Una leggenda dimenticata

Scritto da  Giorgio Franceschini

Una suggestiva inquadratura del portale di Palazzo Prosperi Sacrati.Si narra che a palazzo Prosperi Sacrati, lungo la strada dei Piopponi...

Corso Ercole I d'Este, la più bella strada che il duca "lanciava per incontrare le Muse pellegrine arrivanti" e che a Piovene parve la più bella d'Italia, è troppo celebre e ricca di fascino perché qui io possa tentare, anche in poche righe, di intrattenere i lettori sulla suggestione che suscita in chi si trovi a percorrerla.

Ma la vicenda che riguarda una nobile dimora nell'antica via dei Piopponi e che ho letto in un volumetto stampato a Siena nel 1866, è davvero molto strana e merita di non essere lasciata cadere definitivamente nel dimenticatoio. Purtroppo, le fonti di cui l'autore, tale Gaetano Panazza, raccontò di disporre, si riducono al racconto di un "vecchio canuto e dall'anni curvo, che da trent'anni infallentemente ogni mattina per quella strada passava". La storia coinvolge il famoso palazzo Prosperi Sacrati, posto nello stupendo quadrivio e, come si scrisse, "armonicamente opposto al Palazzo dei Diamanti".


Più o meno tutti sappiamo che il palazzo, dotato di un portale talmente bello e prezioso da ritenersi - lo scrisse il Carducci - "fatto ad accorre solo poeti e duchesse", venne iniziato, negli ultimi anni del Quattrocento, dal medico ducale Francesco da Castello e passò successivamente in proprietà dei Giraldi, dei marchesi Sacrati, dei conti Prosperi, per entrare, una settantina di anni fa, nel patrimonio dello Stato italiano. Dal 1988, infine, il palazzo è affidato alla gestione del Comune di Ferrara, in attesa che questo, al termine di una lunga e complessa pratica, ne divenga proprietario.

Palazzo Prosperi Sacrati: il portale.Il Panazza, dunque, si fermò un certo giorno ad ammirare il celebre portale e, scorrendo con gli occhi la parete dell'edificio, notò che fra il davanzale e la cornice marmorea sottostante la seconda finestra (a sinistra di chi guardava) il muro era spruzzato di rosso vivo, certamente sangue. Fermò, allora, un passante, proprio il vecchio menzionato sopra, lo interrogò e si sentì rispondere: "Quello è un mistero, ma da questo palazzo, orsono molti anni, si sentì un gemito di dolore. Io ve lo narrerò."
Ma facciamo un doveroso passo indietro. Chi era questo Panazza?

Le poche notizie su di lui le possiamo ricavare dalle pagine del suo libro. Nacque e crebbe in Novara, cristianamente educato. Era giovinetto, quando, nei pressi di quella città, l'esercito sardo-piemontese subì la dura sconfitta che decise le sorti della prima guerra per l'indipendenza. Nel febbraio del 1859, il Panazza si trova a Torino fra i coscritti che "corrono, ALL'esempio dei padri loro, a nuova Pontida". Quattro mesi dopo, ad avvenuta conquista di Milano, è sotto le mura di Peschiera. Caporale di fanteria, avrà il battesimo del fuoco nelle battaglie di Solferino e San Martino.

Nel settembre 1860, Panazza, ufficiale del quindicesimo reggimento di fanteria, partecipa alla conquista delle Marche e, quattro anni dopo, è col suo "fido polettone" sulle aride murgie di Gravina di Puglia, "povero soldato che fra gli Appennini del fondo d'Italia combatte IN un'orda ingloriosa contro l'orda dei briganti". Infine, nel 1866, dopo essere passato per Napoli, si trova a Brindisi e qui scrive l'ultimo capitoletto col titolo "La macchia di sangue" del suo libro "Le ore d'ozio", qualificandosi nel frontespizio "luogotenente del 56° Reggimento di fanteria" e destinando "il prodotto del libro a beneficio degli infelici che rimarranno feriti" nella terza guerra d'indipendenza.

Palazzo Prosperi Sacrati: uno scorcio del palazzo.Quali legami avrà mai avuto con Ferrara il Panazza che, durante un suo soggiorno nella città estense, nel 1863, scrisse alcune paginette del suo libro dedicandole a un'infelice fanciulla, tale Gigia Bozzoli e, ancora, l'anno dopo, stando a Gravina, ricordò Ferrara mandandole un saluto "ripensando ai bei giorni passati come tenero amante alla sua bella"?
Ma poiché null'altro sappiamo sul nostro, riprendiamo finalmente il racconto del vecchio passante.

Alla fine del Settecento, il conte ..., rimasto vedovo, viveva nel palazzo con la figlia Nelda "leggiadra e più bella di un fiore", gentile e caritatevole. In un pomeriggio di ottobre (siamo nel 1796), il conte, appoggiato al balcone "stava ad ascoltare, siccome fragor di mar lontano, l'eco spirante della popolare esultanza per la proclamazione in Ferrara della Cispadana repubblica. Preso dall'entusiasmo, esclama: "Vieni, mia Nelda, a partecipare la gioia che m'inebria... e giurami, o figlia, che eterno vivrà nel cuore l'odio per i nemici della patria tua..."
E Nelda, l'incauta, giurò.

Due anni e mezzo dopo, gli austriaci tornarono a Ferrara e, ahimè, capitò che Nelda s'innamorasse di un ufficiale allemanno che aveva incontrato nella chiesa di Sant'Orsola. Convegni brevi e furtivi si succedettero "in una cappella ove più smorta la luce penetrava". Tutto andò bene sino a quando un tale non spifferò tutto al conte.
Sicché quest'ultimo, adirato o, meglio, quasi fuor di senno, si accinse a punire la figlia spergiura e nel modo più orrendo.

Palazzo Prosperi Sacrati: un'immagine del cortile interno."Finiva il secolo e quell'ultima notte era nera come il peccato e tutte le stelle erano fuggite... alla torre di Ferrara suonava la mezzanotte e nei dintorni, squarciandosi la gola, il canto del gallo echeggiò nel silenzio."

L'innamorato giunse nel buio e, sommesso, dalla strada chiama la contessina. Costei si affaccia trepidante, ma, intanto, "armato di larga lama a guisa di tagliente scure, con occhio bieco sopra il terrazzo, li guata il padre che nel cor ha giurato finché serva sia la patria del prepotente alemanno, niuna mano germanica accarezzare vorrà la fronte ognor casta dell'itala vergine..."
Palazzo Prosperi Sacrati: un'altra immagine del cortile interno.Il patriottico, ma truculento conte, dall'alto getta la spada che "piombando ritta sulla bruna testa di Nelda, repente, l'uccise... della misera fanciulla la cervice col sangue sulla fronte del cavalier spruzzaron... compreso d'orrore il tedesco fuggì".

Così si concluse il drammatico racconto: "...in quel tempo, lo ricordano i vecchi, alcuni pescatori sulle acque del Po videro un cadavere che galleggiava presso l'isola di Ariano. Nulla si sapeva di lui, fuorché, nel tumularlo, vi trovarono sul petto una croce (qui, il racconto non è chiaro... il cadavere di chi era? Era di sesso femminile? Dunque, di Nelda?). Di quella macchia di sangue altra ragione non si conosce, ma, da quel giorno, sempre gemebonda sovr'il palazzo la rondinella passò."

Invenzione? Fantasia? Vogliamo sperarlo. Comunque, il lettore incuriosito tenti di individuare la traiettoria della spada o, magari, attenda il passaggio della rondinella; e per la regale strada dei Piopponi non stona certo una leggenda in più.