La mostra, nata da un progetto di Ferrara Arte e della Nasjonalgalleriet di Oslo, è suddivisa in sezioni cronologiche tematiche che documentano l'evolvere di questo movimento figurativo: dal romanticismo naturalistico di Dahl, dei primi decenni dell'Ottocento, alle opere d'ispirazione simbolista, corrente che, alle soglie del nuovo secolo, trovò proprio in Norvegia, in Edvard Munch, uno dei suoi interpreti più celebri e rappresentativi.
Grandi viaggiatori, i paesaggisti norvegesi studiarono e vissero perlopiù all'estero. Nonostante ciò, mantennero tutti un forte legame con il proprio paese che rimase il soggetto principale della loro pittura. Rispetto a ciò, Dahl non fece eccezione, anzi fu proprio lui il primo a lasciare la Norvegia per frequentare l'Accademia di Copenaghen; successivamente, dopo un viaggio di studio in Italia, si stabilì a Dresda.
Naturalista convinto, egli credeva fermamente alla necessità dell'osservazione dal vero; d'altra parte, come artista, era intenzionato a essere, prima di tutto, un interprete dei paesaggi del suo paese. L'esigenza di tornare in patria divenne, quindi, sempre più forte e così, nel 1826, partì per la Norvegia. Inverno nel fiordo di Sogn è uno dei primi quadri dipinti dopo il ritorno in Germania, ed è tratto da un disegno dal vero dell'agosto del 1826. Al fine di accentuare la severità della composizione, Dahl enfatizza gli elementi verticali della veduta: le montagne sullo sfondo e il menhir in primo piano; oltre a ciò, stende sul paesaggio un manto di neve, simbolo, per i romantici, della morte e del passato.
Questo dipinto pieno di fascino è emblematico del programma artistico che l'artista aveva maturato in quegli anni, secondo cui un paesaggio avrebbe dovuto non solo "trasportare lo spettatore IN un determinato paese", ma anche esprimere "ciò che è caratteristico di quel paese e della sua natura." Oltre a essere tipicamente norvegese, infatti, il soggetto della rappresentazione è anche un luogo di memoria storica, dove si svolse una delle battaglie più famose della storia della Norvegia.
Allievi di Dahl, Thomas Fearnley e Peder Balke, ne svilupparono l'insegnamento in maniera del tutto personale: il primo accentuando gli aspetti romantici e spettacolari dell'arte del maestro; il secondo creando una tecnica originale con la quale diede vita a un linguaggio pittorico sorprendentemente moderno.
In Alba nelle Alpi di Wengern in Svizzera alcuni camosci pascolano circondati da vecchie conifere nei pressi di uno specchio d'acqua. La nebbia vela il fondovalle, sotto un cielo colorato di giallo dalla luce del sole nascente. Il dipinto, esempio della sua produzione matura, è considerato uno dei capolavori di Fearnley: la fedele osservazione della natura, appresa da Dahl, si sposa con un'equilibrata organizzazione della superficie pittorica e con un sapiente utilizzo degli effetti di luce e ombra, frutto degli studi di composizione compiuti a Monaco di Baviera.
A differenza di Fearnley, pittore di successo anche in vita, l'arte personalissima di Balke non venne capita dai suoi contemporanei che non riconobbero la suggestiva bellezza e la carica innovativa che le opere di questo pittore recavano in sé.
Come gli altri paesaggisti norvegesi del periodo romantico, anche Balke volle esprimere il carattere specifico dei paesaggi di Norvegia, ma sia la tecnica inventata dall'artista, sia il modo di guardare la sua terra fu del tutto particolare.
Lo documenta l'affascinante visione del Monte Stetind nella nebbia, rappresentazione onirica di una montagna che l'artista vide durante un viaggio che lo portò fino alle estreme propaggini del paese. Il profilo spettrale del monte si staglia solitario in fondo alla stretta insenatura del fiordo; alle sue pendici, densi vapori grigi nascondono alla vista il confine fra acqua e terra, cosicché il rilievo sembra fluttuare nel vuoto. La veduta, irreale e inquietante, non ha nulla del "ritratto" naturalistico e assume, piuttosto, un carattere simbolico teso a esprimere la potenza indomabile dei fenomeni naturali.
Verso la metà del secolo, nella pittura di paesaggio norvegese emerse un nuova tendenza che portò gli artisti a orientarsi verso un romanticismo solare e maestoso, venato di ideali nazionalistici. Il più illustre rappresentante di questa nuova stagione dell'arte norvegese fu Hans Gude.
Nel corso della sua lunga carriera, l'artista passò da una concezione idealistica del paesaggio a una più sobria resa della natura. Nel celebre capolavoro Monti norvegesi, del 1857, pur persistendo una visione suggestiva e lirica della natura, si avverte già un avvicinamento al naturalismo della produzione più tarda. Sullo sfondo del dipinto, montagne innevate si estendono a perdita d'occhio. Più vicino, i profili orizzontali di un altopiano creano un senso di maestosa pacatezza. La luce del sole filtra fra la coltre di nuvole, illuminando le rocce in primo piano e il piccolo gruppo di case più in basso.
Oltre a essere un pittore di successo, Gude fu anche il maestro di una lunga schiera di artisti norvegesi. Kitty Lange Kielland, una delle protagoniste del movimento realista degli anni Ottanta dell'Ottocento, studiò con lui a Karlsruhe; in seguito, proseguì la propria formazione a Monaco e, nel 1879, si trasferì a Parigi, dove rimase per circa un decennio. Durante l'estate, l'artista soleva trascorrere lunghi periodi in Norvegia, per dipingere en plein air le pianure piatte e spazzate dal vento della regione di Jæren, nella zona meridionale del paese. In Torbiera nella pianura di Jæren, è raffigurato un terreno palustre con gli avvallamenti pieni d'acqua e le balle di torba già estratta, lasciate a essiccare sotto il cielo alto.
Solo, al centro del paesaggio, un uomo guida un carretto tirato da un cavallo bianco.
Forse consapevole di fissare sulla tela un tipo di paesaggio antico, destinato a cambiare - oggi la pianura di Jæren è una delle zone agricole più importanti della Norvegia -, la pittrice ha venato il dipinto di una sottile atmosfera malinconica.
Le opere dei pittori norvegesi che parteciparono alla temperie simbolista di fine secolo, chiudono il percorso della mostra. Fra queste, spiccano gli splendidi dipinti di Edvard Munch che, pur non essendo stato eminentemente un paesaggista, si dedicò a questo genere pittorico per tutto il corso della sua carriera.
Caratterizzato da un'atmosfera malinconica e sensuale, il bellissimo Chiaro di luna, risale al 1895 e raffigura una notte d'estate di fronte alla spiaggia di Åsgårdstran, un paese situato su un fiordo a sud di Oslo, al quale l'artista era particolarmente legato.
Il dipinto fa parte di una serie di opere che Munch chiamò il Fregio della vita e che vennero concepite come "un poema della vita, dell'amore e della morte." Il notturno è tutto giocato sui toni del blu e dell'azzurro, lo sguardo di Munch è rivolto oltre la dolce, chiara linea della spiaggia, verso il mare, su cui la luna riversa la sua stele di luce.