazione degli investimenti, insieme con la ripresa della redditività delle banche, potrà rendere stabilmente disponibili cospicue risorse per nuove iniziative. Il futuro delle Fondazioni dipende invero dalla capacità di ricomporre l'attivo patrimoniale e dal consenso che sapranno conquistarsi.
Il lavoro parlamentare in corso è altamente positivo. È viva l'attesa dell'approvazione della legge e dell'avvio della predisposizione delle norme delegate. Lo esige la necessità di separare l'esercizio del credito dalle finalità sociali degli enti proprietari; ma la sollecitazione viene anche dal dovere di prepararsi a cogliere le opportunità che nell'attuale contesto possono aprirsi per lo sviluppo del settore non profit, nell'interesse del Paese.
(Estratto dell'intervento alle celebrazioni per il 16O° anniversario della Cassa di Risparmio di Ferrara)