Realizzazione divenuta memorabile in una stagione fervente per il recupero del patrimonio storico-artistico del Paese e della cui importanza gli interlocutori erano ben consapevoli tanto da voler suggellare l'evento con una lapide, rimasta sino a oggi irrealizzata.
Da Roma scrive Bassani, su carta intestata di Italia Nostra, l'8 maggio 1960:
Caro Beppe,
grazie di tutto. Le tue cartoline sono arrivate tutte e due ieri, insieme. Come vedi, la posta funziona alla perfezione!
Farò senz'altro la lapide per la tua casa: la prossima volta che verrò a Ferrara scriveremo insieme il primo abbozzo. E' qualcosa che dovrai avere sotto gli occhi continuamente occorre, perciò, la tua collaborazione e l'adesione incondizionata.
La carta intestata ha una precisa intenzione allusiva. Vuoi deciderti, per favore, a fondare la sezione ferrarese di Italia Nostra? Tu, come restauratore della casa del Sale, e proprietario dei relativi affreschi, hai i maggiori titoli per farlo.
Tornando al libro, Foà mi ha detto mirabilia della Temperanza. Domani, dopo domani andrò a Torino, e sarò felice che la copertina sia realizzata nel modo migliore [...]
Da Ferrara risponde Minerbi il 14 maggio:
Caro Giorgio,
a tua del 8 c/m. Va bene per la lapide, ma siccome dovremo attendere una tua visita a Ferrara - per intanto - se non hai davvero perduto il mio testo - potresti mandarmene copia. Mi faresti molto piacere, perché quello è stato scritto in un momento particolare che "è quello in cui costruivo (posso dirlo!!) la ns/ casa" Qualsiasi cosa tu consigli, modifichi o - completamente nuova - tu scriva, dovrebbe per me riecheggiare quei pensieri o quei concetti [...] e a proposito di casa voglio dirti anzi ripeterti, che è per me del tutto fuori posto chiamare "casa Minerbi" una casa che è ns/ da appena mezzo secolo scarso [...] quando Cesare (Gnudi) scriverà dovrà pur dire qualcosa della storia dell'edificio; e allora addio Minerbi, e con loro Longhi [...] insomma, io dico che sarebbe assai meglio che nel tuo libro fosse detto Del Sale e non Minerbi [...]
Molti saluti affettuosi anche a Valeria.
Casa Minerbi (questo il nome che si consoliderà nel tempo nonostante la nobile ritrosia del suo autore) sta nel cuore della Ferrara medioevale, a fianco del palazzo del Paradiso. Tra il XIV e il XV secolo, ospitava la famiglia dei Del Sale, ricchi mercanti vicini ai Duchi d'Este.
Banchieri, ambasciatori, artisti di tutta Europa si muovevano in quell'edificio, dominato da un vasto salone affrescato "da un ancor oggi misterioso pittore giottesco (forse ferrarese)" poi conosciuto come Maestro di Casa Minerbi. Vi sono raffigurate le Virtù e i Vizi, in un vigoroso ciclo pittorico di ben settanta metri quadrati.
Quasi sconosciuto fino ad allora, il ciclo diviene celebre quando, con la casa, viene recuperato dalla straordinaria intuizione e volontà di Beppe Minerbi per divenire uno dei più importanti complessi figurativi trecenteschi di proprietà privata, monumento di valore nazionale.
Giuseppe Minerbi (1903-1991) è uomo schivo, di acuta pragmatica intelligenza, agronomo, amministra e conduce il vasto patrimonio fondiario famigliare in una visione moderna dei problemi dell'agricoltura ferrarese di cui è profondo studioso. Dal 1945 al 1973, per quasi trent'anni, consigliere e animatore delle iniziative culturali della Cassa di Risparmio di Ferrara, promuove fra l'altro la collana di monografie sulla pittura ferrarese, tappa fondamentale per la conoscenza del nostro patrimonio artistico. Nel 1961, diviene primo presidente di Italia Nostra a Ferrara, seguendo il perentorio invito dell'amico Bassani che leggiamo proprio nella lettera qui pubblicata.
