Amore per l'acqua

Scritto da  Aniello Zamboni

Fotogrammi originali tratti dal documentario Comacchio di Fernando CerchioComacchio nei documentari di Fernando Cerchio (1942) e di Cesare Bornazzini (1991)

Ci sono due Comacchio. Quella delle 'cartoline illustrate' con le chiese, la loggia del Grano, il porticato dei Cappuccini, i ponti imponenti, i rari palazzi nobili. E quella 'minore': la selva delle umili case basse e serrate le une alle altre, talune così basse che ne puoi toccare il tetto con la mano e le porte obbligano all'inchino; i ponti di modesta fattura, i canali con portata d'acqua limitata e le fosse, canali privati che uniscono il fondaco al canale pubblico.
Nella Comacchio minore meritano un cenno particolare le case dei poveri, disseminate in tutto l'abitato e pressoché riunite nelle 'androne', vere e proprie corti-strade, negli andronini', vicoli lunghi e stretti, e negli 'usci senza porte', stradette interne che si affacciano sulla pubblica via mediante lunghi sottoportici.
Fotogrammi originali tratti dai documentari di Fernando CerchioHanno, è meglio dire avevano, nomi stupendi: Vicolo dei Calighi, Androna dei Gomitoli, Androna dei Barboncini, Androna della Passerina, Vicolo del Giorgio, Vicolo della Morte. Un'insensata onomastica cittadina li ha cancellati in questi anni. Oggi, l'Androna dei Gomitoli porta il nome di Vicolo delle Aragoste: un crostaceo del quale a Comacchio ignoravano perfino l'esistenza.

Non poche sono le 'Madonne delle strade', immagini mariane che ancor oggi possiamo ammirare sopra gli usci senza porte, nei sottoportici e nel labirinto delle androne maggiori. Per esempio, la Madonna del Lumino sull'uscio del sotto-portico che immette nel Vicolo dei Calighi (al 78 di Via Garibaldi, già Via S. Agostino), la Madonna dell'Altana sul fronte del sottoportico dell'Androna dei Gomitoli (Vicolo delle Aragoste), e la Madonna dei Barboncini, nell'omonima androna.

 

