Meraviglie di un'epoca in cui la nazione non esisteva, il popolo, (la "gente") era un'astrazione, ma in cui tutto funzionava secondo il principio della "moltiplicazione di energie" (Asor Rosa), momenti di una vera e propria rivoluzione sociale.
Di certo un momento magico per Ferrara, prezioso crocevia fra irripetibili città di cultura, felice connubio fra mecenatismo colto, politica ed espressione artistica. Oggi, nella società evoluta del Duemila, lontani da quella «perfezione dell'abitare la città», volti verso ambiziose proiezioni europee, siamo sempre più attanagliati dai problemi di macro grandezze economiche, nella ricerca astratta di un benessere avviluppato in indagini statistiche, percentuali di ricchezza, indici di profitto.
Ma, proprio nella ricerca di un criterio omogeneo di sviluppo economico e sociale, nella definizione di uno studio approfondito del territorio di appartenenza, ci si accorge che l'unico indice di crescita è quello scaturito da una evoluzione complessiva di ciascun individuo dell'aggregato di riferimento.
«Io so che ogni rigo letto è profitto.» Le parole di Cristina Campo riprese da un antico adagio cinese (antico, ma di straordinaria attualità) si attagliano perfettamente all'idea che senza sviluppo, evoluzione culturale, non c'è, non ci può essere, sviluppo economico e progresso.
E, proprio oggi, a Ferrara, nella cui struttura poligonale della rivoluzione urbanistica di Rossetti riposa la fulgida memoria di quella «fioritura rigogliosa del teatro e degli spettacoli, della produzione cavalieresca, la vitalità e modernità delle opere pittoriche e architettoniche, testimonianza della straordinaria officina ferrarese» (Lanfranco Caretti), sono maturi i tempi per volgere le energie della comunità intorno a un tessuto connettivo culturale vivo e operoso perché l'idea della città del futuro prenda nel tempo forma e sostanza.
Solo allora "decentramento" e "trasformazione" della politica locale verso un sistema di sinergie e di interventi mirati sul territorio, potrà sviluppare la naturale vocazione atta a ritrovare nelle proprie radici geografiche e culturali un'identità capace di confrontarsi nel rapporto dialettico e simbiotico con le altre (una strategia che potremmo definire di New Communitarism culturale).
La città del futuro non può essere solo una grande e suggestiva platea, «adagiata in quelle vie lanciate ad incontrar le muse, che si perdono poi nella campagna, negli orti sotto le mura» ma deve divenire attrice della propria storia, artefice di una diffusa e reale crescita della persona.
Accanto e insieme ai grandi eventi che oggi attraversano la nostra città, si rende necessario definire e ridefinire strutture permanenti in grado di contenere nuclei progettuali e riflessioni accesi dall'incontro con grandi menti creative del nostro tempo.
Dario Fo e il progetto di un nuovo teatro, proprio qui, nella nostra città: l'allargamento degli spazi dedicati all'arte, con l'acquisizione di palazzo Prosperi e Cesare d'Este; Claudio Abbado e la scuola internazionale di perfezionamento; i laboratori di scrittura, naturale proseguimento delle manifestazioni letterarie internazionali nate sotto l'egida di Roberto Pazzi, possono divenire nuovi strumenti di comunicazione, strade aperte al servizio della comunità dove soprattutto le nuove generazioni possano confrontarsi ed esprimersi.
Finalmente spazi per una viva e attuale concezione dell'abitare, per uscire dalla retorica del pubblico e del privato, e condividere esperienze che siano cosa di tutti; essere in grado di osare e scommettere sulle trasformazioni di perimetri architettonici riconsegnati a una moderna concezione di bellezza, fatta di funzionalità e razionalità, che crea benessere.
Luoghi rimeditati, come potrebbero essere quelli della dismessa caserma di via Cisterna del Follo e del prospiciente edificio cosiddetto della "cavallerizza ", in cui i giovani artisti, ferraresi e non, possano finalmente vivere la libertà del pensare. Una metodologia del realizzare, forza centrifuga in grado di uscire dall'idea espressa dalle imponenti architetture rinascimentali.
Il luogo, quindi, ridefinito e vissuto come naturale mezzo di comunicazione di nuove forze sociali (vedi anche, a questo proposito, l'interessante lavoro che da alcuni anni docenti e studenti della Facoltà di architettura stanno compiendo sul nostro territorio). E pervenire, infine, a una nuova idea di accademia polivalente, di laboratorio ferrarese in grado di confrontarsi con l'attualità, di rendere empiriche e sperimentali riflessioni, incontri, suggestioni, emozioni, capaci di trasformare in bene comune, di ricreare quel valore aggiunto, quel solo e unico profitto che scaturisce da una crescita culturale complessiva di una comunità. Una realtà fatta non solo di storia, ma in grado, attraverso un'intenzione progettuale di continuità viva e attuale, di costruire "qui e ora" la sua propria storia.
Qualsiasi attività dell'individuo, oggi, sia essa scientifica, umanistica, economica, non può prescindere da un'idea allargata del sapere, da un pensiero duttile, in grado di affrontare la variegata e sempre mutante rappresentazione del presente.
Un presente non più complesso di altri momenti storici, ma sicuramente in continuo e (troppo) rapido mutamento. Fotografando l'attualità, si potrebbe aggiungere che l'uomo, a un certo momento della propria evoluzione sociale, ha fatto molto più di quanto ha pensato.
Forti del pensiero innovatore dei primi sessant'anni del Novecento, abbiamo smesso di teorizzare i nostri "progressivi" mutamenti (sono finiti i tempi delle rivoluzioni di pensiero) approdando al fare come unico elemento consolatorio divenuto poi miraggio. Il pensiero, dunque, il pensare, diviene proprio oggi l'unica e vera "entità" perfettibile ad appannaggio dell'uomo libero («La mia occupazione è pensare. Sono giunto a conoscere più sui segreti della vita, di quel che i miei maestri m'abbiano rivelato» - André Gide, Filoctete).
Emblema dell'uomo "d'avanguardia" - solo concettualmente, sradicato, deviante, lucidamente critico verso il sistema totale della società - di colui, cioè, che sta e riesce, nella rete di incontri e di confronti, a costruire il proprio modello in rapporto al quotidiano. Una società, in ultima istanza, compiuta, costruita sull'individuo, dove ognuno, come in una costellazione di pianeti IN perfetto asse tra loro, "girando" intorno a se stesso compie la propria naturale rotazione intorno agli altri.
«Come astronauti privi della certezza della gravità, in perenne movimento, sempre più distanti dal pensiero che ci ha generato, da quel luogo di origine destinato ad allontanarsi, mano a mano, fino a scomparire dall'orizzonte conosciuto, alla continua ed inarrestabile scoperta di nuove realtà...»