Il Monte di Pietà e la Sacrati Strozzi

Scritto da  Gianni Venturi

La copertina del volume La storia di una istituzione dalle origini antiche e il catalogo di una importante collezione ferrarese

Il volume, Etica, banca, territorio: il Monte di Pietà di Ferrara, curato e fortemente voluto da Alfredo Santini, Presidente della Cassa di Risparmio di Ferrara, si pone legittimamente nella tradizione delle grandi collane di studi sponsorizzate dapprima dalla Cassa di Risparmio di Ferrara e, in seguito, dalla Cassa e dalla Fondazione Carife.

 

 

Ma se argomento delle gloriose pubblicazioni era stato in passato (e tuttora) l'analisi e lo studio della grande tradizione pittorica ferrarese, questo volume affronta temi veramente affascinanti quali sono appunto l'origine, lo sviluppo e gli scopi del Monte di Pietà ferrarese, una istituzione di origine rinascimentale che confluirà poi nell'Ottocento e, precisamente, a Ferrara, nel 1838 - all'interno del nuovo organismo chiamato 'cassa di risparmio'. La lucida analisi storica del contributo di Alfredo Santini ripercorre le fondamentali del percorso che portò all'istituzione del Monte riconsiderato entro lo sviluppo dell'economia ferrarese: dalla signoria estense alla Legazione pontificia, alla costituzione del nuovo Stato italiano e alle vicende novecentesche tribolate e difficili fino all'assetto attuale di una Cassa di Risparmio che può essere presa a modello di un saggio 'investimento' e la parola etico qui non sfigura, del denaro e del suo impiego all'interno della città, della provincia e, ora, di tante nuove acquisizioni: da Napoli, a Roma, a Milano e di altri centri minori che vedono aprirsi gli sportelli della Cassa ferrarese. L'istituzione del Monte di Pietà, nella sua genesi storica, si propone di aiutare i bisognosi, secondo un piano che si confà a precisi dettami di natura teologica che verranno applicati entro il necessario e necessitante quadro storico che, ovviamente, stempera la prima nobile idea nelle ombre e luci di un farsi politico non sempre attento alla nobiltà dell'impresa. Andrea Nascimbeni nel suo intervento e sulla base di robuste letture ne ha dato un quadro assai illuminante: valga per tutto la polemica e lo scontro con il mondo ebraico e la tradizionale attività bancaria degli ebrei a Ferrara. Il volume è poi supportato da precise indagini d'archivio, pazientemente chiosate da Angela Ghinato che ne ha tratto una storia consultando le carte e un regesto dei documenti del Monte di fondamentale importanza. L'affascinante studio di Carlo Bassi, a sua volta, ha messo in luce con una sprezzatura degna del maestro di tanti interventi urbanistici e architettonici su Ferrara qual è stato ed è l'architetto Bassi, il ruolo dei 'maestri' Santini nell'edificazione e nella trasformazione settecentesca del Monte di Pietà: un monumento architettonico riportato ora all'antico splendore dagli interventi recenti di restauro promossi dalla Fondazione e dalla Cassa di Risparmio di Ferrara. L'intervento di Bassi inserisce le ragioni storiche della sede del Monte entro il logico e straordinario sviluppo dell'architettura settecentesca a Ferrara, capitolo glorioso di una storia che non si ferma o non si arresta alle sia pur insuperate glorie estensi. E a questa convinzione si conforma il saggio di Gianni Venturi che sonda le vicende artistiche, letterarie, teatrali, musicali e culturali nella Ferrara del Seicento, agli albori della devoluzione allo Stato della Chiesa della città. Un momento che di solito dagli storici era stato interpretato come una frattura del mirabile contesto in cui aveva agito e prosperato la signoria degli Estensi. In questo lavoro, Venturi mette in luce l'altissima qualità della proposta culturale ferrarese retta dai cardinali legati che abilmente seppero non rinnegare, ma intensificare il tradizionale apporto estense alla 'magnificenza' della città.
Il volume si conclude con il raffinatissimo studio di Andrea Emiliani sui tesori posseduti dai Monti di Pietà che fanno ora parte di una notevolissima risorsa museale del nostro paese. Di questo straordinario contesto Emiliani sa ricavare una storia eccitante fin dal titolo, Storie della piazza, della città e dei poveri, che ripercorre con efficacia e acribia storico-filologica le vicende dei Monti e delle opere d'arte a loro affidate o prodotte. La mano sicura del maestro di tanti interventi sulla nascita del collezionismo, sull'attività museale, sulle ragioni storiche di quei processi che fanno dell'Italia il luogo con più alta concentrazione del patrimonio artistico-storico, di cui non piccola parte proviene dai Monti, conclude degnamente questo volume che diverrà senza dubbio strumento importante per la conoscenza di Ferrara e delle sue radici, economiche, artistiche e storiche.