Fin da ragazzo, Beppe scopre la presenza di affreschi nella vecchia dimora di famiglia e sogna, un giorno, di poterli recuperare; e, quando i Minerbi riordinano il loro patrimonio, lì concentra tutti i propri interessi e le proprie energie creative e finanziarie. Ottiene così per sé e per i suoi figli quella casa che intende far rivivere attraverso i mirabili affreschi ancora sommersi nelle pareti sberciate, fra cortili segreti, loggiati, antichi muri.
Tutto deve essere fatto rinascere alla godibilità dell'uomo di oggi. Così vuole Beppe. Ma come? Il nuovo "signore" ritiene che il modo più naturale per raggiungere lo scopo sia quello di collocarvi la propria abitazione. Il respiro dell'arte verrà assicurato dal vivere quotidiano del "padrone" e della sua famiglia. L'antico dovrà convivere con il moderno e il razionale. Ma l'obiettivo centrale, il chiodo fisso, è quello di aprire alla conoscenza di tutti un patrimonio artistico fino ad allora sconosciuto. E lo farà da solo, impegnando tutte le proprie sostanze.
Beppe, sempre con l'amatissima moglie Olga, crea un'"officina" riunendo uno straordinario gruppo di amici selezionati nel comune sentire e nelle diverse competenze, tutti protesi nel costruire la "sua" creatura, lontani da ogni erudizione di provincia. Un gruppo irripetibile.
Così, con lucida sensibilità storicistica, lontano da visioni estetizzanti o nostalgiche, Beppe chiama a sé quanto la cultura dell'epoca esprime ai massimi livelli. Da studiosi di storia dell'arte come Cesare Gnudi, Mario Salmi, Francesco Arcangeli e, in seguito, Carlo Ludovico Ragghianti, ai restauratori Arturo Raffaldini con il giovane Ottorino Nonfarmale e un grande architetto, Piero Bottoni. È suo fraterno amico e Beppe sa che solo lui può affrontare in termini di eccellente modernità la salvaguardia dell'antico.
Su ogni altra è presente la voce di Giorgio Bassani (entrambi provengono dal Partito d'Azione) da sempre in profonda sintonia con il nostro per sensibilità, cultura e valori laici, come ben testimoniano le due lettere. Nella mente e nel cuore di Bassani, l'atmosfera e i preziosi affreschi di casa Minerbi - che immancabilmente ammira nei frequenti ritorni da Roma - faranno da sfondo a una compiaciuta visione positiva della sua Ferrara, tanto che all'amico Beppe Minerbi vorrà dedicare L'Airone, ultima sua altissima opera.
Il cantiere di via Giuoco del Pallone opera fervente tra gli anni '56 e '59. Beppe vive la giornata degli operai, dei restauratori, dei progettisti. L'erede dei Del Sale è come Ercole d'Este, il signore che si circonda degli uomini migliori che in lui "sentono" la guida sicura. Il risultato è strepitoso. Gli affreschi riemergono splendenti, sapientemente trattati da mani espertissime senza alcun apparente restauro/rifacimento, come orgogliosamente vanterà Beppe.
Nuove stanze per l'abitazione della famiglia vengono ritagliate negli antichi spazi, oggi resi confortevoli, corredati da moderni servizi (ogni camera abbia un bagno!), con arredi pregiati e mobili ideati da Piero Bottoni mentre progetta le architetture. Un gioco sapiente e fantasioso ove materiali e oggetti antichi e moderni si fondono in raffinata armonia, sempre ispirata all'immagine degli affreschi contigui.
