Il pittore della luce

Scritto da  Gianni Venturi

Gaetano Previati, Cesare Borgia a Capua, Forlì...Una mostra milanese rende finalmente giustizia a uno straordinario pittore ferrarese: Gaetano Previati.

Una grande mostra al Palazzo Reale di Milano, nella primavera scorsa, ha rilanciato a livelli europei la pittura di un artista ferrarese: Gaetano Previati. Peccato che l'ispirazione non sia venuta alla sua città natale che, tuttavia, nel 1969 gli ha dedicato un'importante retrospettiva a Palazzo dei Diamanti.

La qualità delle opere esposte, la collocazione nelle sale, il catalogo hanno finalmente reso giustizia a un artista che, in vita, ebbe un successo assai contrastato e che, nel secondo dopoguerra, venne messo in disparte da revival più fortunati e alla moda nell'attenzione critica: futurismo, espressionismo e, in epoca ottocentesca, i macchiaioli, sull'onda della travolgente avanzata dell'impressionismo.


Se è vero che, spesso, la fortuna postuma di un pittore o di una scuola è in gran parte ascrivibile al mercato e, di conseguenza, anche alla revisione del valore economico, dopo una prima fase di alte quotazioni, negli anni Venti, per Previati si è dovuto aspettare da una parte la sistemazione critica del simbolismo e, pour cause, prima quello francese, poi quello italiano, la consacrazione a livello mondiale del pointillisme e, infine, le ricerche sul divisionismo iniziate negli anni Sessanta.


Gaetano Previati, Gli Ostaggi di Crema, Milano, Pinacoteca di Brera, in deposito presso il Museo Civico di Crema.Come si vede, un cammino difficile che, tuttavia, ha portato al progressivo accostamento del pittore ferrarese ai grandi movimenti europei d'inizio secolo. Non a caso, ora si può avanzare un'ipotesi che, solo negli anni Ottanta, Mimita Lamberti poteva ritenere perlomeno arrischiata, cioè quella di paragonare la pittura di Previati al simbolismo francese o proporre paralleli non solo con la produzione poetica di un altro ferrarese, Domenico Tumiati, eclettico e interessantissimo scrittore pochissimo conosciuto ai nostri giorni, ma addirittura con il massimo rappresentante del simbolismo poetico nostrano: Giovanni Pascoli.

E si pensi a Pascoli per l'evidentissima consapevolezza di una poetica comune che insisteva sul mondo degli umili, sulla importanza di risonanze profonde al di là e oltre l'aspetto più evidente del soggetto rappresentato o cantato, sulla consapevolezza di un mistero in cui la parola o il pennello dell'artista potevano squarciare il buio che ci circonda per consegnare la rappresentazione di una realtà frammentata e incompleta.

Non è stata una vita facile quella di Gaetano Previati. Nasce in una decorosa famiglia ferrarese piccolo borghese, nel 1852; sviluppa una vocazione pittorica, seguita da un non ignobile pittore come Pagliarini; dopo gli studi iniziati a Firenze, si trasferisce a Milano; a Brera, si iscrive ai corsi liberi di nudo con il Bertini; conquista la notorietà con un quadro, Gli ostaggi di Crema, che nel 1879 vince il premio Canonica per la pittura di storia.


Gaetano Previati, L'haschish (Le fumatrici di haschish), Carpi, collezione privata.Il successo di questa grande e drammatica macchina pittorica, intrisa di tutte le velleità di un genere ormai sfibrato e ripetitivo che ricercava la novità in uno psicologismo di alta natura morale, in un patetismo che mescolava gli echi del romanticismo storico con l'uso dell'atmosfera e dei colori tenebrosi, non venne replicato da altri e complessi quadri di pittura storica, come il Cesare Borgia a Capua, del 1880, o di esotismo maudit, come L'hashish, del 1887.

Il tranquillo pittore ferrarese è attratto, nella vita culturale della Milano fine secolo, dal movimento degli scapigliati, dall'inquieta e confusa protesta che sorgeva nella realtà industriale del ricco nord, e dalla consapevolezza di una religiosità che mescola il tema del sacro con i diritti di quel quarto stato che, di lì a poco, Pelizza da Volpedo avrebbe efficacemente rappresentato.

