Per non gravare sui fondi comunali perennemente carenti e limitare i necessari contributi romani, si rivolse ai due più prestigiosi esponenti della nobiltà cittadina, il marchese Carlo Bentivoglio e il conte Girolamo Cicognara, perchè inducessero il patriziato ferrarese e la più facoltosa borghesia ad accollarsi la spesa della costruzione dei quattro ordini di palchi previsti dal progetto in cambio del loro perenne possesso, e a fondare una "società di divertimenti", che aprisse la sua sede in un appartamento allora in affitto a Girolamo Bosi, adiacente all'erigendo teatro, da allestire e trasformare a loro spese pure in cambio di perenne possesso, ma con l'obbligo di riservarne una parte a favore del teatro.
Con questi accorgimenti e programmi, la costruzione procedette alacremente durante tutto il periodo del cardinale Carafa che, purtroppo, nel 1785 fu richiamato a Roma prima che la costruzione della società di divertimenti venisse realizzata.
Nel corso del mandato del suo successore, cardinale Ferdinando Spinelli, la costruzione ebbe un lungo periodo di stasi per i molti contrasti sorti fra il nuovo progettista Antonio Foschini e l'ingegner Cosimo Morelli, ispettore mandato da Roma dal pontefice Pio VI a controllare la costruzione, tanto che anche nel 1798, quando fu necessario aprire il teatro per festeggiare l'arrivo a Ferrara delle truppe francesi della Armèe d'Italie, il Comunale risultò ancora incompleto e privo del foyer.
L'idea del cardinale Carafa del "Casino di divertimento", aveva però continuato a camminare, soprattutto per la nuova atmosfera politico-sociale napoleonica e, il 22 dicembre 1803, anche la società del Casino aprì la sua sede nell'appartamento d'angolo attiguo al teatro, situato di fronte al "Canton della Campana".
Da quell'anno, le attività del teatro e i progressi della società si svilupparono quasi in simbiosi, valorizzandosi reciprocamente, tanto che la rappresentazione del "Ciro di Babilonia" di Rossini su libretto scritto dal vicepresidente del Casino, conte Francesco Aventi, ha avuto Gioacchino Rossini ospite d'onore della società.
Non si deve tuttavia ritenere che il Circolo Unione debba la sua nascita o, peggio, la sua crescita all'ambizione di avere sede in ambiente di tanto prestigio o per assecondare l'esigenza dei legati pontifici: esso si è compiuto e sviluppato, come inequivocabilmente risulta dai pochi verbali superstiti dell'epoca, per «voler ad ogni costo riuscire nella santa impresa di liberare l'Italia dallo straniero».
Questa "santa impresa" ha orientato fin dai primi anni dell'Ottocento ogni attività dei presidenti, delle rappresentanze e dei suoi primi 291 soci, di cui 55 signore con piena parità di diritti con gli uomini, attirando ogni tipo di persecuzioni verso ogni socio del Circolo potenzialmente sospettato di coltivare propositi carbonari. Nell'occasione dei moti del 1831, il socio avvocato Caroli pagò con l'esilio l'essere stato l'alfiere del tricolore partito dalla Società del Casino per essere issato sul Castello, mentre nel 1848 fu il presidente Carlo Mayr a dover fuggire a Lugo per evitare l'arresto.
Nel 1859 perse la vita il socio Carlo Aventi, volontario a Cornuda, mentre è nelle sale del Circolo che è nato il Corpo dei Bersaglieri del Po, per opera del figlio del presidente, conte Ercole Mosti Estense, con tutta la rappresentanza che si offriva in ostaggio, con rischio di fucilazione, per sostituirsi ai giovani ferraresi insorti tratti in arresto.
Il patriottismo del Circolo si è anche manifestato con la cospicua sottoscrizione del prestito nazionale caldeggiata dall'autorevole membro della rappresentanza, conte Gaetano Recchi, che fu il fondatore della nostra Cassa di Risparmio, e con le sue chiusure per lutto alla notizia della sconfitta coloniale di Adua o del terremoto di Casamicciola, oltre che con l'acquisto di fucili per il "battaglione della speranza" e l'approntamento delle divise per la nuova guardia civica. Grandissimo è stato l'impegno delle sue signore per la sistemazione in città dei profughi dopo la ritirata di Caporetto, mentre gli ufficiali feriti o convalescenti a Ferrara poterono fruire del Circolo in qualità di soci.