COLLEZIONE SACRATI STROZZI. I DIPINTI RESTITUITI A FERRARA

Un catalogo delle opere recuperate alla città, con importanti interventi critici.
a cura della redazione

La copertina del volume La collezione di dipinti Strozzi Sacrati ha visto la sua origine 'ufficiale' nel 1850, quando il marchese Massimiliano Strozzi, del ramo di Mantova, raccolse circa 400 opere pittoriche nel palazzo di piazza San Domenico a Ferrara. Moltissime gli erano state vendute dall'antiquario locale Ubaldo Sgherbi, ma molte altre gli erano giunte per eredità da un ramo della famiglia Sacrati, in via di estinzione.
I dipinti che il marchese Massimiliano aveva collocato nel palazzo ferrarese, accuratamente disposti sulle pareti dei vari locali dell'appartamento padronale, sono elencati in un inventario, la Raccolta di Quadri esistenti nel Palazzo del marchese Strozzi Sacrati in Ferrara, ritrovato fra le carte dell'archivio di famiglia. L'inventario registra più di 400 dipinti, segnalandone l'attribuzione, il supporto e la tecnica di esecuzione.
La morte dell'ultimo discendente di Massimiliano Strozzi Sacrati, il marchese Uberto, avvenuta nel 1982 senza che egli lasciasse né eredi diretti né testamento, aprì una lunga vicenda giudiziaria circa le sorti ereditarie dell'intero patrimonio. Molte di queste opere vennero vendute dagli eredi in vari momenti e a vari acquirenti; la vendita più cospicua avvenne nel 1989, attraverso un'asta affidata alla Casa d'aste fiorentina Pandolfini.
Ma ben 60 dei dipinti della collezione lasciata in eredità da Uberto Strozzi Sacrati ritornarono là da dove erano stati allontanati, nella città di origine, Ferrara, in vari momenti e secondo varie modalità. Tra questi, grandi opere, tra le più rappresentative della raccolta originaria, come le due Muse originarie dello Studiolo di Borso d'Este a Belfiore e i quattro pannelli facenti originariamente parte di un trittico di mano di El Greco. Una parte di questi dipinti fu offerta allo Stato per il pagamento delle imposte di successione nei termini della Legge 512 del 1982, e una parte venne venduta in blocco ad un unico acquirente, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara.
Lo Stato assegnò alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara i dipinti acquisiti attraverso la Legge 512; ora convivono in quel museo insieme a quelli acquistati dalla Fondazione ferrarese, che li ha affidati alla custodia della stessa Pinacoteca con l'impegno di esporli alla pubblica fruizione visiva, e che si è così resa meritevole di aver saputo dare concretezza alle aspirazioni cittadine di riportare in Ferrara almeno parte del proprio storico patrimonio artistico per diverse vie ed in diversi tempi disperso.
Le opere 'restituite' a Ferrara sono schedate nel catalogo, Collezione Sacrati Strozzi.
I dipinti restituiti a Ferrara, di Giuliana Marcolini (Milano, Motta, 2006) che le suddivide in due gruppi: le opere di proprietà dello Stato e assegnate alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara; e quelle di proprietà della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ferrara, affidate in custodia alla stessa Pinacoteca.

Le opere di proprietà dello Stato sono 33: 27 sono stati acquistate ex art. 6 Legge 512/1982 e assegnati alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara con delibera del 1990, attuata all'inizio del 1992 e altre 6 nel 1996, attraverso l'applicazione del 'diritto di acquisto' esercitato in seguito al divieto di esportazione all'estero, dopo la loro comparizione in asta Sotheby's del 1995.
Le opere di proprietà della Fondazione sono 27: 23 sono state acquistate nel 1994, dopo che vennero bloccate nella vendita programmata attraverso asta Sotheby's a Milano il 15 dicembre 1992; notificate dal Ministero competente come costituenti 'una raccolta fortemente caratterizzata da un nucleo omogeneo di opere emiliane, in particolare ferraresi, che riveste, pertanto, eccezionale interesse artistico e storico ai sensi dell'art. 5 della Legge 1°.6.1939 n. 1089 sulla tutela delle cose di interesse artistico o storico', vennero assegnate ad un unico acquirente, che si identificò appunto nella Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara; altre 4 sono state acquistate nel 1997 (2), 2004 e 2005 da mercato antiquario.
Le opere di entrambi i gruppi sono schedate ed illustrate secondo una sequenza cronologica consentita dalla attribuzione ritenuta più accreditabile-tranne un caso, i dipinti non sono autografi?tra le spesso varie che ogni opera si è vista assegnare nel tempo. A partire da quella segnalata nell'inventario ottocentesco, spesso poco attendibile, si passa a quella dei critici di primo novecento, fino a quella di Mina Gregori-che nel 1983, su incarico del Tribunale di Firenze, redasse l'inventario dell'intero corpus dei dipinti facenti parte dell'eredità giacente di Uberto Strozzi Sacrati?che solo in pochi casi è stata smentita o corretta dai critici di età successiva.
Il volume è corredato da un ricco apparato documentario, ricavato dall'analisi dei documenti relativi alle famiglie Sacrati e Strozzi, conservati nei vari archivi di Ferrara e di Firenze.