Ma è solo con l'adesione al divisionismo e con l'esposizione di Maternità che la pittura previatesca imbocca la sua strada e si pone tra le esperienze più alte del periodo in Europa. Il quadro suscitò uno scandalo alla Triennale del 1891 non solo per il soggetto, ma anche per la tecnica usata: un accostamento di fili di colore che accompagnano l'andamento sinuoso della madre china sul bambino, a loro volta circondati dai raggi luminosi delle ali degli angeli.

L'adozione meditata e matura alla poetica e, quindi, alla tecnica del divisionismo (oggetto di due manuali scritti da Previati: La tecnica della pittura, 1905; e I principi scientifici del Divisionismo, 1906) rivela nel pittore, non solo una consapevolezza tecnica delle leggi "scientifiche" del colore e delle sue proprietà, ma anche una capacità teorica del fare artistico superbamente esemplata nel capolavoro divisionista.


Gaetano Previati, Il Sogno, collezione privata.Nella ancora insuperata monografia di Nino Barbantini su Previati, un lussuoso volume del 1919 in soli seicento esemplari, il critico, tra gli amici più fedeli del pittore ferrarese, traccia una teoria del divisionismo che ancora oggi può essere accettata e ne trae un parallelo con la sperimentazione di Previati di alta suggestione. Il pittore divisionista, scrive Barbantini, ricerca una tavolozza che esprima una maggiore luminosità, difficile da ottenere con i colori impastati e quindi "sporchi".
Applicando le ricerche sulla composizione dei colori, diffuse in Italia dal pittore Vittore Grubicy, fratello di Alberto, futuro mercante di Previati, l'accostamento dei colori complementari a punti o a strisce restituisce il colore composto più brillante e luminoso.

 

A differenza della tecnica pointilliste, il colore si allunga e si torce in strisce di luce che, accostate l'una all'altra, vibrano in una specie di pulviscolo luminoso che diverrà, ben presto, la cifra stilistica più conosciuta dell'artista ferrarese.

Basterebbe un quadro come Maternità, o come la Madonna dei Gigli dell'anno successivo, a far la gloria di Previati. Maternità, misconosciuta nell'esposizione milanese, conoscerà un contrastato successo l'anno successivo, a Parigi, al Salon dei Rose-Croix, la società misteriosofica che tanto ha influenzato la pittura simbolista. Nell'accostamento simbolo-tecnica divisionista, Previati intende portare alla luce quella realtà segreta delle cose che De Chirico avvertirà come una premessa alla metafisica.


Gaetano Previati, Maternità, Novara, Collezione Banca Popolare di Novara.Il colore diventa l'espressione e la rivelazione del simbolo: è, come scriveva il suo amico Vittore Grubicy, il tentativo di dar forma alle idee piuttosto che alle emozioni e ai sentimenti, come era per il naturalismo e l'impressionismo. Il quadro doveva esprimere l'idea della maternità attraverso l'adozione del simbolo esaltato dalla tecnica divisionista che crea quel movimento turbinoso tipico della grande pittura previatesca, come per Il Sogno che si ricollega al Paolo e Francesca e che rivela tutte le possibilità della poetica simbolista: l'onirismo come condizione privilegiata della visione simbolista esaltata dalla tecnica divisionista.

 

Basterebbe, a questo punto, fare il nome di Klinger, ma anche di uno scrittore come Schnitzler il cui Doppio sogno, tornato di attualità con l'ultimo film di Kubrick, ebbe una prima formulazione nel 1907. La grande stagione di Previati coincide con quella simbolista e risente fortemente delle suggestioni letterarie di quel movimento. Tra le sensazioni che il simbolismo vuole evocare c'è il senso del vago, dell'inesprimibile, un concetto che si rifà al settecentesco "non so che", una delle idee forza del paesaggio romantico.

