Storie di quadrerie ferraresi

Scritto da  Lucio Scardino

Michele Coltellini, Cristo Benedicente, Ferrara, Pinacoteca Nazionale (collezione Massari, deposito della Cassa di Risparmio di Ferrara).Con l'appoggio della Fondazione, esce un nuovo volume dedicato al collezionismo in città fra Ottocento e Novecento.

Il fondo editoriale sul collezionismo ferrarese, varato nel 1996 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, può registrare un nuovo titolo. Dopo Quadri da stimarsi... (dedicato al Settecento), Inventari d'arte (incentrato sull'Ottocento) e, fuori collana, il catalogo della quadreria Costabili e quello della mostra II paradiso perduto, è ora la volta di Antichi e moderni. Quadri e collezionisti ferraresi del XX secolo.


Curato dallo scrivente, con la preziosa collaborazione di Antonio P. Torresi, docente presso l'Accademia di Belle Arti di Ravenna e già studioso delle collezioni settecentesche ferraresi Todeschi e Martelli, il volume si apre con una prefazione di Andrea Emiliani intitolata "II compiacimento del possesso". La collana editoriale nasce, infatti, in stretta intesa con la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì, retta, fino a poco tempo fa, dal professor Emiliani.

Come nei due precedenti episodi, anche in questo caso la pubblicazione di inediti inventari di quadrerie ferraresi si accompagna a un'analisi socioculturale del milieu collezionistico. Rispetto agli altri volumi, però, è stato notevolmente arricchito il corredo iconografico, che qui comprende centotrenta immagini di opere d'arte, per lo più inedite.

Suddiviso a capitoletti, come in una sorta di nuovo, bassaniano "romanzo (collezionistico) di Ferrara", il libro odierno parte da un antefatto ottocentesco, ossia la vicenda della disgregazione della collezione Varano, avvenuta fra il 1882 e il 1888.

Il marchese Rodolfo Varano, senatore ed ex sindaco di Ferrara, che possedeva un bel palazzo in corso Ercole I d'Este e proprietà immobiliari di carattere sacro (l'ex chiesa ferrarese di San Leonardo, da lui acquistata; la chiesetta di San Venanzio a Saletta di Copparo, ereditata dal padre nel 1848; l'oratorio di Magnavacca nel comacchiese, di cui godeva l'utile dominio) era anche un cultore di arti figurative, come dimostrano i quattrocentootto dipinti lasciati, alla morte, a un pronipote che viveva a Rieti. La quadreria di famiglia fu ben presto dispersa: gran parte la acquistò Giuseppe Cavalieri, industriale di origine ebraica, che nel 1888 rivenderà quarantacinque pezzi al comune di Camerino, nelle Marche.

La vicenda è stata ricostruita qui per la prima volta, così come si è fatta finalmente luce sull'importante esposizione d'arte antica allestita nel 1892 a Palazzo dei Diamanti, in occasione del quinto centenario dell'università ferrarese. In un suo libro edito nel 1954, il critico Corrado Padovani lamentava l'assenza del catalogo della mostra; fortunatamente ne è stata trovata una copia manoscritta presso l'Archivio di Stato, che è stata trascritta e pubblicata.


Lorenzo Costa e aiuto, Deposizione dalla Croce, Ferrara, Pinacoteca Nazionale (collezione Massari, deposito della Cassa di Risparmio di Ferrara).L'esposizione raccoglieva una novantina di quadri, soprattutto di epoca rinascimentale, richiesti a dodici collezionisti da una commissione composta da Girolamo Scutellari, Vincenzo Giustiniani e Carlo Fiaschi: in pratica tre generazioni di critici: da un vecchio "papalino" formatosi nel clima neoguelfo per giungere a due giovani blasonati amanti del simbolismo, del liberty, delle arti applicate. 
Ma Giustiniani fu anche notevolissimo collezionista d'arte, adunando una quadreria di pittori macchiaioli, poi, purtroppo, messa all'asta.

