L'uomo che faceva cantare le sedie

Scritto da  Dario Favretti

l maestro Veneziani al Teatro Comunale di Ferrara, durante una prova con l'Accademia.Ricordo di Vittore Veneziani, un grande direttore di coro, fra i maggiori musicisti ferraresi di tutti i tempi.

«Alzava il braccio, gli brillavano le lenti a molla; le sue orecchie - minuscole come conchigliette lasciate dalla risacca - si preparavano a controllare la nota; la sua voce roca e rotta, quasi un sibilo o un raschio, suggeriva il timbro e l'ondulazione del suono ...» Termina così il commosso epicedio scritto da Guido Lopez in "Ricordo di Vittore Veneziani" (1), edito a tre mesi dalla morte del maestro, avvenuta a Ferrara il 14 gennaio 1958, nella sua casa di via Mascheraio 23.

A oltre quarant'anni di distanza è senza dubbio doveroso contribuire, anche se con poche modeste pagine, alla memoria del più grande direttore di coro italiano fra le due guerre, tra i maggiori musicisti ferraresi di tutti i tempi; ricordo che, se da un lato vive nell'attività dell'Accademia Corale da lui fondata nel 1955, attende ancora un serio lavoro di indagine musicologica che al suo lavoro compositivo renda merito.

Vittore Veneziani nasce a Ferrara il 25 maggio 1878; è senza dubbio al padre Felice, commerciante ebreo di via Vignatagliata, corista per diletto e appassionato di musica, che si deve la precocità della vocazione del figlio, subito iscritto al Frescobaldi; quasi inevitabile il passaggio al Liceo Musicale di Bologna per studiare composizione, corso non ancora attivato nel giovane istituto musicale cittadino, sorto come Scuola Comunale di Musica appena nel 1870.

A Bologna, Veneziani studia con Giuseppe Martucci, direttore del liceo e musicista tra i più avanzati in Italia, tutto proteso alla riscossa della musica strumentale sull'imperante melodramma. Degli anni bolognesi (1895) è, per esempio, un'interessante esercitazione scolastica: l'operina I due professori, su testo dell'amica di famiglia Egidia Ferrari, curiosamente rivolta a uno strumentale a pizzico (mandolino, mandola e chitarra - con ogni probabilità strumenti di uso quotidiano a casa Veneziani).


Vincenzo Veneziani alla Scala.Da questi esordi, l'attività di Veneziani compositore prosegue con tre impegnative e più ambiziose cantate, Cantata di Calen d'Aprile (1898), Il convegno degli spiriti (1899) e Adelchi (1901), che gli frutta il primo premio al concorso bandito dal Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, per specializzarsi, poi, in un genere peculiare e assai poco italiano come quello del melologo.
«Passeggiando una mattina presso il castello di Ferrara, incontrò Gualtiero Tumiati, anche lui giovane, e concittadino, fratello di Domenico, di cui Zanichelli aveva pubblicato la lirica Badia di Pomposa, lodata anche dal Carducci» (2).

 

Da questo incontro e, forse, da stimoli didattici direttamente riconducibili all'insegnamento di Martucci, nasce il primo dei melologhi scritti da Veneziani su testi di Tumiati: il genere - di origine francese (Rousseau), ma di schietta tradizione germanica - prevede, come è noto, l'alternanza e la sovrapposizione di un testo recitato a una parte musicale. Quattro furono gli esiti della collaborazione fra Tumiati e Veneziani; oltre alla già citata Badia, Emigranti (1901), La morte del Boiardo (1903), e La Parisina (1910) che conobbe anche l'onore di una rappresentazione a corte, per desiderio della Regina Margherita, presenti Fogazzaro e Sgambati.

Ma era destino che l'attività di Veneziani, dopo qualche tentativo nel campo dell'opera (una, inedita, dedicata a Pergolesi è La leggenda del lago, rappresentata a Venezia l'otto febbraio del 1911), dovesse avviarsi con sicurezza e successo all'insegnamento teorico e pratico della coralità. Vediamo, infatti, «il maestro che faceva cantare anche le sedie» a capo delle locali Corale Orfeonica e Bellini già nel 1901, del Coro del Teatro Comunale di Ferrara, nella Stagione di Carnevale 1903, organizzata per la municipalità dall'impresario Delfino Legnani: in cartellone i due titoli verdiani I Lombardi e Aida con Germania di Franchetti (sul podio, il giovane Tullio Serafini).