In una lettera al fratello del 30 gennaio 1893, Previati cerca di descrivere l'assunto della Madonna dei Gigli: «ho preparato anche una tela della stessa dimensione del quadro dato alla Permanente l'anno scorso - e la credo una trovata che farà maggiore effetto - ma non vi può essere questo senza lavoro intenso senza forma resa intensamente. Descrivere il soggetto è distruggerlo. Una madonna col bambino e un prato di gigli. Ma l'effetto viene dalla proporzione dal tono - dalla luce, da un "non so che" che, invano, si rintraccia nei soggetti religiosi del passato e che proviene dalle stesse sorgenti se pure sono arrivato a conoscere me stesso e non restare illuso dalle debolezze d'autore.»


Gaetano Previati, Madonna dei Gigli, Milano, Civica Galleria d'Arte Moderna.Vi è, dunque, una radice romantica alla base della ricerca pittorica di Previati, una radice che si complica col problema della resa della luce, la cifra stilistica di queste grandi composizioni; una luce che non è solo la luce del plein air impressionista, ma è la luce dell'idea, la luce platonica che è visione e, quindi, conoscenza intellettuale.
Luce e "non so che" altro non sono che gli attributi della bellezza. Non a caso Previati sarà chiamato "il pittore della luce", una luce inaudita a quei tempi, che serve per evidenziare il simbolo, luce intellettuale e, quindi, luce soprattutto religiosa.

 

E'  proprio la luce estratta e spremuta dalla tecnica divisionista che crea quel turbinoso sfarfallio del colore, la cifra stilistica di capolavori come Il Sogno o Il giorno sveglia la notte.

Previati ritorna sul tema nella lettera al fratello del 9 febbraio 1893, dove così scrive, riferendosi alla Madonna dei Gigli: «Vado accarezzando il pensiero che non trovo di meglio di intitolarlo Luce. Se mi riesce l'effetto pittorico che tento è il suo nome più adatto né mi parrebbe sconveniente anche nel senso allegorico».

Nella piena maturità, Previati saggia in modo quasi ossessivo il problema della luce, come nel quadro bellissimo della Danza delle Ore, del 1899, ma, soprattutto, nell'importante ciclo pittorico de Il Giorno, del 1907, dove il tema e il problema della luce diventano il soggetto del quadro, per cui a ragione il Barbantini accostava le suggestioni dell'ora meridiana alla poesia dannunziana.


Gaetano Previati, La Danza delie Ore, Milano, Collezione Fondazione Cariplo.Un problema, questo, che non solo investe i protagonisti della stagione decadente, ma che si propone anche ai rinnovatori della poesia e della pittura d'avanguardia: al Montale delle parvenze "falbe" di Ossi di seppia o ai grandi temi della poetica metafisica di De Chirico o del primo De Pisis.
Se è facile proporre un parallelo Previati-D'Annunzio sul grande tema della luce, è altrettanto agevole limitare il dannunzianesimo di Previati, ascrivendolo più a una diffusa comunanza di interessi che a una similarità di poetiche.

 

D'Annunzio ha saputo anche interpretare un pittore e la pittura del suo tempo: Andrea Sperelli, il protagonista de Il piacere, è un pittore; gli amici di D'Annunzio, i suoi seguaci-pittori, si chiamano De Carolis, Sartorio e, soprattutto, Michetti.
Certo, la luce è uno dei temi fondamentali del simbolismo, ma la dorata luce previatesca non appartiene alla dissoluzione panica dell'ora meridiana di D'Annunzio, più conseguentemente interpretata da De Chirico.

 

Si sa, del resto, che l'Immaginifico non s'interessò mai alla pittura di Previati. Caso esemplare, la decorazione di una sala da musica commissionata nel 1908 da Alberto Grubicy per l'abitazione milanese della figlia ed esposta a Parigi al Salon d'autumne.

Tramite Toscanini, nel 1920, Grubicy la offerse al vate per il Vittoriale, ma venne messa in un deposito e ivi restò fino alla morte del poeta. Solo dopo la scomparsa del pittore, Arrigo Minerbi, lo scultore che scolpì la sua maschera funebre, s'interessò affinchè fosse trasferita al Vittoriale e collocata in un magazzino.


