Arte e cultura

Scritto da  Andrea Nascimbeni

Scarsellino, Scena allegorica.L'impegno per la bellezza come principio ispiratore di dieci anni di attività.

Negli anni Novanta, con l'applicazione della legge 30/7/90 numero 218 (Legge Amato), si realizza nel nostro Paese un ampio processo di ristrutturazione del sistema creditizio che interessa in particolar modo le cosiddette banche pubbliche. Per effetto della riforma, anche la Cassa di Risparmio di Ferrara acquisisce la qualifica di "Ente conferente" a seguito del conferimento dell'azienda bancaria a una apposita società per azioni - che prenderà il nome di "Società conferitaria" - denominata appunto Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A.


Il progetto di trasformazione richiesto dalla Legge viene attuato in tempi brevi: il 1° gennaio 1992 nascono ufficialmente la S.pA e, per converso, la Fondazione, il cui primo segretario generale è Alberto Pezzini,  direttore generale della banca. La Fondazione - continuazione storica e giuridica dell'Ente Cassa di Risparmio, spogliata dell'azienda bancaria - ha finalità sociali e prosegue l'attività erogatoria e benefica che l'istituto di credito ha svolto con apprezzata sensibilità in 154 anni di storia, e individua i fini della propria attività nel perseguimento di scopi d'interesse pubblico e di utilità sociale nei settori indicati dal legislatore, dall'arte e cultura all'istruzione, dalla ricerca scientifica alla sanità, all'assistenza e tutela delle categorie sociali più deboli.

Ma, ben presto, negli addetti ai lavori - nel frattempo è cessata la fase transitoria e, con l'incarico di segretario generale conferito ad Alfredo Santini, in comunione di intenti ormai consolidata con Silvio Carletti come presidente, si passa a quella operativa, con una struttura essenziale - matura una nuova consapevolezza circa il ruolo delle fondazioni: mentre all'inizio esse vengono considerate enti residuali nel processo di trasformazione del mondo creditizio - un soggetto titolare delle azioni costituenti il capitale delle società conferitarie - si fa strada la convinzione che queste possono divenire il volano di importanti iniziative per lo sviluppo e la crescita umana, culturale, economica del Paese, proprio attraverso la ridistribuzione nella società civile di quei proventi del credito raccolto nei rispettivi territori di riferimento.

Non si comprende il ruolo riservato alle fondazioni bancarie nella legislazione degli anni Novanta del Novecento, senza una valutazione preliminare del rapporto privato-pubblico ai fini dello sviluppo socio-culturale (e socio-assistenziale) delle realtà locali.

Nella legislazione del dopoguerra era lo Stato, insieme degli enti pubblici di governo locale, l'unico soggetto abilitato a presentarsi come leader dell'intervento pubblico, salvo alcuni settori trasferiti o delegati alle autonomie locali. In tali settori, lo Stato - Stato di cultura (Kultur Staat) e Stato di benessere (Welfare State) - unificava la tradizione ottocentesca dello Stato promotore e tutore della cultura nazional-popolare e la nuova tradizione dello Stato sociale, volto alla tutela del benessere e della sicurezza delle classi più deboli, con particolare riferimento alle classi lavoratrici.

Ma, a partire dagli anni Ottanta del secolo appena concluso, si assiste al fallimento mondiale dell'idea di Stato elaborata nel secolo XX, con lo Stato sociale che marciava di pari passo con lo Stato debitore, l'inflazione galoppante e il dissesto della finanza pubblica. Il processo di rifondazione - che ha avuto binari paralleli a ovest con la Reaganomic e a est con la Perestrojka - passa attraverso la progressiva deregulation: un progressivo restringimento del ruolo dello Stato e un complementare allargamento di quello privato, ritenuto fattore propulsivo dello sviluppo, della progettualità culturale e sociale. A livello europeo, i parametri previsti dal Trattato di Maastricht hanno rifondato gli stati della UE su due pilastri dell'equilibrio economico-finanziario e di quello politico-democratico: e nel nuovo modello di Stato ci si ispira alla cosiddetta sussidiarietà orizzontale, concernente i rapporti pubblico-privato, quali protagonisti della vita sociale.

Niccolò Pisano, Adorazione dei Magi.In questa temperie, le fondazioni di origini bancarie - e quella di Ferrara in particolare - hanno svolto un ruolo di primaria importanza nella vita sociale, culturale del Paese, ponendosi quali corpi sociali intermedi - più simili a modelli anglosassoni e pressoché sconosciuti in ambito italiano - realizzando un modello che potremmo chiamare "la cultura delle fondazioni" che le ha vedute a fianco degli organismi specializzati nel lavoro di consulenza e salvaguardia - le soprintendenze - in una ormai istituita linea di condotta a favore del territorio di appartenenza.

Documentare senza eccesso di zelo - lo spazio non consente l'elencazione puntuale delle iniziative, per le quali si rimanda ai fascicoli di bilancio - ma con fedeltà dieci anni di politica culturale della fondazione ferrarese significa percorrere una via emblematica, richiamare alla memoria nodi, episodi salienti, tappe significative, in cui l'intervento risanatore - si tratti del restauro della basilica di Santa Maria in Vado o della 'restituzione' di una parte dell'immenso patrimonio artistico, concepito in e per Ferrara e poi disperso un po' ovunque - lungi dall'essere spettacolare, diventa segno particolare di impegno e concretezza.

Offrire all'uomo la possibilità di contemplare la bellezza significa fargli il dono più prezioso. Nella contemplazione del bello, infatti, la persona viene quasi rapita in quell'universo di luce intelligibile che costituisce la sua vera dimora e che rifulge dentro le realtà sensibili.