Sempre al Comunale, Veneziani dirige i cori della Stagione di Primavera, con Traviata, Trovatore e Fedora di Giordano, e quelli della Stagione di Carnevale dell'anno successivo (Otello, Manon Lescaut e Rigoletto). Dal 1905, il maestro ferrarese passa alla Fenice e gli tocca subito il Sigfrido del non troppo amato Wagner; nel 1907, a Venezia - dove Veneziani si segnala nella direzione di masse corali infantili di duemila unità, in piazza San Marco - Ermanno Wolf Ferrari gli affida la docenza di Canto Corale al Conservatorio Benedetto Marcello; nel 1913, come scrive Guido Lopez, «addio alla laguna; Veneziani si trasferisce a Torino, docente nella Scuola Municipale di Musica e istruttore di cori al Teatro Regio. Ma con puntate milanesi; per esempio, quella dell'autunno 1915, quando un programma del Dal Verme lo vede direttore dei cori per la stagione» accanto a Caruso, Bonci, alla Muzio e alla Storchio, direttore Toscanini. Incontro di fondamentale importanza, perché sarà proprio il maestro parmigiano a chiamare Veneziani alla Scala per farlo esordire come direttore di coro nella Stagione di Carnevale 1922, con Falstaff.

L'accettazione dell'incarico comporta un doloroso e travagliato distacco dall'ambiente di Bologna, dove nel frattempo Veneziani si era stabilito, insegnando Canto corale alla Scuola municipale (3) e fondandovi i Cantori Bolognesi, scelto ensemble di dodici coristi volto alla polifonia classica, la vera passione del maestro. All'impegno milanese farà seguito la totale rarefazione dell'attività compositiva e un'umile interpretazione del proprio compito, quasi eccessiva, secondo Franco Abbiati (4): «arrivava al proscenio saltellando come i miopi, si sentiva a disagio tra i direttori d'orchestra e di scena, piccolo tra le prime donne e i tenori, stirava larga la bocca smisurata in un sorriso di compiacimento e di terrore. Poi chinava il capo spiando l'attimo di riparare oltre il velario, al sicuro.»»


L'attuale formazione dell'Accademia Corale Vittore Veneziani.Per il resto, il periodo della permanenza milanese è capitolo già sovente esplorato: la rotondità e bellezza subito conseguite dal suono del coro sotto la sua cura; i trionfi di partiture complesse come Boris, Debora e Jahele, Peter Grimes; la tragica parentesi delle persecuzioni razziali (dal novembre 1938 Veneziani fu «licenziato dall'incarico perché di razza ebraica», riscuotendo attestati di solidarietà da tutto il mondo musicale milanese); il trionfale ritorno postbellico, quando, il 28 novembre 1945, fu proprio il suo concerto corale al Lirico di Milano a costituire la prima manifestazione per ricostruire la Scala.

 

Ma nemmeno il periodo dell'emarginazione razziale riesce ad arrestare l'attività direttoriale di Veneziani che dal 1941 vediamo a capo del Coro della Scuola Israelitica di Milano e, esiliato in Svizzera, addirittura a quello della Chiesa di Roveredo Grigioni: un'occasione per riprendere la sua opera di compositore e trascrittore, mettendo mano a una nuova messa, ai suoi amati canti regionali italiani e, soprattutto, a quella suite israeliana che, incisa nel dopoguerra per la Philips, diventerà i celebri Canti spirituali d'Israele.

Quanto alla Scala, il "Toscanini dei cori" vi rimarrà per altri otto anni, sino al pensionamento, nel 1954. Il 1955 è un anno fondamentale nella riorganizzazione post bellica della vita musicale ferrarese: viene costituita l'Orchestra Stabile della Provincia di Ferrara, con direttore artistico Riccardo Nielsen, in quegli anni a capo del Liceo Musicale Frescobaldi, direttore musicale Alfredo Gorzanelli e segretario organizzativo Giordano Garbini.

Il Comunale è chiuso dal 1950 e tale rimarrà per restauri dai danni bellici sino al 1964; per questo intero periodo l'orchestra programma «regolarmente stagioni in città e provincia» (5), integrando la già cospicua offerta ferrarese: nel dopoguerra l'opera si va a vedere al Verdi e i concerti si ascoltano grazie alla Società costituita nel 1946 da Renzo Bonfiglioli, che sino a tutto il 1955 porterà a Ferrara oltre cento tra solisti e complessi di livello internazionale.