Gaetano Previati, Il Giorno sveglia la Notte, collezione privata.L'alta qualità delle opere, del resto, poco doveva interessare D'Annunzio, se, come riferisce la scheda del catalogo milanese, il poeta si affidò al giudizio del direttore di Brera, piuttosto limitativo: «l'artista sembra mosso quasi alla caricatura del suo stile». Solo la mostra milanese ha potuto reinserire nel percorso previatesco quei dipinti che già furono esposti a Ferrara nel 1969. Potremmo allora pensare a un rapporto tematico, come per il caso esemplare della leggenda di Ugo e Parisina, da D'Annunzio inserita nella trilogia dei Malatesti ed evidentemente sollecitata dal poemetto di Domenico Tumiati (e di quelle conversazioni e del debito esplicito di D'Annunzio allo scrittore ferrarese fa fede la dedica di un lussuoso esemplare delle Laudi in collezione privata ferrarese).  La tragedia dannunziana fu musicata da Mascagni.

 

Nel 1913, Sonzogno pubblica la Parisina con un'interessante soluzione editoriale: il testo di D'Annunzio, la musica di Mascagni, le illustrazioni di Previati; ma una volta tanto, fra i tre, la resa migliore viene dai quadri di Previati. Del resto, il soggetto della Parisina non è nuovo per il pittore. Il precedente è ascrivibile, come si è detto, al melologo Tumiati, per il quale egli illustra sei "quadri" che commentano la fosca vicenda estense.


Gaetano Previati, Il Giorno (trittico) - 1, Milano, Camera di Commercio, Industria, Artigianato di Milano.Il "quadro" che qui si pubblica per la prima volta dopo la monografia di Barbantini, (ora in collezione privata ferrarese), è titolato Trovatori e rappresenta un gruppo di cantori che intonano una canzone alla marchesa che si affaccia al balcone di un castello che ricorda quello estense. La raffinatissima tecnica divisionista che accosta le righe di una matita tenera al bianco della carta in righe filiformi di straordinaria resa luminosa, esalta nel pulviscolo della luce lunare le forme che escono come proiettate nella dimensione onirica. Tutto, dalla costruzione della scena al soggetto, dalla povertà voluta dei due colori fondamentali, bianco e nero, alla resa luministica, ci fanno capire che il disegno non è preparatorio al quadro, bensì opera autonoma, forma di espressione complementare alla pittura, ma non soggetta o dipendente. Il saggio di Flavio Fergonzi, nel catalogo della mostra milanese, mette ben in luce questa indipendenza del disegno dalla pittura.


Gaetano Previati, Il Giorno (trittico) - 2, Milano, Camera di Commercio, Industria, Artigianato di Milano.«Vivo Previati, i suoi disegni più grandi e rifiniti sono stati famosi, frequentemente esposti e illustrati negli articoli a stampa. Specie dopo il contratto di esclusiva con Alberto Grubicy, del 1899, la sezione di grafica non si limitava a chiudere, come una appendice di tono minore, la selezione espositiva, ma ne costituiva in certi casi il punto focale». Si fa luce, quindi, su un nuovo aspetto dell'arte previatesca che viene rivalutata non solo nelle grandi opere illustrative, come i capolavori dei disegni per l'edizione dei Promessi Sposi o per i Racconti di Poe, ma proprio nella qualità, altissima qualità, del segno di Previati così violentemente osteggiato dai contemporanei. Trovatori è una conferma di questa nuova interpretazione della complessa personalità artistica di Previati, un autore che ha saputo intuire e perseguire anche le possibilità non solo commerciali, ma soprattutto di espressione che il disegno poteva offrire.

