Così lontano, così vicino

Scritto da  Sergio Lenzi

I principali beneficiari di questo intervento della Fondazione in una terra così lontana: i bambini di Nilaveli.Un'attività che non si ferma ai confini della provincia, consapevole di dover essere presente dove c'è bisogno

 

L'11 luglio 2007 è stato un giorno di gioia e di coesione per Nìlaveli, piccolo villaggio rurale nel Nord Est dello Sri Lanka, devastato dalla forza distruttiva ed annichilente dello tsunami del Natale di tre anni fa. A questa giornata importante ho avuto l'onore di partecipare, condividendo con la gente del posto e con i volontari del VIS l'emozione di vedere l'inaugurazione di un padiglione ospedaliero che garantirà assistenza in un'area in cui la copertura sanitaria, anche parziale, sembrava quasi un'utopia.

 

La memoria torna indietro alle immagini di quell'immane catastrofe venuta dal mare, portando morte e devastazione per i popoli di diversi paesi. Di fronte a quella tragedia è scaturita nell'animo di molte persone la volontà di far arrivare ai sopravvissuti un sostegno per continuare a vivere e provare a ricostruire ciò che avevano perso. L'impegno instancabile dei volontari del VIS, il cui operato è stata la loro prima credenziale, ha guidato la Fondazione Carife nella scelta dei partners, ai quali affidare l'impresa e le risorse finanziarie per la rinascita di una delle zone sconvolte dallo tsunami.

 

Firmare una collaborazione con l'autorevole Rettor Maggiore della Congregazione dei Salesiani, Pascual Chavez Villanueva, per la realizzazione di una struttura sanitaria preposta alla tutela delle nuove vite che vengono al mondo in questa parte dello Sri Lanka, ci è sembrato il migliore auspicio per una rinascita anche morale degli abitanti di queste zone. A tutto ciò si aggiungeva la consapevolezza che la struttura preesistente, poco più di un insieme di piccole costruzioni ad un piano, a malapena poteva rispondere alle esigenze di poche centinaia di persone offrendo servizi minimi. Unica alternativa, per i molti bisognosi di cure, era l'onere di fare a piedi 30 kilometri per raggiungere l'Ospedale di Trincomalee. Era dunque proprio a Nìlaveli che bisognava agire per accrescere le possibilità di assistenza e cura per i 50 mila abitanti della zona.

 

La distruzione portata dallo tsunami purtroppo ha raggiunto un paese già consumato da una lunga guerriglia tra le milizie della minoranza Tamil e le truppe regolari del Governo centrale di Colombo. Sotto al fango dell'onda distruttrice sembrava fossero rimaste sepolte anche le ostilità tra le due opposte fazioni e la volontà di rinascita sembrava fosse riuscita a sopire antichi contrasti, creando la possibiulità di un futuro di pace per un paese dilaniato dalla guerra civile. Purtroppo, suparato il momento dell'emergenza, le vecchie cicatrici non si sono rimarginate e le divergenze hanno continuato a covare negli animi. Lo scontro tra le "tigri Tamil" e il Governo cingalese è riesploso rendendo più arduo il lavoro di chi si stava adoperando in ogni modo per ridare un tetto vero a chi aveva perso ogni cosa, e più difficile la vita per chi sembrava avere già perso tutto.

 

 

Il presidente della Fondazione, Sergio Lenzi, accolto a Nilaveli, in Sri Lanka, in occasione della cerimonia di imaugurazione della struttura sanitaria finanziata dalla Fondazione CARIFE nell'area colpita dallo tsunami.L'impegno dei volontari della cooperazione interna- zionale e la voglia di fare dei sopravvissuti si sono dovuti scontrare, oltre che con gli immancabili impedimenti prodotti dalla burocrazia, anche con le repentine battute d'arresto dovute all'acuirsi delle tensioni fra le due parti in lotta, che sfociavano spesso in veri e propri episodi di guerriglia. Nonostante tutto, il lavoro dei volontari internazionali, condotto insieme alle popolazioni locali, è giunto a compimento: Nìlaveli ha finalmente un padiglione ospedaliero dotato di stanze per i pazienti, di un laboratorio, di una sala chirurgica, di uno sterilizzatore e di una sala per le visite. Un luogo, insomma, che possa essere non solo un centro di somministrazione dio servizi sanitari, ma anche un punto di riferimento intorno al quale ricorstruire il senso profondo del vivere insieme, in una comunità.

