Riflessi pompeiani a Ferrara

Scritto da  Fede Berti

La venditrice di amori, affresco dalla Villa Arianna, metà del I secolo d. C.A Palazzo Ludovico il Moro in mostra pitture di epoca romana.

Come dichiara nel sottotitolo, "dimore patrizie a confronto", la mostra - apertesi per la prima volta al visitatore le stanze del piano terreno del Palazzo di Ludovico il Moro - prospetta la suggestione di un confronto che non può essere tale se non come ardito viaggio della sensibilità e della immaginazione. Di immagini, infatti, si tratta, che fossero esse riportate con la tecnica dell'affresco sull'intonaco oppure ricavate nelle nitide superfici dello stucco, e poi di architetture dalle forme ricercate e nobili, e ancora di una committenza esigente e raffinata nel gusto.


Ma, tra le une e le altre immagini e le une e le altre architetture, intercorrono secoli.
Da una parte, quindi, la città campana di Stabiae, che, dopo la distruzione subita a opera di Silla nel 89 avanti Cristo, nel corso della guerra sociale, rapidamente sviluppa una zona residenziale di costruzioni di lusso, edificate per una élite dalle notevoli capacità finanziarie, in forza della superba cornice offerta dall'ambiente naturale, dell'amenità del clima e della ricchezza delle acque termali.

Un'intensa attività edilizia, questa, che arricchisce la fascia pedemontana del territorio di residenze collocate in posizione panoramica e l'entroterra di ville rustiche destinate alla coltivazione dei terreni e alla produzione agricola.
Oggi, il solo pianoro di Varano annovera sei grandiose dimore (già in parte note dagli scavi condotti in periodo borbonico) e oltre cinquanta sono le fattorie che si dispongono nell'agro, di dimensioni più ridotte (comprese tra i 400 e gli 800 metri quadrati) e di tipologia semplificata, ovvero dotate di pochi ambienti di soggiorno e di più ampi settori destinati alla lavorazione, all'immagazzinamento o al deposito delle derrate.

Flora, affresco dalla Villa Arianna, prima metà del I secolo d. C.Non a caso, forse, proprio per i complessi più articolati e vasti, si è scritto di "paesaggio architettonico", ovvero di architettura palesemente e arditamente assoggettata alla natura: terrazzamenti, scenografici ninfei, rampe e gallerie articolavano variamente i diversi livelli che caratterizzavano le costruzioni, superando ripidi pendii e talora, come nel caso della Villa San Marco o della Villa Arianna, raggiungendo la riva del mare.
Gli ambienti di soggiorno erano prospicienti a vasti giardini, che, specchiandosi in piscine e vasche con giochi d'acqua, erano anch'essi parte integrante e condizionante dell'architettura.

È probabile che tra i facoltosi possidenti locali figurassero anche famiglie illustri provenienti dalla capitale. Il linguaggio comune era, tuttavia, quello dell'ostentazione, quasi che agli occhi del mondo un ceto sociale di recente arricchimento esibisse le proprie disponibilità finanziarie e quasi che, come suggeriscono alcuni indizi, fosse in atto un cambiamento dell'assetto proprietario del territorio allorquando, nel 79 d. C., anche Stabiæ venne colpita dall'eruzione del Vesuvio.

La dovizia dei mezzi finanziari e l'allettamento di una fama che si spandeva oltre i confini regionali attirò in queste ville stabiane l'opera di artigiani di notevole livello artistico: lo mostrano la qualità delle pitture recuperate, la freschezza degli stucchi, la superba lavorazione degli arredi di marmo.
Trovano confronto soltanto nella Domus Aurea di Nerone i tre raffinati affreschi raffiguranti Hermes, Minerva e il Planisfero, che provengono dai soffitti del portico superiore della grandiosa Villa San Marco, affreschi che - come è stato osservato - 'costituiscono il libero e sontuoso complemento estetico di quelle ampie ed eleganti architetture'.

