Il mito di Ferrara

Scritto da  Alfredo Santini

Cosmè Tura, Martirio di San Maurelio, Ferrara, Pinacoteca Nazionale.Una grande mostra europea sullo splendore della corte estense.

La mostra "Une Renaissance singulière. La cour des Este à Ferrara", organizzata dal Ministero per i beni e le attività culturali (Soprintendenza PSAD di Bologna) e il Ministero degli affari esteri, in concomitanza con il semestre di Presidenza italiana della UE, sarà la manifestazione inaugurale d'Europalia Italia 2003, al Palais des Beaux Arts di Bruxelles (1 ottobre 2003- 11 gennaio 2004).

La Cassa e la Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara hanno offerto il loro contributo finanziario sollecitando l'attuazione dell'iniziativa, nella convinzione di offrire alla città l'occasione unica di comparire su una ribalta internazionale, soprattutto in una sede come Bruxelles, importante non solo come capitale riconosciuta delle istituzioni europee, ma anche per le relazioni storiche culturali e artistiche intessute con Ferrara fin dal Quattrocento grazie al lungo soggiorno a Bruxelles di Francesco, figlio di Lionello d'Este, fino ad arrivare all'odierna presenza dell'ultimo Este, il principe Lorenz d'Asburgo Este, marito della principessa Astrid del Belgio.


Più di duecentocinquanta opere (pittura, scultura, miniatura, arti applicate, armi, arazzi, strumenti musicali...), provenienti dai principali musei del mondo, illustreranno - per la prima volta al di fuori dell'Italia - il percorso di una dinastia e di una città che rappresentarono tra Quattro e Cinquecento uno dei punti più alti della civiltà figurativa europea, offrendo, finalmente, l'opportunità di inserire Ferrara nel novero delle grandi capitali culturali d'Europa.

Ferrara fu per due secoli un vero crocevia d'arte e di civiltà: gli Este, ispirati dalla  "magnificenza" delle corti del Nord, dettero prova di un mecenatismo tra i più illuminati, e attirarono in città artisti come Leon Battista Alberti, Piero della Francesca, Mantegna ma anche Rogier van der Weyden e Jean Fouquet. L'"officina ferrarese" nacque da questo straordinario incrocio d'influenze: Cosmè Tura, Francesco del Cossa, Ercole de' Roberti elaborarono un linguaggio pittorico sottile, bizzarro ed enigmatico, arricchito dalle cognizioni degli umanisti, degli astrologi e degli eruditi di corte.

Opere straordinarie che rappresentarono i grandi modelli dell'"officina" come un rilievo dall'altare del Santo di Donatello, il trittico Sforza di van der Weyden, l'Adorazione di Mantegna dal Metropolitan di New York  e poi i capolavori di Cosmè Tura degli Uffizi, del museo di Caen o di quello di Ajaccio, il San Giovanni Battista (Brera) di Francesco del Cossa o i Santini di Ercole de' Roberti dal polittico Griffoni illustreranno questo periodo di straordinaria fioritura dell'arte ferrarese.

Cosmè Tura, Arresto di San Maurelio, Ferrara, Pinacoteca Nazionale.I grandi manoscritti miniati per le chiese e per la corte mostreranno l'eccezionale stagione della miniatura estense con i codici della bottega del Crivelli, del Giraldi, di Matteo da Milano. Teatro, letteratura e musica rappresentarono per gli Este passioni dominanti: il musico fiammingo Josquin des Prez lavorò al servizio d'Ercole I: manoscritti e strumenti musicali affiancati nell'esposizione  ricreeranno l'atmosfera della musica di corte.  La vita dei Duchi elegante e raffinata si svolse, nell'epoca d'oro, sullo sfondo degli edifici, delle vie, delle piazze realizzate per l'"Addizione erculea", primo grande esempio di piano urbanistico concretizzato nel Rinascimento. Le "dame" della famiglia, Eleonora d'Aragona, Isabella, Beatrice d'Este e Lucrezia Borgia, e, più tardi, Renata, figlia del re di Francia, concorsero  allo splendore della dinastia.

Nel Cinquecento le favole pagane dipinte da Tiziano per il "camerino" d'Alfonso d'Este  furono modello di gusto per le corti italiane ed europee. Dipinti di Tiziano come i ritratti di Laura Dianti, amante e poi moglie morganatica di Alfonso I, del letterato Tommaso Mosti, del cardinal Bembo, chiariranno il fitto rapporto che legò il pittore veneziano alla corte estense, mentre le  copie di pittori italiani e stranieri tratte dai dipinti eseguiti da Tiziano per i Camerini illustreranno la diffusione dei temi e dello stile elaborato dal grande artista negli anni della committenza estense, che  segnarono - per la loro libertà compositiva - la  base per la nascita della  pittura barocca.

