Un tesoro nascosto sulla riva del Po

Scritto da  Maria Teresa Gulinelli

Bolognino d'oro, Emissioni Pontificie anonime del XVI secolo, gr. 3,44, mm.23, inv.3535Un ingente nucleo di monete rinvenuto a Ro Ferrarese getta nuova luce sulla circolazione monetaria del ducato estense

 

La scoperta di un tesoro è nell'immaginario comune un fatto eccezionale. In verità, tali ritrovamenti non sono inusuali, e ancora il ventesimo secolo è segnato da vari rinvenimenti di gruzzoli monetali. Infatti, dall'antichità all'età moderna, il metallo monetato non ha mai perso i suoi caratteri di valore intrinseco, ed è stato costantemente nascosto da uomini in difficoltà, con lo scopo di assicurarsi una riserva per il futuro.

Notevole sensazione suscitò, nel dicembre 1923, la scoperta di un cospicuo nucleo di monete rinascimentali avvenuta nei pressi di Alberone, nel Comune di Ro Ferrarese, non lontano dalla riva destra del Po.

Il ripostiglio venne scoperto per caso da alcuni contadini, durante l'aratura di un campo. Era occultato in un vaso di terracotta, che si frantumò sotto l'urto dell'aratro. Gli scopritori tentarono subito di trafugare il piccolo tesoro, ma la questura, avvisata dal proprietario del fondo, potè recuperare quasi tutto il bottino. Il gruzzolo venne così depositato presso il Civico Medagliere del Museo Schifanoia, ove da allora è conservato.

 

Fiorino, Papa Sisto IV (1471-1484), Roma, oro, gr.3,32,mm. 21, inv.3551.Qui sono state individuate 25 monete in oro, 225 in argento e 733 piccoli divisionali in lega di rame, pertinenti al complesso.

Oltre a rappresentare un enorme serbatoio di dati di carattere numismatico, il gruzzolo ricopre un eccezionale interesse dal punto di vista storico-economico; è infatti a tutt'oggi l'unico complesso noto, in grado di fornire uno spaccato del panorama monetario del ducato estense in età rinascimentale.

Notevole è inoltre l'aspetto artistico, che si manifesta nella monetazione di Ferrara e Mantova, nobilitata tra Quattrocento e Cinquecento da conii incisi da maestri di grande valore e ricollegabile al repertorio figurativo delle corti rinascimentali.

Restaurato a cura dei Musei Civici di Arte Antica, il tesoretto ha di recente trovato pubblicazione grazie all'impegno congiunto di Fondazione Cassa di Risparmio ed Amministrazione Comunale di Ferrara.

 

Ducato, Fabrizio del Carretto (1513-1521), Rodi, oro, gr.3,50, mm. 21, inv.3550.La composizione del rinvenimento monetale si presenta eterogenea, per provenienza, metalli monetati, modulo dei nominali. In base alla distribuzione geografica delle zecche di produzione, si configura un'area di circolazione con fulcro nella padana centro-orientale, tra Venezia, Ferrara e Mantova; nel ducato estense convergono da est oro dall'Ungheria e da Rodi, da ovest le emissioni milanesi e da sud, seguendo i territori dello Stato Pontificio, le monete di Roma, Ancona e Bologna.

Isolata in un quadro che esclude anche le monetazioni di poli di primaria importanza quali Genova e Firenze, unica zecca del versante alto-tirrenico, è Lucca, la cui valuta affluiva attraverso i territori della Garfagnana.

 

Unghero, Ladislao II di Boemia (1490-1516), Nagybania, oro, gr.3,44, mm.21, inv.3559.Il preponderante nucleo degli esemplari d'argento è riferibile per oltre il 50% a Venezia (103 monete), seguita da Ferrara (60) e da Mantova (39), mentre le zecche di Ancona, Bologna, Modena, Reggio e Milano sono documentate solo in modo marginale.
Tra i nominali argentei si segnalano per gli splendidi ritratti del dritto i testoni di Ercole I d'Este, che alcuni attribuiscono al Gian Francesco Enzola, affermato medaglista e incisore di conii, e le monete di Francesco II e Federico II Gonzaga.

I pezzi in oro sono 27: all'oro di Venezia si accompagna oro proveniente dai domini pontifici, mentre sono completamente assenti ducati e scudi estensi.