Non soltanto nelle vicende patriottiche il Circolo Unione si è prodigato costantemente, ma anche in occasione delle calamità naturali, sia ospitando nelle case d'alcuni soci le famiglie degli alluvionati della rotta del Po del 1872 e in quella del 1951, sia devolvendo alle popolazioni delle ripetute traversie che hanno afflitto in anni più recenti il meridione, gli importi dei previsti costi delle feste abolite per quelle circostanze, com'era avvenuto nel 1878 alla morte di Vittorio Emanuele, il re galantuomo, per concorrere alla costruzione del monumento in sua memoria.
Pure in occasione di eventi felici della nazione, e particolarmente della città, il Circolo ha cercato di apportare il suo contributo, organizzando la celebrazione del IV Centenario della nascita dell'Ariosto e partecipando ai festeggiamenti "dell'ottava d'oro", promuovendo la rievocazione del Palio San Giorgio.
Nelle sue sale sono passati personaggi come il Carducci, maestro del socio Beppino Agnelli; Vincenzo Monti e Leopoldo Cicognara, anche dopo la sua nomina a presidente dell'Accademia di Belle Arti di Venezia, amici della socia Marietta Scutellari, fondatrice del salotto culturale più frequentato all'epoca; scrittori come Bacchelli, Gruyer e le sorelle Noyes; studiosi di valori del territorio e di palazzi ferraresi, come Salmi e Maiori; compositori come Verdi, Rossini, Mascagni, Pacini e Abbado; regnanti come l'imperatore d'Austria e il re di Prussia, il re d'Italia e Alfonso di Spagna, il gran duca di Toscana e di Modena, il principe di Lucca e Francesco IV di Modena, il maresciallo Nugent, oltre che quasi tutti i duchi di casa Savoia e Aosta.
Nel lungo trascorrere di questi due secoli straordinari, nei quali si è passati dalle carrozze a cavalli ai voli interplanetari attraverso la Rivoluzione francese, la Repubblica Cisalpina, la Monarchia napoleonica, la Restaurazione, il Risorgimento, il Regno d'Italia, la Repubblica e l'Unione Europea, il Circolo, costantemente alieno da ogni partecipazione politica e nel rispetto di un unico privilegio - quello del dovere - mai ha mancato di dare testimonianza di costante apertura alle esigenze di una società via via più moderna: come per la parità di diritti attribuita alle signore dalla fondazione e come per l'apertura agli ebrei, fin dal 1848.
Nella ricorrenza del suo primo centenario di vita, il presidente, il garibaldino Stefano Gatti Casazza, e il vate Domenico Tumiati, hanno esaltato lo spirito di fratellanza del Circolo e il suo amore per Ferrara: la colta, la bella, la forte - in un mirabile poema. Quest'anno, per il bicentenario, il Circolo affiderà in custodia all'Archivio di Stato il suo archivio ricco di storia ferrarese vissuta in prima persona, per avere molti dei suoi soci fatto parte dei consigli centumvirali della città o delle magistrature dei savi e anche ricoperto l'incarico di gonfaloniere, come nei primi cinque anni è avvenuto per il presidente, conte Antonio Avogli Strozzi.
I suoi documenti avranno così la possibilità di essere consultati da tutti i ferraresi interessati alla storia della città. L'attuale rappresentanza è, inoltre, impegnata a ottenere la riapertura dell'Auditorio per consentire ai ferraresi, amanti della musica, di ritornare ad ascoltare le note di quel suo eccezionale organo e i concerti di cui hanno goduto fino al 1970. Da allora le autorità ne hanno prescritto la chiusura al pubblico perchè privo delle sicurezze di legge. L'entusiasmo che stanno mettendo in atto le signore del Circolo per indurre le istituzioni a superare le difficoltà che si frappongono alla riapertura, lasciano sperare che anche questa iniziativa presa per celebrare il duecentesimo abbia successo.
È con questi propositi e con tale speranza che l'attuale rappresentanza ispirata alla tenacia e alla generosità dei più recenti presidenti, Giancarlo Felisi e Antonio Boari, zio dell'attuale presidente, si appresta a dar corso al terzo secolo di vita del «primogenito dei circoli italiani», come lo definisce la Enciclopedia Treccani alla voce "Club".