Il 'singolare rinascimento'

Scritto da  Gianni Venturi

Anonimo, Polimnia, Staatliche Museum, Gemäldegalerie, BerlinI capolavori estensi simbolo dell'identità ferrarese in una eccezionale mostra europea.

L'esposizione di Bruxelles, Une Renaissance singulière. La cour des Este à Ferrare si è proposta, e ha ottenuto, l'ambito riconoscimento di essere l'esposizione "ufficiale" del semestre italiano di Presidenza e come tale ha visto all'inaugurazione la presenza del Capo dello Stato italiano Carlo Azeglio Ciampi con la signora Franca, dei reali del Belgio Alberto e Paola, dell'ex regina Fabiola, della principessa Claire, di Lorenz d'Asburgo d'Este e di Astrid del Belgio, e di un notevole numero di personalità del mondo politico e amministrativo dell'Unione Europea.


Ferrara era rappresentata dal sindaco Gaetano Sateriale, dal Presidente della Provincia Piergiorgio Dall'Acqua e dai vertici della Cassa e della Fondazione, Alfredo Santini e Sergio Lenzi, in prima fila nella sponsorizzazione della mostra; la regione Emilia Romagna dal suo presidente Vasco Errani.


Al ricevimento all'ambasciata italiana, offerto dall'ambasciatore Vattani, erano presenti il ministro Castelli e i commissari Mario Monti e Tommaso Padoa Schioppa oltre alle personalità più notevoli della cultura belga e di una piccola rappresentanza di ferraresi che, per cura dell'associazione Amici dei Musei e dei Monumenti Ferraresi, avrebbe visitato, assieme alle autorità ferraresi, la mostra il giorno successivo accompagnata dai responsabili scientifici Francesco Ceccarelli, Paolo Fabbri, Marco Folin, Gianni Venturi e dai commissari della esposizione Jadranka Bentini e Grazia Agostini.

I nomi che per Proust rappresentano le cose e le idee ben si adattano a questo recupero di un mondo e di una civiltà così singolare, quasi che sotto i nomi degli Estensi si celi il senso di un'identità culturale tanto più prestigiosa e affascinante quanto più si discosta dal più vulgato concetto di Rinascimento che, come si sa, è stato modellato soprattutto sulle splendide offerte che provenivano da Firenze, da Roma e da Venezia.

I motivi per cui questa singolarità è la cifra culturale, politica e ideologica della Corte estense nel suo periodo ferrarese s'intrecciano e si rimandano nel percorso ideale della mostra, nelle sue sezioni di progettualità del territorio e di costruzione della città, dell'immaginario culturale attraverso il quale gli Estensi governarono lo Stato con una straordinaria capacità di cogliere i riflessi del nuovo e di farli confluire nel grande alveo della tradizione cavalleresca che sanciva il loro status e la loro antichità di stirpe, tanto da esercitare un primato, particolarmente visibile nel Cinquecento, nel campo della musica della letteratura e delle arti figurative.

La mostra si snoda così per sezioni collegate fra loro e che riconducono tutte a quel concetto di magnificenza che è la cifra stilistica e politica dello Stato estense, quando appunto Ferrara è capitale dello Stato. Non a caso il percorso si conclude con l'opuscolo e la xilografia che testimoniano il "felicissimo ingresso" in città di papa Clemente VIII Aldobrandini e che sancisce la fine del potere estense sulla città nel 1598.

L'esposizione si apre davanti a un grande schermo che è l'incipit della mostra dove, in una sequenza cinematografica di 21 minuti, vengono narrati i momenti salienti del nuovo rinascimento ferrarese attraverso i film dei maestri che hanno fatto la storia del cinema e hanno testimoniato del loro interesse per la città estense: Visconti, Lattuada, Vancini e soprattutto i grandissimi Antonioni e Olmi.

Accolto da questo straordinario invito a conoscere la città, il visitatore è condotto a rendersi conto del territorio in una sala dove, assieme alle più celebri piante di Ferrara e dello Stato estense, è esposto un capolavoro di Tiziano che in un primo momento era stato dipinto per la corte estense e che rappresenta Ferrara che si sottomette alle virtù, divenuto in seguito - per le vicende della Devoluzione della città al potere papale -, la Spagna che soccorre la religione. 
Poi il percorso ci fa entrare, attraverso via delle Volte rappresentata da suggestive fotografie (l'ultima delle quali è in movimento: una soluzione che ha ottenuto molto successo presso il pubblico, incantato dal via vai delle biciclette e dei pedoni), nel cortile del Castello dove sono esposti (assieme ai libri e alla genealogia degli Estensi del Falletti) gli strepitosi marmi della famiglia Estense, da Borso scolpito da Sperandio, a Ercole II dello Spani che un tempo adornava la loggetta della Camera della Pazienza in Castello e il bellissimo busto del Romano di Beatrice d'Este ora al Louvre, di cui per la prima volta si vede la meravigliosa treccia che nella collocazione francese rimane nascosta.

E ancora, splendide armature, quadri di cavallerie che testimoniano il gusto estense per quel tipo di spettacolo, il torneo, e tutto il corredo che evoca la passione dei signori d'Este per quel genere di esibizione del proprio valore guerresco. Attraverso una sala dove sono esposte le testimonianze del gusto per l'antico e la volontà di eternare la stirpe con la realizzazione della prima statua a cavallo concepita dall'antichità proprio per Ferrara (si tratta di quella eseguita per il marchese Niccolò III, ora situata sopra l'arco del cavallo disegnato probabilmente da Leon Battista Alberti) l'esposizione si snoda al secondo piano, dove si sviluppa in tutto il suo splendore la serie di capolavori che resero celebre la piccola città di Ferrara nell'intera Europa.