La presenza più notevole è quella dell'unghero, o ducato d'oro d'Ungheria (ben 11 esemplari). Questa moneta, caratterizzata dal tipo persistente di San Ladislao, in piedi, con ascia e globo crucigero, battuta in quantità enormi, fu largamente diffusa e imitata in Europa.

 

Grossone, Ercole I d'Este, (1471-1505), Ferrara, gr. 3,72, mm. 26, inv.3593. Testimonianza eloquente di come l'appartenenza a una determinata area commerciale influenzasse le produzioni periferiche, anche a livello formale, sono i due ducati di Rodi, con San Giovanni Battista che porge il vessillo al Gran Maestro genuflesso, che ricalcano lo schema iconografico del ducato di Venezia.

Dal punto di vista cronologico, oro e argento in larga maggioranza si inquadrano tra 1470 e 1530.La diffusione del circolante minuto era governata da differenti principi. Per le piccole monete in mistura di rame, utilizzate dalla popolazione per le piccole transazioni quotidiane, si configura un tipo di circolazione diversa, con carattere locale.

Il grosso quantitativo di emissioni in mistura, è riconducibile in massima misura alle zecche di Ferrara (360 quattrini) e Milano (246 trilline) e presenta caratteristiche ricollegabili a provvedimenti di carattere transitorio, adottati dall'autorità estense per contrastare irregolarità e frodi.
I divisionali si presentano più omogenei anche per datazione, appartenendo nella quasi totalità a coniazioni di grossa portata degli anni attorno alla metà del Quattrocento e si presentano estremamente usurate.

 

 

Diamante d'argento, Ercole I d'Este(1471-1505), Ferrara, gr. 2,50, mm. 23, inv.3627.Molti sono gli spunti di carattere storico-economico che possono scaturire dallo studio del complesso. Innanzitutto l'appartenenza all'orbita commerciale veneziana che condizionò a lungo e  in modo decisivo la produzione della zecca estense.

La composizione del gruzzolo rispecchia inoltre con chiara evidenza il difficile mercato delle città italiane nei secoli XV e XVI, caratterizzato da una molteplicità di centri di produzione e dalla convivenza di numerose monete diverse.
Tale situazione, oltre a generare difficoltà pratiche negli scambi, offriva l'opportunità di perpetrare frodi.
Vere e proprie "guerre monetarie" si combattevano in modo sotterraneo tra le città del nord-Italia, allo scopo di attirare moneta di buon metallo nella propria orbita, e attraverso l'emissione di moneta imitativa, destinata a inquinare l'economia delle zecche vicine.

 

 

Tron d'argento, Nicolò Tron doge (1471-1474), Venezia, gr.6,46, mm..28, inv.3491.Le fonti coeve ci narrano come anche la Ferrara di Ercole I si muovesse in questo contesto, consentendo a una grossa bottega di falsari di operare ai danni della Serenissima. Mentre ben diversa era la posizione ufficiale del duca, tradizionalmente ossequiosa alla leadership della valuta veneziana.

Il gruzzolo non ha le caratteristiche della tesaurizzazione risultato di risparmio, ma sembra piuttosto il prelievo di una somma dalla circolazione, effettuato in un preciso momento e per uno scopo determinato.

In casi come questo appare azzardato fornire interpretazioni per spiegare il nascondimento.  Le ipotesi possono essere infinite: il tesoretto poteva essere il ricavato di una grossa vendita o la somma raccolta per effettuare un pagamento, una cassa militare, forse ancora la refurtiva nascosta da un predone.

Purtroppo anche la definizione cronologica dell'avvenimento risulta problematica.
Infatti, sebbene il complesso dei materiali conservati non oltrepassi la data del 1530, gli atti di deposito fanno menzione di alcune monete a nome Ercole II e Alfonso II d'Este, oggi non più rintracciabili, che proietterebbero il momento dell'occultamento alla fine del XVI secolo.

Va infine notato che il sito del rinvenimento presenta aspetti tipici nella casistica del fenomeno delle tesaurizzazioni, che certamente favorirono l'interramento.

Alberone di Ro sorge su di un lembo di pianura prossimo all'area deltizia, sulla sponda meridionale del Po, via primaria di comunicazione e di commercio, collegata all'entroterra da canali e corsi naturali. Questo territorio, compreso tra i rami del Po Grande e del Volano, era caratterizzato da un'estrema instabilità dell'assetto idrico e nel corso del XVI secolo subì una serie di rovinosi allagamenti: forse così si spiega il mancato recupero della grossa somma.