E' difficile, oggi, immaginare come in passato un prodotto comune e povero come il sale potesse essere tanto importante. In effetti, fino all'avvento dell'industrializzazione, oltre che un condimento, il sale era soprattutto uno dei pochi conservanti per alimenti. La mancanza, poi, di mezzi meccanici per l'estrazione del salgemma, rendevano il sale marino l'unico producibile senza sforzi immani. A ciò si aggiunga che la raccolta del sale marino richiede condizioni climatiche e caratteristiche territoriali molto particolari e tutt'altro che diffuse.
Rispetto a oggi, dunque, il sale era più necessario alla vita di tutti i giorni e, nel contempo, più difficilmente reperibile. Gli stati che riuscivano a controllare le zone di produzione potevano contare su mercati redditizi e costanti.
Le valli di Comacchio, per la naturale facilità a incamerare acque marine, per i fondali bassi e argillosi e la vicinanza a quell'importante via commerciale che era il Po, attirarono per secoli le attenzioni degli stati che dominarono la storia italiana.
Se per tutto l'alto Medioevo l'area del Delta godette di una certa prosperità economica e commerciale, con l'avvicinarsi del Mille il sale comacchiese cominciò a diventare un fattore di costante tensione nei rapporti tra Venezia e gli Estensi. Forte di diverse saline sparse nel suo territorio (quelle di Chioggia, Aquileia, Grado, Pirano), la Serenissima non tollerò mai la concorrenza dei vicini comacchiesi.
Per secoli, quindi, sia che dominasse direttamente il territorio comacchiese sia che lo controllasse attraverso rigide imposizioni alla Ferrara estense, Venezia riuscì a impedire che a Comacchio si producesse sale. Questo almeno sulla carta, perché i comacchiesi riuscirono sempre a creare dei mercati di contrabbando che, per quanto più pericolosi e difficili, non furono meno fiorenti di quelli legali.
Tale rimarrà la situazione dai primi del X secolo (nel 932 Venezia distrusse Comacchio e la Salina) fino alla fine del '400. Dal Cinquecento, si affaccia poi sulla scena politica regionale un nuovo protagonista, il Papato. Nulla però cambia per i comacchiesi: da naturali proprietari di questa risorsa, per secoli saranno ridotti a clandestini nella loro terra, costretti a "rubare" ciò che sarebbe dovuto essere legittimamente loro.
Sarà solo ai primi dell'Ottocento, con la breve parentesi napoleonica in Italia, che si deciderà di ridare vita alla salina, trasformandola in un moderno stabilimento per grandi produzioni. Il progetto elaborato dagli ingegneri francesi verrà poi realizzato dalle autorità papali, dopo il Congresso di Vienna tornate in possesso dell'intero Ferrarese.
Nel secolo e mezzo successivo, la salina vivrà il periodo più felice della sua storia, ottenendo le massime produzioni (circa 150.000 quintali annui) e creando centinaia di posti di lavoro.
Ma nel 1962, la meccanizzazione della raccolta del sale e gli stravolgimenti morfologici apportati alle vasche di ultima evaporazione, anziché migliorare le capacità produttive dell'impianto, si riveleranno un disastro. La produzione calò irrimediabilmente, fino a un terzo di quella registrata più di un secolo prima.
Troppo poco produttiva, senza più la protezione del monopolio statale (a cui lo Stato italiano metterà fine nel 1973), e al contempo sempre più esposta alla "concorrenza" della salgemma, nel 1985 la Salina di Comacchio verrà definitivamente chiusa dal Ministero delle Finanze.
Durante l'ultimo ventennio, l'economia ha lasciato il posto a nuovi ospiti. L'assenza pressoché totale di attività umane ha trasformato la salina in un'oasi naturalistica, dimora di una notevole varietà di uccelli, l'importanza della quale è riconosciuta dall'Unione Europea.
I suoi ampi specchi d'acqua salmastra molto bassi, circondati da chilometri di argini ormai ricoperti dalla vegetazione, raramente attraversati dall'uomo, hanno permesso l'instaurarsi di colonie di uccelli acquatici di notevole valore naturalistico. È il caso della spatola, specie sempre più rara a livello europeo, o dello splendido fenicottero, il cui caratteristico piumaggio roseo delle ali regala un tocco di esotismo all'intera salina. Ma anche l'avocetta, col suo particolare becco all'insù, trova qui uno dei pochi habitat capaci di accoglierla. A essi si aggiungono, poi, altre specie di grande valore avifaunistico, come il gabbiano roseo, la sterna comune, il buffo beccapesci e il più tozzo fraticello.
Paradossalmente, però, le stesse condizioni che hanno permesso l'instaurarsi di questo patrimonio naturale rischiano di essere anche le cause di un futuro degrado ambientale dell'ecosistema della salina.
Infatti, quasi a voler continuare la travagliata vicenda storica di quest'area, se l'abbandono delle attività antropiche ha creato quella tranquillità necessaria all'avifauna selvatica, l'interruzione della gestione idrica della salina (a seguito della sua dismissione produttiva) rischia di compromettere irrimediabilmente le fondamenta di questo complesso meccanismo biologico.
La stagnazione riduce la presenza di ossigeno nelle acque, e con esso scompaiono via via animali e organismi viventi. L'interruzione della produzione del sale ha progressivamente dolcificato le acque interne, con la conseguente diminuzione di quella flora adatta ai terreni soprassalti. Modificare però la vegetazione degli argini delle vasche significa anche rischiare di rendere questi terreni non adatti alla nidificazione di certi tipi di uccelli, che sarebbero così costretti a cercare altri luoghi. Insomma, una sorta di effetto-domino capace di distruggere l'intero ecosistema.
È per questo motivo che nel luglio del 2001 Unione Europea, Regione Emilia Romagna e Parco del Delta del Po hanno avviato uno dei progetti LIFE (attraverso i quali la UE attua la propria politica ambientale) di ripristino ecologico e di conservazione degli habitat della Salina.
E' un progetto importante, non solo dal punto di vista naturalistico, ma anche da quello culturale. Una volta garantiti gli equilibri ecologici, infatti, la salina diventerà anche un ambiente visitabile e "leggibile" per il pubblico, in modo che un progetto di difesa del territorio possa anche essere occasione per diffondere una maggiore coscienza ambientale.
Una "salinetta in miniatura" nella quale verrà riavviata la produzione del sale, permetterà ai visitatori di comprendere in presa diretta il funzionamento di quella complessa macchina idraulica e solare che è la salina.
Aperto al pubblico sarà poi il centro operativo della salina, dove i monitoraggi scientifici sul sito serviranno anche ad ampliare la cultura ambientale dei visitatori. Alcune telecamere installate nella zona di nidificazione dei fenicotteri (una tecnica mai adottata prima in Italia), permetteranno di osservare la vita di questi splendidi uccelli senza recare disturbo.
La fruizione, dunque, sarà alleata della protezione ambientale. "Visitare" non sarà solo vedere, ma soprattutto vedere capendo, imparando tramite l'esperienza diretta sul campo.
È grazie a questa sintesi fra ecologia e storia, protezione ambientale e comunicazione, che si vogliono valorizzare i diversi aspetti di questo territorio complesso, grazie al quale oggi si può dimostrare che presenza umana e natura possono convivere in un progetto di sviluppo comune.