La complessità del programma decorativo si coglie nella scelta dei temi e nella stessa, rara rappresentazione dello strumento astronomico, che, formato da anelli fissi e mobili, viene mosso dalla Primavera e dall'Autunno.
Dalle tre composizioni si giungeva allo spettacolare 'turbine cromatico' della rovinosa caduta di Fetonte alla guida della quadriga di Helios: tale era la cornice quasi barocca che presiedeva alle conversazioni intellettuali ed erudite che dovevano svolgersi nella pace del portico delimitato da eleganti colonne tortili.
Altre raffinatezze, naturalmente, adornavano la villa: nei pavimenti vi erano inserti di marmi pregiati e vasi marmorei erano collocati nei giardini.

Il cratere, ora a Ferrara, a forma di calice, giustappunto proveniente dalla Villa San Marco, gareggia in eleganza con il più grande bacile, vera e propria fontana, ritrovato nel giardino della Villa del Pastore, al pari della statuetta che dà il nome a quest'ultimo complesso: il personaggio è un anziano contadino e dall'atteggiarsi del suo volto e da tutta la sua figura emana una sensazione di pace e serenità. Porta sulle spalle un capretto, regge una lepre e un cesto di vimini ricolmo di spighe e frutti; da una bisaccia gettata a tracolla spunta un pane.

Frutto degli scavi napoleonici del 1759, è la celeberrima serie di quadretti della Villa Arianna. Vennero strappati dalle pareti di alcune stanze ubicate sul lato occidentale del peristilio della villa, e - stante il soggetto delle pitture - ciò lascia supporre che il piccolo quartiere fosse esclusivamente femminile. Sembra, infatti, che sia quello di una femminilità colta nei suoi aspetti più intimi e misteriosi il filo che conduce da Flora, ovvero la forza che presiede a tutto ciò che fiorisce, a Leda con il cigno, a Medea, la potente maga che uccide i figli per amore oltraggiato, a Diana, protettrice delle donne e delle nascite, e che giunge alla più epigrammatica, sorridente e miniaturistica scena della Venditrice di Amori, anch'essa di forte sapore ellenistico.

Labrum marmoreo dai giardini della Villa del Pastore, prima metà del I secolo d. C.Di buona qualità anche gli affreschi che decoravano i vani di rappresentanza, ovvero l'ambiente principale (triclinio) e una piccola stanza adiacente all'ingresso, della più semplice residenza ubicata in località Carmiano. In questo caso, sembra di cogliere il desiderio del proprietario di temperare con qualche ricercatezza il carattere rustico dell'abitazione, dotata di una capace cella vinaria, di un torchio e di un forno: temi dionisiaci si fronteggiano nei riquadri al centro dei tre lati del triclinio e figurette alate e animali fantastici volteggiano sul fondo color giallo ocra del secondo ambiente.

Dal quartiere termale della villa scoperta in località Petraro, provengono, infine, alcuni notevoli stucchi, il cui stile rivela un certo attardamento del gusto tipico del periodo neroniano: è probabile che il tratto inferiore delle pareti fosse rivestito da lastre marmoree, a differenza delle nicchie, delle lesene e delle volte a botte, sulle quali decorazioni vegetali ed elaborate cornici delimitavano riquadri narrativi.
Il Narciso che si specchia nella fonte tra una colonna e un Erote che tiene tra le mani una fiaccola abbassata, presagio di morte, apparteneva al frigidario; due pugili affrontati, posti su un grifo alato, fiancheggiavano le ante che delimitavano la nicchia del calidarium.

Gli anni compresi tra il terremoto del 62 e l'eruzione del 79 d.C. furono contrassegnati, per le dimore di Stabiae, da un intenso e generalizzato processo di rinnovamento edilizio e il loro apparato ornamentale riveste un particolare significato nella storia del gusto dell'epoca, segnato da non poche innovazioni proprio a partire dall'età claudio-neroniana, allorquando il gusto classicista viene trasformandosi in nuove tendenze.
Programmi decorativi altrettanto pregnanti sottendono, nei primi decenni del XVI secolo, alle imprese narrative realizzate nel palazzo Costabili, che, agli affreschi della ben nota Sala del Tesoro, affianca il ciclo delle Storie di Giuseppe ebreo e le Sibille e i Profeti. Sono proprio queste ultime le sale in cui si sviluppa l'esposizione delle pitture stabiane, e, come evoca il titolo della mostra, non azzardato e comunque suggestivo appare il reciproco rimando.