Come già Platone per primo aveva compreso, la grande importanza della bellezza consiste nel fatto che essa è visibile anche dagli occhi fisici, oltre che da quelli dell'anima: anzi, l'anima la vede attraverso gli occhi del corpo e l'uomo si sperimenta così come unità integrata di corpo e di spirito.

Quand'anche Ercole I d'Este non avesse letto Platone, nell'acconsentire alle istanze dei Canonici Regolari Lateranensi del Santissimo Salvatore per la costruzione di una chiesa nuova e più spaziosa in luogo di quella, " a male stato ridotta", dove avvenne il primo miracolo eucaristico, il 28 marzo 1171, affidandone l'incarico a Ercole de' Roberti, depinctore, e a Biagio Rossetti, inzegnero, - era profondamente convinto del valore dell'arte, dell'architettura, del bello quindi, capace di trasmettere emozioni formidabili che travalicano lo spazio e il tempo, come testimoniano illustri visitatori come Deseine, De Brosses, Lalande: intenti ducali nobilissimi che volevano celebrare il miracolo e consacrare, a un tempo, il luogo del prodigio in funzione antieretica con l'ausilio di tutta la tecnica, l'eccellenza, la magnificenza disponibile.

Ben si comprende quindi la prontezza con cui la Fondazione abbia risposto, nel 1993, alla palese necessità di restauro - si rese necessaria la chiusura al culto della basilica - e l'impegno indiscutibile profuso, in sinergia con la soprintendenza di Ravenna lungo l'arco di sei anni, col quale ha sostenuto l'opera di ripristino di questo tempio, così come documenta il ricco volume curato da Carla di Francesco per i tipi di Motta.

Scarsellino, Scena allegorica.Se sottrarre alla dispersione il patrimonio d'arte della città è l'intento che presiede alla nascita del museo, Ferrara ha trovato nella Fondazione una preziosa alleata, tant'è che, appena nata - se così si può dire - ha riportato dall'asta di Sotheby's nella nostra città ventitré dipinti facenti parte della cospicua quadreria del marchese Massimiliano Sacrati Strozzi (1797-1859), che si aggiungono all'altro lotto già presente da alcuni anni in Pinacoteca. Tra i dipinti acquistati a Londra figurano, tra gli altri, un Battista Dossi, uno Scarsellino, Biagio d'Antonio, Giovanni di Pietro Falloppi (Giovanni da Modena) e quattro tavolette, prima solo attribuite a Domènikos Theotokòpoulos detto El Greco.

El Greco a parte, acquistando e depositando in Pinacoteca collezioni - o sue partizioni, come nel caso della Sacrati Strozzi - oppure singoli dipinti - dalla Crocifissione del Garofalo alle Scene Allegoriche di Scarsellino, alla Sacra Famiglia e San Giovannino di Carlo Bononi, all'Adorazione dei Magi di Niccolò Pisano, a Giacobbe e Rachele al pozzo del Maestro dei Dodici Apostoli -, opere d'arte legate alla storia e alla cultura di Ferrara, la Fondazione ha compiuto un'operazione benemerita, quasi una sorta di restauro ideale dell'immagine della città, vulnerata da sottrazioni progressive.

Risuonano in tutta la loro composta e lucida verità le parole di Quatremère de Quincy: "Sapete troppo bene, amico mio, che dividere è distruggere... Cos'è l'antico a Roma se non un grande libro di cui il tempo ha distrutto le pagine del quale le ricerche moderne, ogni giorno riempiono i vuoti e riparano le lacune? Cosa farebbe la potenza che sciogliesse per esportarlo e per appropriarsene di alcuni di quei monumenti interessantissimi? Precisamente ciò che farebbe un ignorante che strappasse da un libro i fogli IN cui trova delle vignette". (Lettres à Miranda)

Ma se "dividere è distruggere", per converso "riunire è ricostruire". Lo stesso Quatremère de Quincy fa riferimento a "ricerche moderne" che "riempiono i vuoti e riparano le lacune". E quando queste ultime non possono essere colmate, se non temporaneamente, il discorso filologico fa sì che venga ricomposto il mosaico, il "Paradiso Perduto" cui faceva riferimento Andrea Emiliani. È il caso de La leggenda del Collezionismo, - terza e ultima tappa simbolica di questo percorso retrospettivo sui dieci anni della politica culturale della Fondazione - titolo della fortunata mostra, promossa dalla Fondazione, che, dal 25 febbraio al 16 maggio 1996, ha riflettuto su un fenomeno fondamentale e complesso qual è stato il collezionismo ferrarese, in bilico tra il compiacimento del possesso e il piacere estetico della conoscenza.

Quest'alone leggendario della Ferrara sognata e rievocata dai collezionisti ottocenteschi è la città legata alla signoria degli Este, assurta al rango di "capitale del Rinascimento" in cui arte, musica, letteratura si intrecciano come i fili di un grande arazzo. I dipinti raccolti secondo un percorso museale e una regia espositiva originale, hanno inteso ricostruire luoghi scomparsi come lo studiolo di Leonello a Belfiore, i sontuosi appartamenti di Alfonso I in Castello.

Una chiosa al 'racconto' potrebbe essere quella di sottolineare una caratteristica del 'nuovo' collezionismo inaugurato dalla Cassa di Risparmio prima e poi raccolto, a guisa di testimone, dalla Fondazione. Penso al felice 'matrimonio' tra quest'ultima e la Pinacoteca Nazionale, beneficiaria tutt'altro che passiva della volontà di non considerare le meraviglie dell'arte un tesoro da custodire gelosamente nei propri saloni, ma di affidarle a mani esperte affinché siano visitate e apprezzate sempre più.