 

Gaetano Previati, Il Giorno (trittico) - 3, Milano, Camera di Commercio, Industria, Artigianato di Milano.La stessa propensione a riprendere in epoche diverse lo stesso soggetto si esprime non solo per la pittura, come accade nel caso famoso della Cleopatra, ma anche nei disegni, tanto da permettere di considerare l'opera grafica indipendentemente dal soggetto pittorico di cui avrebbe dovuto essere solo la fase preparatoria. La consapevolezza di questa novità induce Previati a esporre cicli interi dei suoi disegni, come nel 1891 alla Famiglia Artistica milanese quelli per i Racconti di Poe, o in altre occasioni consimili.
Ritornando a Trovatori, Barbantini, che lo data 1902, così scrive, forse non avendo intuito l'audacia della soluzione divisionistica, ma rilevando la qualità dell'opera, tanto da pubblicarla nel testo: «Tra i disegni per il poemetto che gli forniva degli spunti indeterminati e di natura lirica, quello del Castello di Ferrara nella luna coi trovatori che cantano e la duchessa che s'affaccia è una soavissima visione romantica».

 

Gaetano Previati, illustrazione per i Racconti straordinari di Edgard Allan Poe.A questo punto, mi pare si possa avanzare un'ipotesi interpretativa che fa leva proprio sulla originale convergenza tra simbolismo e divisionismo. Se si può applicare a questi due movimenti una griglia di riferimento tale da permetterne una lettura retorica, potremmo allora intendere che, per Previati, l'adesione al divisionismo significava regolamentare la resa della visione fondandosi sul problema della luce, mentre l'adesione alla poetica del simbolismo esprimeva l'urgenza di cercare nuove figure del discorso poetico, appoggiandosi proprio alla lingua (pittorica) rinnovata del divisionismo; una lingua che, comunque, aveva per scopo primario quella di sciogliersi nella musica, nella vaghezza senza confini di una musica, l'unica arte capace di afferrare l'indeterminato, come da una parte insegnava Wagner e, dall'altra, Debussy (per usare dei paragoni abbastanza banali).

È l'aspirazione all'estetismo che in fondo a ogni azione o rappresentazione cercava prima di tutto la bellezza (e che Previati la chiami "idea" non sposta di molto il problema); è quella ricerca lenticolare che Pascoli teorizzava nel fanciullino che riduce alla sua dimensione il grande e allarga la visione del piccolo fino alla notomizzazione del particolare.

Se si osservano i bellissimi quadri di fiori dipinti da Previati, è, prima di tutto, la scelta dei fiori a essere debitrice di un progetto culturale che associa alle sempre imperanti rose i modesti fiori di orti e giardini familiari: margherite, dalie, iris, crisantemi. Fiori che perpetuano l'idea di una quotidianità in cui è possibile rintracciare il senso del mistero e della vita. Come scrive Giorgio Nicodemi nel suo L'opera religiosa di Gaetano Previati, (Milano s.d., ma 1917, come leggo nella dedica dell'esemplare in mio possesso, non 1918, come nella bibliografia del catalogo milanese), i fiori dipinti da Previati sembrano svelare la loro natura segreta.


Gaetano Previati, I Trovatori, Ferrara, collezione privata.«Ed il Previati mescola la loro poesia alla realtà e al sogno: e la significazione loro veste di una purezza strana che penetrare è pena ed è riposo, tanta dolcezza ne riveste le forme.» Nel Sogno al prato di margherite si accompagna un movimento ascensionale che inizia la linea a serpentina dei due amanti, un serto di fiori da cui spunta una malva così simile all'aspetto alla digitale di Pascoli, fiore-simbolo di una rivelazione sessuale, di una consumazione del sesso che spezza l'innocenza.

Ma, ancora, fiori che il post-impressionismo ha consacrato per la flessuosità della linea al coup de fouet, al colpo di frusta che annuncia il liberty imminente: il giglio, l'iris, emblemi e simboli di una natura vivente che si mineralizza nel colore del bronzo o offre l'elegante curva di una linea della mente che riporta questa pittura più che nell'ambito della natura morta a cui, come ben è stato detto, questi quadri appartengono, al simbolo che essi vogliono e debbono esprimere.

In questi fiori la ricerca del simbolismo verso le proprietà della musica per rendere, come scriveva Contini, «L'indefinito, l'impalpabile, l'effuso», si legittima anche in Italia. Previati, con i suoi filamenti di colore, con quella luce vespertina che ricorda il bronzo e la polvere dorata, con quella poetica del vago che da forma alla luce-colore, ricercherà nelle sue opere migliori nient'altro che una intonazione musicale.