 

Da Ferrara abbiamo sempre seguito con grande coinvolgimento  e trepidazione tutte le fasi che hanno costellato quest'impegnativo percorso. Il nostro intervento non è stato dettato dall'emozione del momento, né la nostra attenzione per i problemi dello Sri Lanka è scemata con l'inevitabile oblio mediatico della tragedia dello tsunami. Da molto tempo si parlava di andare a toccare con mano la realtà che avevamo deciso di sostenere. La chiusura dei lavori e la possibilità di condividere l'emozione di partecipare alla consegna del padiglione ospedaliero insieme a chi aveva concretizzato il nostro aiuto economico, ci sono sembrate motivazioni sufficienti per intraprendere un viaggio con qualche rischio. Compagno di questa bella avventura è stato l'amico Teodorico Nanni, esperto e consapevole esponente del mondo del volontariato ferrarese, oltre che socio della Fondazione.

 

Al nostro arrivo a Colombo ci hanno accolto due volontari del VIS, Michelle Gutierrez e Riccardo Giannotta, con i quali abbiamo stretto subito un legame profondo e che sono rimasti con noi tutto il tempo del nostro soggiorno in Sri Lanka. Sono loro che ci hanno raccontato della loro esperienza in quel paese, rendendoci partecipi della difficile situazione in cui si vive da quelle parti. L'impegno e la gioia che emanavano per la loro partecipazione all'attività del VIS hanno mitigato in noi la percezione di disagio del contesto, che abbiamo potuto toccare con mano. Il viaggio che abbiamo dovuto intraprendere per arrivare a Nìlaveli è stato piuttosto tranquillo anche se risultava evidente che si trattava di una situazione di non belligeranza e quindi di calma apparente.

 

I principali beneficiari di questo intervento della Fondazione in una terra così lontana: i bambini di Nilaveli.I nostri spostamenti sono stati "protetti" dalla presenza di una bandiera italiana che era attaccata al fuoristrada su cui abbiamo viaggiato. Gli italiani sono infatti particolarmente benvoluti in Sri Lanka, per via del fatto che proprio dall'Italia sono giunti il maggior numero di aiuti privati a sostegno della ricostruzione post-tsunami.
La cerimonia di inaugurazione ha rappresentato un momento di coesione molto importante. In quella giornata, nonostante il tutto avvenisse sotto lo sguardo vigile dei militari governativi armati, si respirava un sentimento di gioia che sovrastava i contrasti. Tutti erano consapevoli che quell'ospedale avrebbe  giovato a chiunque ne avesse avuto bisogno, senza distinzione di sorta. Secondo un cerimoniale  ttento a non escludere nessun ruolo istituzionale erano presenti numerose personalità e autorità civili e religiose.

 


Da Antony Pinto, Superiore della Visitatoria salesiana in Sri Lanka, all'Imam della Comunità musulmana, dai monaci buddisti, ai volontari del VIS Riccardo Giannotta e Michelle Gutierrez. È stato veramente emozionante consegnare nelle mani degli abitanti di Nìlaveli il nuovo padiglione e le ultime attrezzature. La gioia dipinta sui visi della gente di tutte le età vestita a festa per celebrare un evento importante per la comunità, è stata una sensazione vibrante ed intensa che per quella giornata ha sovra- stato i molti problemi che restano ancora da risolvere in quel paese.

 

Prevalentemente la Fondazione sceglie di sostenere dei progetti la cui ricaduta sia indirizzata sul territorio ferrarese. Questo excursus al di fuori dei nostri confini tradizoionali è stato dettato tanto dalla situazione contingente, cioè da una tragedia umanitaria di proporzioni planetarie, che ha coinvolto decine di nazioni e cittadini di ogni paese del mondo, quanto dalla consapevolezza che oggi più che mai ci si debba rapportare ad un sistema globale di relazioni, tanto economiche e culturali, quanto sociali e di cooperazione. La decisione di finanziare questo progetto, infatti, risponde all'intento di far fronte a responsabilità all'interno della società globale ed alla volontà di realizzare concrete azioni per il benessere di tutti, instaurando un rapporto diretto e di fiducia con chi agisce sul campo.