Ed è sempre Bonfiglioli a svolgere, in quell'anno, un ruolo chiave nella fondazione dell'Accademia Corale Città di Ferrara che all'amministrazione comunale e al suo giovane assessore alle Belle Arti, Mario Roffi - autentico motore culturale cittadino, che presiederà l'Accademia per quarant'anni - era parso inevitabile costituire per il Maestro Veneziani, a riposo dalle fatiche scaligere e definitivamente riacquistato alla città.

L'esordio in pubblico è immediato: in apertura delle manifestazioni culturali estive 1955 del teatro all'aperto nel cortile del Palazzo dei Diamanti, l'Accademia propone con enorme successo un'antologia di quei cori verdiani - da Nabucco a I due Foscari, da I Lombardi a Macbeth, da La battaglia di Legnano a Ernani - che dell'attività milanese di Veneziani avevano costituito il pane quotidiano.
Da allora, Vittore Veneziani dirigerà l'Accademia Corale Città di Ferrara sino al 27 settembre 1957 (Concerto di musiche corali a Portomaggiore), specializzandone il repertorio nella polifonia classica religiosa e profana, sue antiche passioni, grazie alla costituzione interna di uno scelto gruppo di madrigalisti.

Orientamenti che nell'Accademia Corale - a suo nome intitolata dal 1958 - vivono ancora oggi grazie all'opera dei successori di Vittore Veneziani, Emilio Giani e Pierluigi Calessi, direttore musicale dal 1980. Negli ormai compiuti quarantacinque anni di vita, l'Accademia Corale Veneziani ha ottenuto riconoscimenti a concorsi nazionali e internazionali di indubbio prestigio, con centinaia di concerti in tutta Italia, Europa, Stati Uniti e Israele.


L'attuale formazione dell'Accademia Corale Vittore Veneziani.Difficile riassumere in breve un'attività di così consistente portata: forse, alcuni concerti, ancora vivi nella memoria di molti coristi, spiccano su altri, come quello promosso da Renzo Bonfiglioli alla parigina Salle Pleyel, il 29 giugno 1959 (l'"Avis de Paris" scriverà di «un complesso di prim'ordine, sotto l'alta direzione di Emilio Giani»), la Missa Hercules Dux Ferrariæ di Des Prés, portata nel 1962 alla Sagra Malatestiana di Rimini e, nel 1997, su richiesta del vescovo della città, ad Avignone; un memorabile concerto a conclusione della Pasqua ebraica, a New York, nel 1992, con la Corale Veneziani ospite della Sinagoga della B'NAI YESHURUM Congregation e il pubblico in tripudio; il Requiem op. 48 di Fauré eseguito nel 1982, con Pierluigi Calessi direttore del coro, all'Abbazia di Pomposa, nella Chiesa dei Teatini e al Teatro Comunale di Ferrara.

Certo, la Veneziani - dalla morte di Mario Rolli presieduta da Geri Bonfiglioli, figlio di Renzo - è ancor oggi punto di riferimento costante nella vita musicale ferrarese, tale da rendere pieno conto degli intenti del suo fondatore: «Non basta coordinare, mantenere i tempi, insegnare lo spartito: è il suono particolare delle voci, la qualità che bisogna ottenere. In questo il compito del maestro dei cori è più arduo e impegnativo di quello del direttore d'orchestra: si tratta di ricavare da voci grezze e incolte degli strumenti perfetti» (6).

Note

1.  Guido Lopez, Ricordo di Vittore Veneziani ne ''La rassegna mensile di Israel", vol. XXIV, n. 4, Dante Lattes editore, Venezia aprile 1958.
2.  A. Della Corte, "È morto Vittore Veneziani", Corriere della Sera, mercoledì 15 gennaio 1958, pag. 3.
3.  Al Liceo Musicale, invece, secondo Mario Dotti, "Ricordo di Vittore Veneziani", [Il Resto del Carlino], s.d.
4.  IN Lopez, op. cit. pag. 159.
5.  Paolo Natali e Gianni Stefanati, Le presenze orchestrali a Ferrara dalla fine del Settecento al Novecento IN "Orchestre in Emilia-Romagna nell'Ottocento e nel Novecento" a cura di Marcello Conati e Marcello Pavarani, OSER "Arturo Toscanini", Parma 1982.
6.  Pier Maria Paoletti, "La mia prigione dorata", Il Resto del Carlino, Bologna 14 gennaio 1955.

Da Dario Favretti