Fotogrammi originali tratti dai documentari di Fernando CerchioLa loro collocazione pare sia stata dettata dalla volontà tanto di porre, di giorno, l'immagine sacra ben in vista alla venerazione dei passanti, quanto di segnare, nell'oscurità della notte, il percorso stradale col lumino devozionale: la 'vita notturna' di Comacchio (l'animarsi della città per la pesca di frodo concordata la sera all'osteria, gli acquisti clandestini del pesce rubato, l'andare e venire delle donne e degli uomini impegnati nella manifattura dei pesci presso le fabbriche?) aveva bisogno di segni ben precisi per muoversi nell'oscurità.
La Comacchio di cui sto parlando non esiste più: la 'rivoluzione' conseguente le grandi bonifiche idrauliche del secolo appena passato l'ha spazzata via in gran parte.
Fotogrammi dal documentario ComacchioNelle case dei poveri, specie quelle degli usci senza porte, non ci sono più 'le reti, le fiocine, lavela, il letto, la tavola, il cassone pei cenci, la cucina, tutto e tutti': umiliante spettacolo di miseria e di sofferenza umana. 
Su questo colore sociale sono state scritte pagine di facile e fastidiosa letteratura che non andava al di là dei soliti luoghi comuni, tanto cari all'incultura di visitatori frettolosi che trovano in guide improvvisate pane per i loro denti.
All'opposto, le belle descrizioni della laguna, l'ingegnosità delle opere che ne presiedono la compiutezza dell'apparecchio idraulico, la magnificenza delle pesche, hanno ravvolta Comacchio in un alone poetico, talvolta in rappresentazioni estetizzanti e retoriche, fuori dalla realtà.
Fotogrammi dal documentario di Fernando CerchioIl documentario di Fernando Cerchio, Comacchio, si sottrae allo spirito delle une e delle altre: è una pagina anticipatrice del neorealismo.
L'oggetto è la vita di ogni giorno, assai più delle pretese documentaristiche e della presentazione epidermica del folclore.
Un lungo carteggio tra l'Istituto Luce e l'Azienda delle Valli Comunali di Comacchio documenta la realizzazione del film.
La corrispondenza inizia nel novembre 1938 allorché una lettera dell'agenzia di Firenze dell'Istituto chiede informazioni sul 'periodo più adatto per effettuare uan ripresa cinematografica delle scene della pesca e della marinatura delle anguille'.
Fotogrammi da ComacchioIl proposito non è nuovo: già nel 1935 l'Istituto Luce aveva realizzato sullo stesso tema una breve ripresa cinematografica: sedici scene limitate alle puntuali descrizioni delle fasi della pesca e della manifattura delle anguille. Una pellicola nella quale fa una breve comparsa la grande intellettuale del tempo, Margherita Sarfatti, ritratta mentre osserva le operazioni di spiedatura delle anguille.
Questo primo documentario era stato voluto e pagato dal Comune di Comacchio, che proprio in quell'anno, nel grande complesso industriale di Via Mazzini, acquistato nel 1933, aveva riunito la sede amministrativa delle valli e la 'fabbricatura dei pesci', da sempre condotta da privati.
Fotogrammi da: ComacchioIl filmato del 1935 costituiva uno strumento pubblicitario di sicura diffusione e della durata di più anni, nel quale erano assommate la propaganda economicopolitica del regime e la necessità di valorizzare e potenziare l'industria valliva nel contesto più ampio dell'industria e del lavoro italiano. 
Il Comacchio di Cerchio si inserisce in questo clima propagandistico-pubblicitario, tanto che al chiudersi del 1940 l'Istituto Luce informa l'Azienda Valli che la ripresa, prevista nei giorni immediatamente a venire, sarà fatta a sue spese: basta l'assicurazione dell'assistenza e dell'aiuto dell'Azienda.
Dal documentario Comacchio di Fernando CerchioMa non se ne fece nulla. Tutto fu rinviato all'anno successivo.
Nel settembre 1941, una lettera della direzione generale dell'Istituto Luce comunica che a breve 'entrerà in lavorazione un nostro cortometraggio su Comacchio, le sue valli, la pesca delle anguille[...]Un film inteso a far meglio conoscere al pubblico la suggestiva bellezza di Comacchio e della sua industria'. 
Allo scopo si reca personalmente a Comacchio il regista ferrarese Giorgio Ferroni (1908 - 1981), legato da amicizia con Alberto Felletti Spadazzi, colto, onnipotente commissario prefettizio che amministra l'azienda delle valli.
Da Comacchio, di Fernado CerchioFerroni è a Comacchio ai primi di ottobre del 1941: compiute'le ricognizioni con rapidità', se ne va assai contento assicurando che manderà 'un bravoregista e un bravo organizzatore , che daranno tutte le garanzie per un'ottima riuscita del documentario che ci sta tanto a cuore'.
In tutta la corrispondenza intercorsa Fernando Cerchio non è mai nominato. 
La lavorazione del cortometraggio inizia nel novembre del 1941: accanto alle riprese dal vero nel film non mancano quelle 'ricostruite'. Per esempio, l'esterno e l'interno del casone di valle sono girati in città, all'interno di una misera casa in fondo alla strada di S. Pietro. Dal documentario ComacchioAnche la 'notte della pesca' col suo corredo di violenti scrosci di pioggia, di tuoni e di lampi è filmata in uno 'studio' che l'Azienda Valli ha impiantato sul canale Pallotta, presso il Ponte dei Trepponti; nello 'studio' addirittura è stato congegnato il 'lavoriero'. 