Presenziare all'inaugurazione del padiglione è stato anche un segno di gratitudine da parte della Fondazione verso tutti coloro grazie al cui impegno è stato possibile trasfromare un contributo finanziario (quindi implicitamente immateriale) in qualcosa di solido, materiale, evidentemente e immediatamente utile per migliorare la qualità della vita di una popolazione locale così duramente e tragicamente colpita, oltre che da una perdurante situazione di guerra civile, da una catasfrofe naturale di immani proporzioni. E ci fa particolarmente piacere poter dichiarare che a tale intervento andrà ad affiancarsi un altro piccolo apporto alla vita di questa piccola comunità. La costruzione della struttura sanitaria non ha completamente assorbito i duecentocinquantamila euro stanziati dalla Fondazione. Con quanto rimane, sarà quindi possibile costruire anche sette case unifamiliari in una zona adiacente all'ospedale. Ecco dunque una dimostrazione materiale di come un contributo di portata non eccezionale, se misurato nei termini della nostra realtà, in un contesto socialmente ed economicamente diverso possa rappresentare un importante momento di svolta nella vita di un'intera comunità.

 

 

Una nuova macchina trasportabile per la conservazione mediante perfusione iperbarica ossigenata del fegato da trapiantare.La Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara per la Salute

 

Tra i progetti di ricerca sostenuti dalla Fondazione Carife segnaliamo la messa a punto di una nuova macchina trasportabile per la conservazione mediante perfusione iperbarica ossigenata del fegato da trapiantare, promossa dal Prof. Michele Rubbini dell'Università di Ferrara, e condotta in collaborazione con il Centro Iperbarico di Ravenna, oltre ad altri Istituti dell'Università di Ferrara. Il progetto in fase di attuazione, prevede una sperimentazione veterinaria propedeutica e necessaria al trasferimento dei risultati della ricerca in ambito umano.
Il normale iter per poter effettuare un trapianto di fegato prevede che - una volta prelevato dal donatore e perfuso, ovvero lavato, con una apposita soluzione - il fegato venga posto in ischemia statica a circa 4° per un massimo di 10-12 ore entro le quali esso deve essere trapiantato, onde evitare i danni da freddo.

Per eliminare la fase ipotermica ed i conseguenti danni, tenendo attive le funzioni epatiche, si è pensato di conservare il fegato mantenendone attive le funzioni metaboliche, fornendo al fegato un adeguato supporto energetico mediante ossigeno. Quest'ultimo, per poter essere trasportato in assenza di emoglobina, ha bisogno di essere disciolto ( legge di Henry) in un fluido per poi perfondere nelle cellule epatiche. La perfusione intraepatica all'interno della macchina avviene mediante delle apposite pompe.

Il gruppo di ricerca ha a tal fine brevettato una macchina costituita da un contenitore iperbarico atto ad ospitare il fegato immerso nella soluzione di conservazione insieme all'ossigeno iperbarico. Dopo le opportune ulteriori conferme sperimentali, si potrà ritenere fondata la possibilità di utilizzare per il trapianto sia fegati sottoposti ad ischemia calda che fegati conservati per tempi superiori a quelli medi attuali.

 

Un intervento a favore della città dei bambini: l'Orto di Santa Chiara.

 

All'interno del omplesso che un tempo ospitava il convento di Santa Chiara sono state poste le basi per il recupero dell'orto annesso ed il ripristino del suo uso antico. Un progetto promosso dalla neonata "Associazione Amici del parco di Santa Chiara", e sostenuto dalla Fondazione Carife, si è proposto di restituire alla città l'orto del convento.

Nella realizzazione di questo programma sono stati coinvolti i bambini delle scuole elementari, i quali lavorando hanno contribuito a ridare vita a questo spazio verde, condividendo l'impegno di un progetto che oltre a dover essere seguito secondo tempi precisi, ha dato loro anche la soddisfazione di un risultato concreto.

Agli "apprendisti ortolani" è stata così offerta la possibilità di approfondire l'aspetto agronomico del cibo, per conoscerne i tempi, i segreti, i trucchi di ogni pianta coltivata, per imparare la biodiversità rurale, la varietà di piante ed ortaggi.