Ecco allora ben tre Muse che adornavano lo studiolo del principe umanista Leonello su un totale di sei, tra cui l'irripetibile Polimnia di Berlino che ricorda nella sua postura le ormai evidenti tracce del pensiero umanistico e di Piero della Francesca innestate sul tronco della tradizione del gotico internazionale e borgognone. A seguire, un corridoio rutilante di colore dove sono esposte le testimonianze più alte del libro miniato in cui la committenza estense non fu seconda a nessuno: dalla Bibbia di Borso in fac-simile alle pagine preziosissime dei fogli del Breviario di Ercole, all'Uffiziolo di Alfonso di cui sono presenti le due parti smembrate.
Lo stupore dimostrato dal re del Belgio nell'ammirare quelle pagine è stato simile a quello dimostrato dalla regina Paola di fronte al quadro di scuola ferrarese che rivela, di là della carta strappata a trompe-l'oeil, una delicatissima Madonna con Bambino e Angeli del Maestro del desco di Boston, della Galleria nazionale di Edimburgo, in cui le influenze fiamminghe s'incontrano, s'intrecciano, si fondono con l'esperienza pierfrancescana e con il nuovo corso della pittura umanistica.

È il momento più alto e più complesso della Mostra questo che assembra una serie di capolavori raramente visibili fuori dai Musei di provenienza e che rappresenta al meglio la straordinaria capacità fabulatoria e "singolare" della pittura ferrarese del Quattrocento. Si comincia con il celeberrimo ritratto di Leonello del Pisanello, in cui la ricchezza della decorazione e delle vesti si accoppia con la nobiltà del ritratto all'antica con il volto di profilo e la singolare capigliatura. Poi, preceduta da opere di Mantegna, Bellini e Donatello, la sala dei Tura, di una forza e bellezza indimenticabili, tra cui spiccano la straziante Pietà Correr e la poco conosciuta e straordinaria Madonna con Bambino e santi del Museo Fesch di Ajaccio. Infine, e varrebbe da solo il viaggio a Bruxelles, il San Giovanni Battista di Ercole de' Roberti, proveniente da Berlino.

Il percorso cinquecentesco riscopre il fasto e la potenza estense con i pezzi forse più ammirati dell'intera esposizione, vale a dire i ritratti di Isabella d'Este e di Laura Dianti dipinti da Tiziano e la sala dell'Ariosto che esibisce, accanto a preziosissime prime edizioni dell'Orlando Furioso e delle Commedie ariostesche, i due splendidi affreschi, provenienti da Bologna, di Niccolò dell'Abate raffiguranti due episodi dell'Orlando.

La testimonianza del fasto estense e del collezionismo di Alfonso I è affidata alle copie dei celebri Baccanali che adornavano i Camerini alfonsini. Dei quattro grandi quadri spiccano le copie da Tiziano eseguite dal Padovanino. Una meravigliosa tavola imbandita con vetri e ceramiche quattro-cinquecentesche ricorda ai visitatori l'attenzione della Corte per la recita del cibo attraverso i banchetti, vere e proprie rappresentazioni del fasto signorile e dei loro autori e descrittori, il Messisbugo e il Rossetti, le cui preziose opere sono in mostra.

E il secondo momento della pittura ferrarese è rappresentato da una serie caleidoscopica di splendidi Garofalo, Mazzolino, Ortolano, Scarsellino e Bastianino tra cui la celeberrima Melissa (altrimenti conosciuta come Alcina o Circe) di Dosso Dossi.

Il tramonto dorato anche se tragico degli Estensi, che per volontà del Papa abbandoneranno Ferrara nel 1598, si conclude con la sala dedicata alla musica, al Tasso e a una scelta di quadri secenteschi di soggetto tassiano. Qui, accanto all'edizione della Gerusalemme Liberata illustrata dai disegni del Monio e al ritratto del Tassino di Iacopo Bassano, si trovano gli splendidi strumenti musicali dell'epoca a significare la prima, forse, passione degli Estensi per la musica e quel Concerto per le dame che Luzzasco Luzzaschi o Gesualdo da Venosa allestivano su testi dei poeti di corte tra i quali spiccano il Tasso e Gianbattista Guarino.

Si conclude qui la rassegna della magnificenza estense (e ferrarese), in un percorso che era stato sempre rimandato dal tempo dell'inarrivabile mostra del 1933 a Ferrara. Questa esposizione ha l'ambizione non solo di ricucire i fili strappati della cultura estense rinascimentale, ma di presentarsi come un percorso di alta divulgazione che permetta anche al non specialista di comprendere e di ammirare un prodotto così "singolare" di ciò che si è soliti chiamare Rinascimento. E si potrà capire allora perché, in un momento che rappresenta nel mondo l'importanza dell'apporto italiano all'idea di Europa, a chi l'accompagnava nella visita il Presidente Carlo Azeglio Ciampi abbia recitato di fronte ai cimeli ariosteschi un'ottava del grande poema: e a memoria.

La Fondazione e la Cassa di Risparmio possono essere orgogliose di avere creduto in questa impresa e di averla così generosamente aiutata per ricordare, se ancora ce ne fosse bisogno, che i ferraresi, affidando la gestione del proprio denaro prevalentemente a questo Istituto di Credito, vogliono e desiderano che i legami col proprio passato così impietosamente depredato dalla storia e dagli uomini sia garanzia per un futuro di civiltà e di cultura.