È probabile che queste riprese siano state girate nell'aprile del 1942, dopo la sospensione del dicembre. Lo arguiamo dalla lettera dell'Istituto Luce dello stesso mese, nella quale si chiedono informazioni sulle prevedibili condizioni di marea 'nello specchio d'acqua ove venne, a suo tempo, costruito il lavoriero', e nel contempo si domanda la messa a Fotogrammi dal documentario Comacchio'disposizione di quintali due di pesce (anguilla), ed il gruppo di pescatori che già prese parte alla lavorazione del film; è indispensabile che siano i medesimi pescatori avendo questi avuto azione in scene collegate con quelle che rimangono da riprendere per l'ultimazione del documentario'.
Comacchio viene presentato alla Mostra di Venezia. Dalla stessa città, nel giugno di quell'anno, una lettera della Direzione del Documentario porta accluso un assegno di 200 lire 'da far pervenire alle guardie vallive[...]a titolo di gartifica per l'assistenza prestata durante le riprese del documentario Comacchio'.
Cerchio apre il suo capolavoro coi riflessi della luce dell'alba sulle valli, con lo specchiarsi Immagini da Comacchio di Fernado Cerchiodelle case sui canali, coll'animarsi della città: gli uomini che si preparano alla pesca, le donne che si recano alla chiesa, il fermento quotidiano della gente per le strade, sui ponti e sulle barche nei canali della città. 
Quella mostrata è povera gente vestita di miseri panni, con gli zoccoli ai piedi. Qualcuno è avvolto in un tabarro nero. Sono volti scarnificati, bruciati dal sole; le donne hanno il viso incorniciato dal fazzoletto nero. Si contano su poche dita della mano gli uomini con in testa il cappello; i più portano il berretto: il copricapo dei plebei.
Anche la religione fa parte della totalità del luogo Comacchio: il suono delle campane delle chiese inaugura il primo e il secondo giorno del 'viaggio' di Cerchio; all'interno della casa di valle, così come nella 'sala dei fuochi', non manca l'immagine della Madonna del Popolo, S. Maria in Aula Regia, la protettrice di Comacchio e dello stabilimento vallivo.
Comacchio di Fernando CerchioLa Comacchio di Cerchio non esiste più: la 'rivoluzione' conseguente le grandi bonifiche idrauliche del secondo dopoguerra l'ha spazzata via in gran parte.
I 'casoni' di valle, dove i vallanti stavano ininterrottamente da settembre a marzo, un tempo lontani e sperduti nell'immensità dello specchio lacustre, oggi si raggiungono agevolmente. Come mostra il Comacchio 1991 di Cesare Bornazzini fanno parte del grande 'museo delle valli' e sono oggetto di visite belle, interessanti in una natura a 'colori'.
Non perché sia a colori il film, ma perché, visti i casoni oggi, pare impossibile immaginare la dolorosa e faticosa esistenza di uomini che per secoli hanno vissuto in quelle case, lontani per giorni e mesi dal consorzio umano, prigionieri in un carcere d'acqua ed elementi atmosferici. Immagini originali da Comacchio
La curiosità dei visitatori è soddisfatta dalle guide che narrano del colore sociale della Comacchio dei tempi di Cerchio.
Quella che raccontano è una storia che sa di archeologia, tanto è culturalmente lontana anche se cronologicamente vicina: sono passati solo pochi decenni. E tutti, guide e visitatori, a recriminare la 'distruzione di un ambiente incomparabile', la bellezza senza confronto di un paradiso terrestre.
La bonifica ha segnato un trapasso di civiltà, un prima e un dopo che i due film ben documentano: la Comacchio di ieri, bella, misera, isolata, strapiena di bambini che corrono per i ponti, e la Comacchio di oggi, un po' meno bella, ricca e intersecata da numerose e veloci strade, col suo ridente litorale, non più plaga acquitrinosa dove regnavano il deserto, la miseria e le zanzare; dove purtroppo pare che Attila abbia imperversato un po' troppo.
Documentario Comacchio 1991A Comacchio la realtà di oggi e quella di ieri, che i documentari di Bornazzini e Cerchio presentano, continuano ad incontrarsi e a confondersi: l'acqua, allontanata dalla città anche col colpevole prosciugamento dei canali, ha ripreso a dominare il cuore degli uomini, gran parte dei quali ha abbandonato la terra avuta in assegnazione nelle valli prosciugate. Della fuga dalla terra il Comacchio 1991 di Bornazzini presenta il vivace narrare di due protagonisti. 
L'acqua ha ripreso a dominare il cuore degli uomini: con la corsa sfrenata alla coltivazione delle vongole; con l'assegnazione di parte delle residue valli a cooperative di pescatori; con l'entusiasmo gioioso col quale era stato accolto il recupero della sala dei fuochi nel vecchio complesso dell'Azienda delle Valli, ultima testimonianza della più che millenaria industria della manifattura dei pesci.
L'antico e inestinguibile amore per l'acqua si può quotidianamente cogliere alla porta di S. Pietro. Dalle prime luci dell'alba a sera inoltrata, in qualsiasi stagione, un gruppo di anziani conversa e chiacchiera appoggiato alla spalletta del ponte, o all'ombra di un rudimentale capanno, costruito sull'argine del canale che guarda la valle Fattibello, l'unica rimasta a lambire la città. Comacchio 1991 di Cesare BornazziniSono l'ultimo drappello degli 'uomini della valle': vallanti, fiocinini e guardie vallive, non più divisi da odi inestinguibili che il tempo e la bonifica hanno cancellato, ravvivano il ricordo dell'antico mondo: raccontano dell'arditezza del coraggio, dell'astuzia intelligente e dell'audacia nell'organizzazione complessa e perfetta delle imprese ladresche gli uni e nella repressione delle stesse gli altri. Sorridono quando qualcuno richiama alla mente le loro quotidiane baruffe e la profonda ed eterna inimicizia.
Raccontano e raccontano.
E mentre sfogliano le pagine del loro libro di memorie, gli occhi fuggono veloci a scrutare la valle.