Acutamente Carlo Arturo Jemolo commentò: «Per chi conosca il mondo cattolico, non è dubbio che, se Grosoli, Santucci, Crispolti hanno lasciato il partito, è che hanno avuto la certezza di attuare il pensiero non espresso, di prevenire il desiderio di Pio XI». Invero, la Santa Sede, intuendo la tendenza inarrestabile di un partito ormai avviato a diventare regime, con partiti all'opposizione impotenti a modificare il corso degli eventi, avvertiva il disagio della presenza del Partito Popolare che, pur formato prevalentemente da cattolici, non era mai stato delegato il ruolo di tutelare gli interessi cattolici, tanto meno nella condizione di una vita pubblica ormai dominata dal fascismo. Il Card. Gasparri, da Segretario di Stato, si lasciò guidare dal realismo: evitare l'esistenza di un solo partito di ispirazione cristiana all'opposizione, affiancandolo con un movimento politico di cattolici che, ponendosi su un piano collaborativo, riuscissero a influenzare le direttive su questioni di carattere religioso. Il Grosoli, dunque, nel promuovere il C.N.I. assecondò un'esigenza vitale della Chiesa in quel momento storico, pur sapendo che la Santa Sede avrebbe trattato il C.N.I. con distacco, ritenendo tutti i cattolici impegnati nell'agone politico tenuti ad assumersi la paternità dei propri comportamenti.
Rispetto al Grosoli occorre temperare le interpretazioni sul clerico-fascismo: non tutto è applicabile alla lettera. Egli non condivise mai il fascismo come ideologia, i. Non si confuse mai politicamente con il fascismo, pur guidando un movimento in posizione collaterale. Tutta la sua vita fu impegnata ad infrangere l'isolamento in cui i cattolici, attivi nella loro professione di fede, erano tenuti nel Paese. Egli non modificò la sua linea nemmeno di fronte al fascismo.
Si può addebitargli un'erronea valutazione del fascismo. Ma in questo fraintendimento della potenziale natura del fascismo non fu solo. Statisti sperimentati quali Giolitti, Orlando, Salandra ed intellettuali non di secondo piano, come Croce, intesero il fascismo come un fenomeno transitorio che, restaurato l'ordine sociale, avrebbe saputo rispettare le istituzioni liberali, rientrando nell'alveo della legalità. Inoltre il fascismo non rivelò subito il suo vero volto, anzi inizialmente si era presentato come restauratore dello Stato liberale. Il Grosoli, pubblicamente stimato per la sua integrità morale, con un seguito ancora autonomo dal fascismo nelle valutazioni morali e nel giudizio politico, faceva ombra alla logica dell'assolutismo politico fascista.
L'intervenuta instabilità di banche cattoliche, compreso il "Piccolo Credito" di Ferrara, entrate in difficoltà per immobilizzi in investimenti eccessivi, che avevano privato queste banche della loro liquidità, si prestò per una definitiva liquidazione economica e politica di un collateralismo divenuto ingombrante. Fu sufficiente il mancato intervento della Banca d'Italia per mettere fuori gioco il grosolismo, la spina dorsale del C.N.I. Nell'anno medesimo della Conciliazione il Grosoli, spogliato di tutto, si autoesiliò in Assisi, ospite di un convento di Suore Francescane stimmatine, che gestivano un orfanotrofio in passato da lui beneficato.
L'anno successivo, nel luglio del 1930, il C.N.I. decretò il proprio scioglimento.
Questo sarà l'ultimo contributo di Romeo Sgarbanti, recentemente scomparso personalità di spicco nella vita politica e nell'associazionismo cattolico ferrarese.
Un collateralismo ingombrante
Scritto da Romeo SgarbantiGiovanni Grosoli, promotore del Centro Nazionale Italiano (1924-1930)
Il senatore Giovanni Grosoli diede vita il 12 agosto 1924 in Bologna al Centro Nazionale Italiano, in affiancamento a Mussolini, vedendo nel fascismo la possibilità di una rinascita religiosa dell'Italia e l'uscita da una situazione di disordine sociale. Il fascismo gli sembrava una soluzione tutto sommato accettabile. Egli era, inoltre, contrario alla politica di opposizione al fascismo del Partito Popolare, valutandola nociva agli interessi cattolici.
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Num. 27