Piccole, ma preziose

Scritto da  Jadranka Bentini

El Greco, Episodi della Passione di Crlsto, Ferrara, Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara.Le quattro tavolette della collezione Sacrati Strozzi, acquistate dalla Fondazione e in deposito presso la Pinacoteca Nazionale di Palazzo dei Diamanti, sono state definitivamente attribuite a El Greco.

Ricompaiono, ammantate di nuova luce, le quattro tavolette, un tempo Sacrati Strozzi, acquistate nel 1994 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara con l'attribuzione incerta al grande El Greco.

Il 1994 fu annata da ricordare per il patrimonio artistico ferrarese, arricchito esemplarmente da un non esiguo gruppo di dipinti (ventitré, per l'esattezza), apparsi all'asta Sotheby's quale "tranche residua" della storica raccolta Sacrati Strozzi, così come era venuta infoltendosi nel tempo fiorentino della sua vita.

 

 

Già nel 1992 si trovavano in pinacoteca i dipinti ex Sacrati, assegnati alla città estense a seguito dell'applicazione della legge 512, dopo un'appassionata quanto apprezzabile battaglia fra partigiani di Ferrara e partigiani di Firenze - capeggiati, questi ultimi, da Antonio Paolucci, assertore convinto della destinazione agli Uffizi per ragioni storico-anagrafiche della collezione come per visibilità critica.

Si trattò di una nobile gara, argomentata lucidamente, che vide Ferrara premiata a risarcimento delle profonde ferite inferte per secoli alle sue collezioni, quelle pubbliche e quelle private, queste ultime ancora più illustri e segrete. Fu assai meno fortunata la vicenda della assegnazione dei dipinti della collezione Santini allo scoccare del 1900, quando il Ministero del nuovo regno unito assegnò alle Gallerie Nazionali di Milano, Modena, Napoli e Roma le opere acquistate sul mercato antiquario provenienti dalla raccolta, ignorando le invocazioni ferraresi, giudicate troppo municipaliste anche dallo stesso Adolfo Venturi, membro della commissione aggiudicatrice.


Un particolare delle tavolette del maestro cretese.Nel 1992, si trattò, in sostanza, di una vittoria significativa per lo stato italiano, più unica che rara, si potrebbe dire, alla luce dei deludenti esiti sul piano nazionale della legge Scotti, favorita da un settore, ma avversata da un altro, quello delle Finanze che, giustamente, dal suo punto di vista ha sempre voluto incassare denari dalle eredità, non opere d'arte. Proprio Antonio Paolucci (e con lui Evelina Borea) diedero prova di grande generosità seguendo con entusiasmo le sorti di quel segmento di raccolta passato a Ferrara, come del secondo acquisto della Fondazione, dopo il vincolo ministeriale apposto in ragione del suo eccezionale valore storico artistico. Si veniva così a ripercorrere una volontà aggregativa fra Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e Fondazione, fatta discendere dalla genesi stessa della celebre raccolta di Max Sacrati Strozzi, tutta pensata e costruita a Ferrara all'epoca delle vendite antiquariali di metà secolo.

 

Fra i dipinti del Dosso, dello Scarsellino, del Cagnacci, di Palma il Giovane, di Luigi Crespi, erano così apparse le quattro tavolette raffiguranti quattro scene della Passione di Cristo: la Lavanda dei piedi, l'Orazione nell'orto, Cristo davanti a Pilato e la Crocifissione, arrotondate tutte nella sommità, sicuramente parti di un trittico simile al più noto esemplare della Galleria Estense di Modena, firmato dallo stesso Theotocopoulos.


Un particolare delle tavolette del maestro cretese.È ben vero che nel vecchio inventario del 1850, attestante la consistenza della raccolta di Max Sacrati, le tavolette figuravano sotto il nome di Luca di Leyda, passato in quello, pur dubitativo, di El Greco nel catalogo Sotheby's. La ricostruzione del polittico originario è stata avanzata convincentemente tanto dagli operatori del restauro quanto da Constantinus Kitromilieles, al quale si deve una rivalutazione complessiva del nucleo, alle luce anche dei confronti operati con le altre opere giovanili del maestro, apparse nell'anno in corso alla mostra monografica dedicata al cretese da ben tre diverse città europee: Madrid, Roma e Atene.

 

Un tenore pittorico non sempre sostenuto dallo stesso livello aveva indotto Sergio Mannelli, estensore della scheda nel catalogo della mostra "La leggenda del collezionismo", a ipotizzare interventi diversi, favorendo così una attribuzione più di ambito che di mano diretta del maestro: una formula dubitativa, dettata dalla cautela che una lunga esperienza di saggezza suggerisce a chi intravede giustamente l'ingerenza quasi assoluta della stampa d'epoca nell'iconografia dei dipinti, realizzati all'ombra dell'universo circolante delle incisioni di maestri riconosciuti del bulino.

Ma è proprio dalle incisioni, dalla loro forza di penetrazione o dalla facilità di reperimento, che i cretesi del Cinquecento trassero canoni di modernità e di aggiornamento sulla cultura occidentale - massimamente veneziana -, come ci avverte lo stesso Kitromilides nel bel saggio di apertura al catalogo del Greco. Un esercizio di stile che anche il giovane Theotocopoulos praticò a supporto di idee più attinenti alle figure di maestri quali il Bassano, da lui invocato nella piccola tavola con l'Adorazione dei pastori, del Museo Benaki di Atene, assai simile alle nostre.


f11_84_popupMa è l'utilizzo dei modelli incisori (da Dürer a Marcantonio Raimondi, da Giovan Battista Franco a Enea Vico fino a Giovanni Battista d'Augelli) in modo eclettico e cromaticamente vibrato, tutto giocato su di un movimento continuo e fluido rinforzato anche da pennellate vigorose e definite per enfatizzare i contrasti di luce e di ombre, così assimilabile a quello del trittico modenese, che rende più che probabile l'ascrizione al giovane cretese, entro quel percorso di trapasso fra tradizione isolana e novità lagunare al suo primo apparire in Venezia.

 

Il manierismo veneto assume, in queste opere, come sottolinea lo stesso Kitromilides, uno spessore di grande originalità, rispetto alla produzione cretese del maestro, ancora giocata sulle miniature e i piccoli formati di Marcos Strelitzas-Bathas e di Georgios Kionzus.
Anche gli elementi tecnici del tutto simili a quelli delle opere cretesi non sono secondari per il giudizio critico delle operette che si attestano fra i prodotti giovanili più interessanti, sul 1567-1568. Insomma, è dispiegata nelle tavolette una sapienza di riferimenti e di allusioni che solo un grande ispirato avrebbe potuto adottare.

Calcolando l'esiguità dei dipinti di El Greco oggi riconosciuti in Italia, l'acquisizione ferrarese suona oggi ancora più convincente e lodevole. Merito di Max Sacrati Strozzi avere fiutato un piccolo capolavoro o piuttosto solo la fortuna di vederselo inserito in un nucleo preconfezionato di opere da acquistare? Conoscendo l'astuzia dell'antiquario Sgherbi, suo venditore, viene da pensare a un volontario, quanto bizzarro, "bidone" d'epoca che la critica moderna ha mutato in dono prezioso.