 

Dopo aver esordito come pittore alle mostre ferraresi del 1888 e del 1889, il nobiluomo dirigerà a Firenze  una celebre manifattura ceramica e, lì, acquisterà pregevoli pezzi di macchiaioli e divisionisti, quali Fattori, Lega, Signorini, e Nomellini.

 

Ma, legatissimo a Ferrara, chiamerà come collaboratore nella conduzione della fabbrica di ceramiche il concittadino Giuseppe Gatti-Casazza, ingegnere (e, a sua volta sensibile collezionista); scriverà con Agnelli la prima guida del Museo di Schifanoia; acquisterà alcuni dipinti di Giovanni Boldini.

Per l'interesse dimostrato nei confronti dell'arte moderna, Giustiniani è assimilabile al concittadino Alberto Zaina che, nel suo palazzo di via delle Scienze, adunerà una pregevole raccolta di opere di artisti ferraresi ottocenteschi e novecenteschi. Un nucleo cospicuo della sua collezione è stato acquisito nel 1983 dalla Fondazione Giuseppe Pianori, strettamente legata alla Cassa di Risparmio di Ferrara, che l'ha destinato al Museo Civico d'Arte Moderna di Palazzo Massari.

Stretti e costanti, inevitabilmente, furono i rapporti fra i collezionisti ferraresi e i mercanti d'arte: solo per riferirci ai nomi su citati, basti ricordare che il fratello della cognata del Giustiniani, il conte Renato Avogli-Trotti, svolgeva attività di antiquario a Parigi; mentre Gatti-Casazza faceva il merchant amateur nella sua casa di Venezia; e che Giordano Lanzoni, detto Tancredi, iniziò la propria attività di "raccoglitore" quando era il portinaio di palazzo Zaina.

Nel libro è fortemente rivalutata la figura del mercante, al di là di farisaici moralismi; così, nella rievocazione, hanno risalto le importanti famiglie degli Sgherbi e dei Ragazzi che rinsanguarono il mercato cittadino per oltre un secolo; l'eclettico Federico Camuri  che fu pittore, collezionista, fotografo, restauratore, antiquario e inventore. Altrettanto versatile fu Eugenio Marchetti, antiquario, suonatore di viola, pittore e caricaturista, che svolse la sua attività di musicista e mercante soprattutto in Spagna, e che con le sue vignette collaborò a giornali francesi e spagnoli.


Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, Il Battesimo di Cristo, Ferrara, Pinacoteca Nazionale (collezione Massari, deposito della Cassa di Risparmio dì Ferrara).Importantissima, per Ferrara, fu, poi, "La cisterna", primo negozio di antiquariato della città, aperto sin dal 1919. Posto nel centralissimo corso Giovecca, il raffinato emporio d'arte era gestito da Ferruccio Luppis ed Emilio Arlotti; quest'ultimo, che poi diventerà  presidente della Cassa di Risparmio, era anche un collezionista, alquanto eccentrico nel panorama locale (e non soltanto).  "La cisterna" chiuse, poi, i battenti e nel 1938 si insedierà nello stesso edificio in corso Giovecca un altro personaggio di rilievo, Mario Magrini, che vi porterà la propria collezione d'arte.
Magrini è un personaggio cardine nella storia del collezionismo ferrarese novecentesco, anche in virtù dei generosi lasciti con cui ha beneficato varie istituzioni pubbliche.

 

Così, nel 1927, donò al Municipio il bassorilievo trecentesco posto sulla nuova torre della Vittoria; nel 1936, una decina di interessanti oggetti al Museo di Schifanoia; nel 1960, quattro campane all'Arcispedale Sant'Anna.

Ma, grazie al suo testamento, ben più pregevoli donazioni di quadri, sculture e mobili ricevettero, nel 1967, la Pinacoteca Nazionale e il Seminario Arcivescovile di Ferrara. Magrini fu uno dei pochi collezionisti ferraresi a raccogliere di tutto, non limitandosi solo ai quadri: ne condivisero la scelta Lorenzo Nonato e Ireneo Farneti, la cui eclettica collezione fu, però, messa all'asta nel 1937.

