Ecco, quindi, ritornare a Ferrara dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles dove è attualmente conservato (Ms Ludwig IX 13), quel Libro d'ore che, pur nelle sue modeste dimensioni (solo 10,8x7,9 cm), riunisce e mette a confronto l'opera dei due maggiori miniatori che hanno lavorato nella città estense nella seconda metà del Quattrocento: in apertura si fronteggiano l'Annunciazione di Taddeo Crivelli, a sinistra, e la Madonna con Bambino nell'iniziale D di Guglielmo Giraldi, a destra. A parteciparci la committenza sono, nella prima tavola, il cartiglio FORTIS EST INASPERIS NON TVRBARI, Il coraggio è non farsi turbare dalle difficoltà, e, nella seconda, lo stemma dei Gualenghi: d'azzurro alla banda d'oro, accostata da due leoni d'oro. E sono le stesse armi che appaiono scolpite nella pietra del capitello superstite nel loggiato in parte murato, nella corte d'onore che costituisce l'ingresso al piccolo palazzo di famiglia, in via Paglia 27.
All'importante parentela acquisita per mezzo del matrimonio con Orsina, T. Crivelli ha alluso attraverso la rappresentazione di emblemi di casa d'Este, quali l'aquila e le ancore, ripresi ai margini di altre miniature del manoscritto. La sposa, figlia naturale riconosciuta che Nicolò III ha avuto dalla moglie di un maniscalco, Antonio Rampini, era uno dei tanti ‘nati fuori del matrimonio' che hanno decretato la fortuna del detto popolare Di qua e di là dal Po son tutti figli di Nicolò. Quando viene impalmata da Andrea Gualenghi, Orsina è alle sue terze nozze: era già stata sposata con Aldobrandino Rangoni e con Malatesta figlio di Nicolò Malatesta. Si ritiene che gli sposi abbiano commissionato ai due artisti, appunto, il preziosissimo Libro d'ore al momento delle nozze, celebrate nel 1469, o immediatamente dopo: attraverso la tavola 25 miniata da Taddeo Crivelli, possiamo conoscere il nobile aspetto del cavaliere e della sua sposa, affiancati da un adolescente e da un bambino, nell'atto di prostrarsi davanti a San Bellino, Vescovo di Padova.
Quest'ultimo, patrono di Rovigo, fu ucciso nel 1147 durante la presa di Fratta: era nativo di un villaggio polesano, che poi gli è stato dedicato, dove la stessa famiglia Gualenghi possedeva terreni e casamenti. L'inclusione nel manoscritto di questo Santo, certamente il meno conosciuto fra quelli che vi sono ricordati, può essere motivata sia da una particolare devozione allo stesso, sia come implicito tributo al feudo polesano. Attorniato dalla sua famiglia, Andrea Gualenghi, genuflesso, affida entrambe le mani a San Bellino che è in piedi di fronte a lui. I volti degli oranti così come la loro postura, perfino le marezzature dei marmi ocra e rosa che costituiscono la parete di fondo della cappella... tutto confluisce verso il Vescovo e verso la sua mano destra, che indica il Paradiso: il Santo è rappresentato nella sua funzione di tramite fra il Cielo e la compagine terrena, in questa celebrazione religiosa che coniuga miracolosamente l'unione atemporale fra il Vescovo del XII secolo e il cavaliere con la famiglia.
E' stato anche ipotizzato che i fanciulli potessero essere figli del precedente matrimonio di Orsina con Aldobrandino Rangoni (le nozze con Malatesta sembrano essere ignote agli studiosi che si sono fino a ora interessati del Libro d'ore). Viceversa, non credo che questa teoria possa essere valida, in quanto il nobile patrizio di origini modenesi è morto poco dopo il 1441 e i suoi figli non potevano essere certo fanciulli nel 1469. Al contrario, Andrea Gualenghi ha avuto almeno tre figli: Ludovico, Giovanni e Girolamo, che hanno compiuto un proprio percorso, sebbene forse non così brillante come quelli del nonno Giovanni e del loro stesso padre. Ritengo che il committente di questo Libro d'ore abbia fatto rappresentare la ‘sua' progenie nelle splendide pagine, e questo potrebbe spostare la data o del matrimonio anticipandola (in tal caso, viene a cadere la teoria che il testo di preghiera sia stato commissionato in occasione delle nozze), o della realizzazione del manoscritto posticipandolo.
Forse proprio per rendere la residenza paterna più degna della sposa di natali così nobili oppure in previsione di ospitare gli aristocratici ambasciatori veneziani per le nozze di Ercole con Eleonora d'Aragona nel 1473, Andrea Gualenghi commissiona il 6 agosto 1472 a mastro Giovanni Napoleone, muratore (ma sappiamo che con questo termine si poteva indicare il capomastro quanto l'architetto...), figlio del q. Jacobo, della contrada di San Gregorio, alcuni lavori nel suo palazzo nella contrada di San Salvatore per il prezzo di 80 lire di marchesane, di cui 25 lire anticipate in moneta e il resto in frumento, vino e altri prodotti provenienti dalle campagne dello stesso Gualenghi ai prezzi correnti in Ferrara. Mastro Giovanni si è impegnato, attraverso la creazione di un solaio sopra la loggia stessa, a realizzare una saletta al livello superiore, fornita di nuovo camino in sostituzione di quello esistente nella stanza vecchia posta a un capo della loggia, cosicché potesse costruirvi il coperto dello studio al di sopra, con nappa di ferro ai quattro angoli e con catene; a chiudere le finestre esistenti nella stanza, prospicienti verso l'orto, e ad aprirvene altrettante, centinate ossia ad arco; a sostituire il selciato esistente nella loggia con pietre nuove e a selciare di nuovo la saletta; a intonacare e a tinteggiare tutta la loggia e la saletta; a inserire una colonna tonda di mattoni tagliati all'inizio della scala nella loggia. In quella stessa data, Andrea perfeziona il contratto con mastro Giovanni Zeni, marangone, per la fornitura e la costruzione di solai, soffitto, coperto, porte e finestre per 80 lire di marchesane, escluse tutte le pitture da commissionare ad altri, ovviamente.
E' facile ipotizzare una fase di abbellimento e ammodernamento della palazzina, adeguandola ai canoni estetici in auge presso la corte.
Non solo gli interventi di ampliamento e miglioria si sono protratti nel tempo, ma hanno visto anche l'intervento economico diretto della Casa d'Este così come è riportato dal registro delle Munizioni e Fabbriche del 1474: vengono pagate 886 lire, 12 soldi e 16 denari di marchesane a mastro Giacomo di Rinaldo per mattoni e calcina posti in opera, per l'apertura e la chiusura di finestre nelle pareti esistenti, per l'intonacatura e la tinteggiatura delle murature, così come richiesto da Andrea Gualenghi nel suo palazzo.
Come il Breviario rappresenta per i religiosi il libro delle preghiere, così il Libro d´ore costituisce per i laici il testo su cui meditare e pregare. E non ci è difficile immaginare il cavalier Andrea nel suo studio dal soffitto a cassettoni o sotto la loggia con gli stemmi di famiglia mentre tiene fra le mani la piccola opera preziosissima attraverso la quale prega San Bellino affinché interceda presso l'Altissimo per la sua famiglia e, perché no?, per Casa d'Este.