Fin dai primi contatti con il museo francese fu chiaro che per realizzare quello scambio Ferrara si sarebbe dovuta dotare di uno strumento di gestione snello ed efficiente in grado di parlare, sul piano organizzativo, la stessa lingua dei musei stranieri, così da poter dialogare più facilmente con loro e vincere la diffidenza con la quale, a volte a torto ma altre a ragione, essi guardavano e guardano ancora oggi ai musei del nostro paese. Nacque così Ferrara Arte, prima comitato, poi società per azioni, costituita dal Comune e dall'Amministrazione Provinciale, che iniziò con quelle mostre la sua attività decennale. Tra il 25 febbraio e il 15 maggio del 1992, Claude Monet e i suoi amici fu visitata da duecentotrentaduemila persone. È ancora nella memoria di molti ciò che accadde allora. Per quasi tre mesi migliaia di persone si accalcarono ogni giorno nelle sale del Palazzo dei Diamanti per poi riversarsi nella città: nelle sue strade, nelle sue piazze, nelle sue chiese, nei suoi musei, ma anche negli alberghi, nei ristoranti, nei bar e in altri esercizi commerciali.
Fu una Ferrara diversa quella che si vide all'improvviso: animata da un gran numero di turisti che, al seguito delle guide o pianta alla mano, cominciarono a scoprirne le bellezze più note, ma anche le più segrete, quegli angoli appartati e incantati che fino a quel momento erano appartenuti soprattutto ai ferraresi.
Sarebbe potuto succedere che l'identità della città venisse alterata da quella novità, ma non è accaduto. È stata Ferrara, la sua personalità, ad avere la meglio, a imporre un comportamento rispettoso al visitatore e forse, perfino, a selezionare una tipologia di turista in cerca di una bellezza riservata, da scoprire un poco per volta, in silenzio e senza rovinarla. Tutto ciò non è cambiato nei dieci anni successivi, benché in media, ogni anno, quasi centottantamila persone abbiano staccato il biglietto delle rassegne organizzate da Ferrara Arte; un numero che sarebbe ancora maggiore, se vi si aggiungesse quello dei visitatori delle mostre allestite dalla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea.Che quella esperienza rappresentasse una svolta per l'attività espositiva ferrarese fu subito chiaro, così come fu chiaro che se si voleva procedere lungo quella via occorreva definire delle strategie, migliorare l'organizzazione, governare, insomma, un fenomeno che non poteva essere affidato alla spontaneità e all'improvvisazione.
Occorrerebbe una ricostruzione ben più ampia e dettagliata per dar conto di quanto è successo in questi dieci anni, ma in questa sede sarebbe impossibile e inopportuno. Limitiamoci, dunque, a ricordare alcune delle scelte principali compiute da allora a oggi.
Bisognava definire, e lo si è fatto, all'interno di un progetto unitario e realizzato in stretta collaborazione, il ruolo della Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea e quello di Ferrara Arte. La prima, tenuto conto dei suoi meccanismi di funzionamento meno fluidi, si è concentrata su mostre di minor costo e complessità organizzativa, dedicate all'arte italiana del Novecento; la seconda, grazie alla sua maggior agilità, ha affrontato rassegne più onerose, spaziando dall'arte antica all'arte moderna, dall'italiana alla straniera, senza trascurare, per quanto possibile, temi e protagonisti dell'arte ferrarese: da Spina a La miniatura a Ferrara, da Dosso Dossi a Giovanni Boldini e Filippo de Pisis.
Occorreva costruire un'identità ben definita e si è dato così alle esposizioni un carattere storico: per ragioni culturali, per differenziarsi da altre gallerie italiane e per far sì che il pubblico sapesse cosa lo aspettava prima ancora di varcare la soglia di Palazzo dei Diamanti.
Si è optato per la progettazione e la realizzazione di molte rassegne in collaborazione con studiosi e musei, italiani e stranieri, di rilievo internazionale, facendo sì che, dopo il loro debutto a Ferrara, in più occasioni si trasferissero in altre prestigiose sedi estere. In questo modo e grazie alla credibilità conquistata, si è riusciti a sopperire al consistente svantaggio di non avere musei con collezioni ricche che, tramite una politica di scambi, facilitino l'acquisizione dei prestiti. Si è deciso di non pagare per ottenere opere d'arte in prestito, abitudine deprecabile che purtroppo va estendendosi e che rende sempre più difficile questo lavoro.