Una preziosa incisione di Morandi, ceramiche di Lucio Fontana, un forte legno di Annibale Zucchini, il colore di tre splendidi Cattabriga si alternano a graffiti rinascimentali e accompagnano una biblioteca selettiva, ordinatissima come lo spazio delle macchine fotografiche di cui Beppe è acuto studioso. Fuori, nella penombra dei chiostri, alcuni alberi svettano fra le pareti quattrocentesche rinnovate.
Tutto è genialmente recuperato e studiato. Dai sottotetti agli umili servizi, alle scale che disimpegnano razionalmente i locali. Una mirabile fusione dello spirito "domestico" geloso della privacy e nello stesso tempo funzionale alla divulgazione del tesoro che si sta creando. A questa duplice valenza è ispirato il geniale percorso creato da Bottoni in alternativa a quello principale della casa di abitazione.
Un piccolo ingresso sul retro potrà consentire al pubblico selezionato la visita agli affreschi senza interferire nella dimora privata e viceversa. Da una porticina in via del Granchio, con il campanello vezzosamente intestato ai "Del Sale", l'ospite salirà alla sala dei Vizi e delle Virtù attraverso un nuovo ballatoio aggettante sul cortile (con le leggi di oggi non me lo avrebbero mai consentito!!!).
In quella sala passeranno per quaranta anni i più autorevoli studiosi e amanti dell'arte che verranno a Ferrara spesso solo per questa visita ambita. I nomi illustri non si contano. Da ultimo vi sosta ammirato Andrè Chastel.
Tutti vengono accolti nell'atmosfera rarefatta, amabile, intrisa di aristocratica semplicità dei coniugi Minerbi. Nè mancano momenti particolarmente solenni. Un frammento cineamatoriale documenta la presentazione dell'organo settecentesco restaurato da Beppe per la moglie Olga. Vi compaiono Riccardo Bacchelli con la moglie, Giorgio Bassani con la madre Dora, Cesare Gnudi e altri. Piero Bottoni non c'è più. Tutt'attorno, nella sala degli affreschi, i due figli, Marco e Ottavia, le nipotine, Ida Bonfiglioli e Matilde Bassani con pochi selezionatissimi amici come in una saga degna di Luchino Visconti.
Gli ultimi anni di Beppe e di Olga sono vissuti nella preoccupazione del temuto deterioramento degli affreschi. Alla vigilia della morte, Beppe vuole lanciare un appello al sindaco e ai soprintendenti ai Beni Culturali "Gentili Signori, nei giorni scorsi nel ripensare ai vari problemi che interessano la mia ormai veneranda età, ho scritto un appunto sui pericoli che corrono gli affreschi di Casa Minerbi la cui salvaguardia, com'è noto, è stato uno dei non ultimi scopi della mia vita. Penso giusto che, anziché alla città a cui avevo pensato di rivolgermi, siano Loro i destinatari di questo mio appello (...)"
È il 29 agosto 1991. Beppe Minerbi morirà il 15 ottobre successivo. Di lì a poco lo seguirà Olga. Casa Minerbi, come l'abbiamo conosciuta, si chiude. Per un attimo si è addirittura sperato che, così com'era, divenisse dimora di un illustre artista. L'edificio viene acquistato dal Comune nel 1995, gli arredi suddivisi tra gli eredi. Sono passati quasi due lustri e, dopo varie ipotesi, non si conosce ancora quale sarà la definitiva destinazione del complesso Minerbi, ormai svuotato.
La magica casa creata da Beppe e Olga che abbiamo velocemente ricordata, è vissuta per quarant'anni. Rimarrà solo nella memoria di pochi e nello scritto di Emanuele Mattaliano con le splendide immagini di Aldo Ballo, pubblicate in Vogue Casa del 1984.
Per il ciclo pittorico vi è la ricca monografia di Carlo Ludovico Ragghianti, edita dall'Associazione fra le Casse di Risparmio Italiane. Oggi gli affreschi attendono di rivedere la luce, nell'edificio restaurato, in appropriato contesto, magari recuperando gli arredi originali, e la lapide di essere apposta come intendevano Beppe e Giorgio.