Dopo la seconda guerra mondiale è da registrare il "boom" del mobile d'epoca, non più visto alla stregua di semplice complemento di arredo, come accadeva in passato, o per le sue caratteristiche funzionali, ma bensì quale manufatto artisticamente pregevole. Nell'ultimo mezzo secolo, quindi, è cambiato il contesto sociale, oltre che collezionistico, per cui è capitato, facendo seguito agli esempi ottocenteschi di Costabili e Varano, che varie raccolte adunate da nobili o giunte a essi per successioni ereditarie e sedimentazioni secolari siano state disperse o acquisite dalla nuova borghesia imprenditoriale.

È, questo, il caso delle quadrerie del conte Mazza (di cui, nel libro, è pubblicato un sin qui inedito inventario, ricco di duecentocinquantaquattro pezzi, fra cui vari dipinti dello Scarsellino, compresa la bella Madonna che allatta il bambino, olio su tela di 133x100 centimetri, un tempo nella chiesa di Santa Maria Nuova), del duca Massari, del conte Saracco-Riminaldi. Fortunatamente in alcuni casi è intervenuta anche la Cassa di Risparmio che, in parte, ha arrestato questa dispersione, acquistando, come è noto, gran parte delle collezioni Massari e Sacrati-Strozzi, poi esposte nelle sale della Pinacoteca Nazionale per una pubblica fruizione.

È andata dispersa, altresì, la quadreria Gulinelli, anche se Natalia Valli, ultima erede della contessa Alma Gulinelli, nel 1977 ha lasciato alla Pinacoteca tre preziosi fondi oro per onorare la memoria della zia, come da lei espressamente indicato. Anche Gatti-Casazza ha lasciato ai musei ferraresi tre pezzi della sua collezione, fra cui spicca la bella Madonna col bambino, terracotta policroma di 65x48 centimetri, di epoca cinquecentesca, un tempo ornamento dell'esterno di Casa Zeni a Ferrara, che corse il rìschio di essere esportata a Berlino.

Bastianino, Sacra Famiglia con San Giovannino, Ferrara.Di tutte queste cose si parla nei libro, come pure dell'asta del 1927 dei quadri della Pinacoteca, delle mostre di arte antica del 1933 e del 1949, della quadreria centese di Nefta Grimaldi, delle raccolte degli enti pubblici, mentre non si sono analizzate, per motivi di spazio e di opportunità, la collezione dei disegni di Giacomo Bargellesi e quella Tubi, di arte contemporanea, così come è rimasta "inedita" la quadreria di Alfredo Lombardi, l'industriale che negli anni Cinquanta e Sessanta produceva il celebre "doppio brodo".
Per quanto riguarda la provincia, ancora insondata è la quadreria dei marchesi Plattis di Cento, in gran parte dispersa a Parigi, in un'asta del 1870, ma con un troncone ereditato dalla celebre scrittrice Jolanda, ovvero Maria Majocchi Plattis, morta nel 1917. Così come il lascito Zacchini, composto di sculture, alla Collegiata di Cento.

 

Di origini polesane era poi Nereo Fioratti che nel 1948 fu coordinatore della Gazzetta Padana e che, dopo quest'attività giornalìstica, si dedicò al collezionismo d'arte, raccogliendo notevoli dipinti (anche ferraresi) dal XIII al XVIII secolo, e antichi cofanetti decorati, sparsi fra le sue abitazioni di Fiesole e di New York.

Conclusa la trilogia editoriale, verrebbe ora voglia di retrocedere, come i gamberi, dedicando una pubblicazione al collezionismo ferrarese del Seicento, oppure di raccogliere in volume gli indici ragionati delle collezioni e dei quadri sinora citati. Non è detto che ciò non accada.