Le negromanzie e i miti illustrati da Dosso - come  la Melissa o l'Allegoria di Ercole, entrambe presenti in mostra - diffusero gli aspetti più stravaganti  dell'arte estense, in sottile consonanza con uno dei più grandi poemi cavallereschi, l"Orlando furioso", composto dall'allora poeta di corte Ludovico Ariosto. Le armi da guerra o da torneo tanto amate dagli Este saranno illustrate da pezzi straordinari come la guarnitura per Alfonso, anche le feste e i banchetti che allietarono la corte nelle grandi occasioni (matrimoni, visite illustri) di tutto il Cinquecento troveranno spazio con  i servizi da tavola  o con  manuali redatti dallo scalco di corte.

I versi della "Gerusalemme liberata" di Torquato Tasso e i grandi madrigalisti, Luzzaschi e Carlo Gesualdo, fecero risuonare della loro forza innovatrice gli ultimi anni del dorato tramonto del Ducato che seppe comunque offrire spazio ad artisti come Bastianino,  Scarsellino o Bononi.
Il passaggio di Ferrara allo Stato della Chiesa (1598)  portò ad una dispersione di innumerevoli opere d'arte raccolte nei palazzi e nelle "delizie" della corte. La diaspora del patrimonio d'arte estense contribuì alla formazione delle collezioni dei Cardinali romani e dei grandi Principi europei, costituendo, poi, la base per le maggiori raccolte d'arte figurativa dei musei di tutto il mondo.

La dispersione alimentò la leggenda dell'epoca d'oro estense: il mito di Ferrara, ripreso dalla letteratura romantica, irradierà per tutto l'Ottocento e il Novecento.

Il contributo che la Cassa di Risparmio di Ferrara e la Fondazione offrono  alla mostra "Une Renaissance singulière: la cour des Este à Ferrara" si inserisce in una lunga tradizione di attenzione e disponibilità verso la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico artistico della città.

Per anni, infatti, la Cassa di Risparmio di Ferrara, profondamente radicata nella città, ha svolto una intensa attività "editoriale", producendo opere di rilievo, improponibili per case editrici commerciali, commissionando ricerche e valorizzando monumenti ma anche artisti e vantando una collana  sulla pittura ferrarese con testi che  si sono rivelati autentici capisaldi per l'interpretazione critica di una scuola che tanta importanza ha rivestito nella storia della civiltà figurativa italiana ed europea.

Un altro settore importante di intervento che dal 1992 viene rafforzato dalla presenza della Fondazione Carife è quello dei restauri sostenendo le istituzioni pubbliche, offrendo un contributo finanziario essenziale: grandi restauri monumentali si sono affiancati a interventi minori ma di grande prestigio nell'intento continuo di salvaguardia del patrimonio storico della città.

Anche sul terreno del collezionismo la Cassa e la Fondazione si sono mosse acquistando e recuperando sul mercato non solo singoli dipinti ma intere collezioni che rischiavano la dispersione sul modello delle grandi raccolte ferraresi sette-ottocentesche con il proposito di salvare non solo la memoria  ma anche l'immagine della città. E' questo il caso dell'acquisto della collezione Massari, una storica raccolta ferrarese, recuperata dagli eredi in due tranches nel 1961 e nel 1973 e della recente acquisizione della Fondazione, la Sacrati Strozzi.

In questo settore la Cassa di Risparmio di Ferrara ha rappresentato in Italia un unicum con quell'atto fondamentale che è stato, nel 1984, il deposito, regolato da una convenzione, di gran parte delle proprie raccolte presso la Pinacoteca Nazionale di Palazzo dei Diamanti. Questa iniziativa ha costituito veramente un momento di straordinaria importanza nei rapporti tra stato e istituzioni bancarie e ha segnato una strada, attualmente percorsa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, rappresentando il primo vero ingresso di un istituto di credito nell'intimo della museografia italiana.

Con questo atto si è assicurato alle proprie raccolte quella grande visibilità, che solo un museo poteva garantire, nel solco della grande tradizione di senso civico che caratterizzò la nascita del collezionismo ferrarese e nel concetto fondamentale della pubblica utilità.