Ferrara e i Vichinghi

Scritto da  Sergio Lucci

L'équipe del Centro Malattie Vascolari dell'Università di Ferrara, diretto da Paolo Zamboni.La genetica a Ferrara: un'importante scoperta scientifica nel campo delle malattie vascolari.

 

Questa storia inizia più di vent'anni fa, a Ferrara, prosegue lungo le rotte percorse dai Vichinghi nel corso delle loro conquiste, e dai loro pronipoti emigrati in giro per il mondo. Si compie a Ferrara e finisce (almeno per ora) lo scorso febbraio a San Diego, in California.
"Nei primi anni Ottanta ero fresco di laurea e stavo iniziando la mia specializzazione in chirurgia, quando mi trovai a dover curare diversi pazienti affetti da ulcere venose,  una malattia per la quale c'erano terapie quantomeno antiche e scarsamente efficaci, e della quale non si  conoscevano le cause."


Chi parla è il professor Paolo Zamboni, direttore del Centro Malattie Vascolari  dell'Università di Ferrara Le ulcere venose, sue fedeli compagne di viaggio professionale, sono una patologia  che, a livello globale, colpisce l'1 per cento della popolazione, con una punta del 10 per cento dopo i 65 anni di  età. Un 1 per cento destinato quindi a salire, visto il progressivo innalzarsi dell'età media nel nostro Paese.
Si tratta di una malattia che provoca veri e propri buchi dolorosi sulla pelle delle gambe, con successiva  fuoriuscita di secrezioni maledoranti.
Alla sofferenza, perciò, si unisce il disagio nella vita quotidiana e nelle relazioni con gli altri.

"Continuai a studiare le ulcere durante il mio soggiorno professionale negli Stati Uniti d'America, poi all'Università di Sassari e, infine, di nuovo all'ateneo ferrarese. Nei miei studi, la prima scoperta rilevante fu che  l'emergere delle ulcere era preceduto dal manifestarsi di segni visibili di depositi di ferro, macchie brunastre che  apparivano dove poi sarebbe emersa l'ulcera".

Ecco, quindi, l'intuizione che il ferro, elemento importantissimo per la vita del nostro corpo, data la sua funzione  di trasportatore dell'ossigeno, potesse anche essere all'origine delle ulcere venose.

"Notammo che il corpo dei pazienti che soffrivano di questa patologia non era in grado di produrre una certa proteina,- ci spiega Paolo Zamboni, -la cui funzione è controllare la capacità fortemente negativa del ferro di produrre radicali liberi, scorie della respirazione che distruggono i tessuti.

Rotte dei vichinghi e frequenza della mutazione genetica.Ma si trattava di una scoperta parziale:  non tutti i pazienti colpiti da ulcera venosa manifestavano questo problema legato al metabolismo del ferro, e  non tutti i pazienti con un problema di controllo del ferro manifestavano la patologia delle ulcere venose. Da qui  la seconda intuizione: che l'indagine genetica potesse portare a stabilire che provocasse l'assenza di quella  proteina. Era fondamentale capire quali ceppi genetici erano i più colpiti, cioè in quale tipo di popolazione era maggiormente presente l'ulcera.

Scoprii che a Dublino la percentuale di malati di ulcera venosa erano tre volte superiore a quella registrata da noi. Molti casi erano segnalati anche in Normandia e in Scandinavia. Anche un mio collega del Minnesota (Usa) mi riferì la stessa cosa relativamente alla zona in cui operava."

E qui si incontrano la medicina, la genetica e la storia in una vicenda che mette mirabilmente in evidenza come l'interdisciplinarietà sia oggi una chiave per lo sviluppo della scienza, non solo medica. Come si vede qui sotto, riportando su una carta geografica l'incidenza della patologia oggetto di studio sulla popolazione, si ricalcavano con una precisione soprendente i percorsi delle conquiste dei Vichinghi e la distribuzione dei luoghi ancora oggi  abitati dai loro discendenti.

I celebri navigatori scandinavi, che provenivano dalla Danimarca e dalla Svezia, durante le loro conquiste  avevano fondato la capitale irlandese, nel 340 dell'era moderna, e si erano stabiliti a lungo in Normandia.

Inoltre, nell'Ottocento e nel Novecento, molti cittadini dei due Paesi scandinavi da cui era partita la conquista vichinga erano emigrati negli Stati Uniti e, particolarmente, nella parte settentrionale del Midwest:  probabilmente molti pazienti del ricercatore del Minnesota si chiamano ancora Larsson, Gustavson o Svenson.

Si poteva quindi supporre una mutazione genetica che aveva interessato i vichinghi. Ma se la popolazione aveva  prosperato, nonostante la condizione patologica favorita da tale mutazione, si poteva supporre che questa avessa  anche degli effetti positivi. Quali? "Attraverso studi effettuati in altri ambiti medici,- prosegue il professor  Zamboni, - scoprimmo che la mancanza della proteina in questione evitava l'anemia.

I Vichinghi potevano  rimanere per lunghi mesi senza mangiare carne fresca, pur mantenendo riserve di ferro in misura tale da  permettere loro di superare indenni l'inverno e arrivare ancora in forze in primavera, quando le migliori  condizioni atmosferiche permettevano di riprendere la caccia anche nei territori dell'estremo Nord europeo,  riequilibrando la dieta. In termini evolutivi, si trattava di un indubbio vantaggio, rispetto ad altre popolazioni  dotate di un diverso patrimonio genetico.

Ferrara e i Vichinghi, opera del pittore Carlo Salomoni.Ma c'è anche un altro aspetto da non sottovalutare: l'età media dei vichinghi, come quella della maggior parte  delle popolazioni dell'antichità, non superava i trentacinque anni. La mancanza della proteina era quindi una  efficace difesa contro l'anemia, e non manifestava i suoi effetti negativi, come le vene ulcerose, perché questi  tendono a comparire solo a un'età più avanzata quando, cioé, la gran parte della popolazione era già morta da un  pezzo..."

Questo ha portato Zamboni e i colleghi del suo gruppo di ricerca dell'Università di Ferrara ad affermare che il difetto del metabolismo del ferro è una delle cause dell'insorgere dell'ulcera venosa. La causa più diffusa.

La conferma, in ambito accademico e clinico, è venuta nel febbraio di quest'anno: alla ricerca diretta dal  professor Zamboni è stato assegnato il prestigioso "American Venous Forum Award": il premio riservato alla  scoperta più notevole dell'anno, nel campo delle malattie vascolari.

Nello stesso tempo, il Ministero della Sanità ha avviato il progetto "SOS Ulcera", nell'ambito del quale al centro diretto da Zamboni è stato affidato il compito di coordinamento dell'attività di 53 ospedali italiani, e la funzione  di consulenza ambulatoriale. Così, oggi, per evitare l'insorgere della patologia, bastano un test del DNA e una  semplice ed efficace prevenzione.

"Si tratta di un risultato scientifico importante,- conclude Paolo Zamboni. - Anzi, doppiamente importante perché, oltre a garantire una cura efficace a pazienti che fino a ieri potevano contare solo su palliativi, dimostra come sia possibile ottenete eccellenti risultati nella ricerca medica anche mancando di grandi finanziamenti.

Nel nostro caso, ci hanno aiutato delle buone intuizioni, nate dalla capacità di dare a ogni provetta di laboratorio il volto di un paziente. E di legare questo volto a quella storia, lunga milioni di anni, registrata fedelmente nel nostro codice genetico."