Si è cercato di coniugare la qualità delle mostre con la capacità di attrarre l'attenzione di un ampio pubblico, sacrificando, se mai, parte di quest'ultimo obiettivo al primo, nella convinzione che sia questo il modo migliore per distinguersi dalla concorrenza che nel corso di questi dieci anni è andata sempre più aumentando e che, in più casi, sceglie la quantità a scapito della qualità, snaturando il significato prima di tutto culturale delle mostre, rischiando, nel tempo, di allontanare da esse parte del pubblico. Col rischio, magari, di giocarsi proprio i visitatori più appassionati e colti, quelli che, richiamati dalle esposizioni, sono interessati anche ai musei, alle città e al territorio, e vi soggiornano più a lungo, rappresentando per questo anche un'importante risorsa economica.
Per distribuire maggiormente il flusso turistico lungo l'anno, si sono programmate a Palazzo dei Diamanti due mostre di Ferrara Arte, una in primavera e l'altra in autunno, e si è destinata la stagione estiva alla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea.
Anche a causa delle scarse risorse economiche a disposizione, si è lavorato per far sì che le mostre di Ferrara Arte e quelle della Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea si procurassero la maggior percentuale di autofinanziamento possibile. Il risultato raggiunto non ha molti eguali in Italia e all'estero, se si tiene conto che le entrate derivanti dalla vendita dei biglietti e dal bookshop in questi dieci anni sono state pari al 69,19%, mentre i contributi pubblici (venuti soprattutto dal Comune di Ferrara) e quelli privati (dovuti prevalentemente alla Cassa di Risparmio di Ferrara e alla Fondazione della Cassa di Risparmio di Ferrara) sono ammontati al 30,81%. Se quanto si è fatto in questo decennio è stato possibile, lo si deve alla passione e alla professionalità di coloro che hanno lavorato per Ferrara Arte e per la Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, ma anche a quelle di tanti altri uffici dell'amministrazione comunale che hanno dato un contributo decisivo al raggiungimento degli obbiettivi prefissati. Al concorso dei dipendenti pubblici e di Ferrara Arte occorre tuttavia aggiungere quello di mille professionalità private che sono risultate insostituibili sia in fase di realizzazione delle mostre sia in fase di ricezione turistica.
Tutto ciò non sarebbe risultato comunque sufficiente se non vi fosse stata una volontà politica forte e unanime nel definire i programmi e nel volerne la realizzazione. A Ferrara, questa volontà ha accomunato, sia pure con stili e accenti diversi, tutti gli amministratori e le amministrazioni che si sono succeduti al governo della città e del territorio.
Anche questo, però, non sarebbe bastato: amministratori e amministrazioni devono rendere conto ai cittadini e ottenerne il consenso, e se questo non vi fosse stato, sarebbe risultato impossibile proseguire nel cammino intrapreso dieci anni or sono. Se Ferrara Arte e la Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea sono impegnate, oggi, a programmare le proprie attività espositive future è perché la città intera, o almeno gran parte di essa, lo vuole. A darne ulteriore conferma è un dato finora non abbastanza sottolineato: del milione e ottocentomila visitatori che, mostra di Sisley esclusa, hanno visitato fino a oggi le rassegne allestite da Ferrara Arte, circa quattrocentontocinquantamila provengono dalla città e dalla sua provincia.
D'arte e d'amore
Scritto da Andrea BuzzoniIn attivo il bilancio di dieci (appassionati) anni di attività espositive.
Dieci anni fa, a Ferrara, l'attività espositiva ha conosciuto una svolta rispetto a una tradizione pluridecennale pur ricca di esiti eccellenti per qualità e continuità. A determinarla è stato il maturare progressivo della convinzione che tale risorsa culturale potesse essere sfruttata per incrementare lo sviluppo turistico della città.
I tempi di questa maturazione furono accelerati bruscamente dall'opportunità di uno scambio di mostre tra la Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara e il Museo Marmottan-Claude Monet di Parigi: la prima fu chiamata ad allestire nella sede transalpina una rassegna monografica di Giovanni Boldini; il Marmottan, per contro, espose a Palazzo dei Diamanti una scelta di opere di Claude Monet e i suoi amici.