Breve storia della chiesa di San Guglielmo e dei suoi affreschi
La storia della chiesa di san Guglielmo e dei suoi affreschi, oggi in parte conservati nel museo di Casa Romei, è lunga e triste, ma cercherò di raccontarla lo stesso. Dove oggi si trova la Caserma Palestro sorgeva un tempo il complesso conventuale di San Guglielmo, uno tra i più antichi di Ferrara che vantava come fondatrice la beata Agnese, consorella di Santa Chiara, giunta a Ferrara attorno al 1250. Le monache che là vivevano fecero riedificare la chiesa a forma di aula in stile romanico che fu riconsacrata nel 1354; a quell'epoca può risalire l'affresco con La Preghiera nell'Orto, attribuito da Carlo Volpe al Maestro di Verucchio e oggi visibile nelle belle sale di Casa Romei. Ancora nella metà del XIV secolo vennero realizzati importanti interventi di ampliamento e abbellimento patrocinati del marchese Niccolò II d'Este e come ricorderà nel 1621 il Guarini nel suo Compendio Historico il complesso di San Guglielmo, che era il più antico della provincia, divenne anche "il più magnifico e grande", affermazione significativa proprio perché con l'Addizione del duca Ercole I d'Este la chiesa ed il convento si situavano entro la nuova cinta muraria in cui tutti gli edifici dovevano essere degni di una capitale. Purtroppo le soppressioni napoleonidescripche giunsero anche a San Guglielmo che nel giugno del 1798 fu chiuso e adibito a caserma; qualche anno più tardi a restaurazione avvenuta e precisamente nel 1832 la chiesa ormai sconsacrata fu spogliata di tutte le sue pale d'altare e si procedette alla vendita degli arredi sacri usando l'ambiente come stalla; per giungere poi alla completa vendita al Demanio Militare nel 1885 che provvide ad ampliare il monastero usato come caserma. Della pregevole decorazione ad affresco però nessuna notizia e bisognerà attendere una prima ispezione nell'aprile del 1931 richiesta dalla Soprintendenza di Bologna al nostro ispettore ai monumenti Arturo Figlioli, che solo due mesi più tardi, data la difficoltà burocratica di poter visitare i locali della chiesa, invierà una breve relazione dando conto dello stato di degrado delle pareti in cui si notavano alcune tracce di affresco difficilmente leggibili in quanto ricoperte da strati di calce. Le difficoltà burocratiche si fecero sentire molto se ancora nel 1933 nulla di nuovo era accaduto; l'affresco doveva comunque rivestire una notevole importanza se il Municipio aveva deciso di distaccarlo a proprie spese, vista la scarsezza generale di fondi di quegli anni e di esporlo alla mostra sul Rinascimento che, come si evince da una nota inviata alla Soprintendenza dall'avv. Renzo Ravenna, podestà di Ferrara e Presidente del Comitato per la Celebrazione del Centenario Ariostesco, porta la data del 21 gennaio 1933: "L'Esposizione della Pittura Ferrarese del Rinascimento che, come la S.V. Ill.ma ben sa, è stata promossa da questo Comitato in occasione del prossimo centenario Ariostesco, offre buon motivo per togliere dall'attuale sede l'affresco esistente nella ex Chiesa di S. Guglielmo ora adibita a stalla in uso al reggimento di artiglieria di stanza a Ferrara. L'autorità militare, e più specificatamente l'Ufficio delle Fortificazioni del Corpo d'Armata di Bologna, al riguardo verbalmente interpellato, ha dichiarato di non avere nulla in contrario a che l'affresco stesso sia affidato all'Amministrazione Comunale, ma che però occorre che il Ministero della Guerra dia la necessaria autorizzazione. Mi permetto pertanto di pregare la S.V. Ill.ma affinché voglia provocare il necessario provvedimento, informando il Ministero della Guerra che il
Comitato Ariostesco si assume le spese necessarie allo strappo del dipinto". Il Municipio poteva usufruire di grandi risorse economiche, per la realizzazione della celebre mostra sul Rinascimento Ferrarese grazie all'intervento di Italo Balbo, ma per quel che riguarda le competenze c'era grande confusione: Ufficio delle Fortificazioni del Corpo d'Armata di Bologna, Intendenza di Finanza di Ferrara, Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti. Il Ministero inserì nell'elenco delle opere da presentare alla mostra anche l'affresco di San Guglielmo e da una nota del podestà di Ferrara siamo informati che incaricato delle operazioni di restauro, fu il celebre restauratore milanese Mauro Pelliccioli: "la Ditta Pelliccioli, incaricata del lavoro, avrebbe dovuto essere qui coi propri operai fin dagli ultimi giorni del mese scorso (gennaio 1933); in vista però del prevedibile ritardo nel portare a termine le pratiche per la cessione del dipinto di che trattasi, è stato pregato il Cav. Pelliccioli di voler differire l'inizio dei lavori. Per altro, mentre il lavoro di organizzazione della Esposizione richiede che si proceda senza ulteriore indugio al distacco dell'affresco, il Cav. Pelliccioli che aveva riservato per noi questo periodo non può, per parte sua, spostare un termine che ha carattere anche contrattuale. Sono pertanto a pregarla vivamente di volere – se necessario anche per via telegrafica – sollecitare la competente autorità a concedere il necessario nulla osta che non dovrebbe mancare sol che si pensi che l'affresco è attualmente in una stalla". Sono evidenti le pastoie burocratiche in cui si trovò il Municipio per il distacco dell'affresco, che non è
mai descritto ed è probabile che le autorizzazioni giunsero in ritardo rispetto ai tempi organizzativi della mostra che si svolse da maggio a ottobre del 1933 poiché non c'era traccia di affreschi provenienti da san Guglielmo. A tal punto le carte d'archivio tacciono e non è noto se l'affresco venne staccato o meno e molte ipotesi rimangono aperte. Per quel che riguarda i tre riquadri noti come La Presentazione al Tempio, I santi Tomaso Gismonda e Libera, e San Francesco riceve le stimmate, oggi a Casa Romei, a quanto riferiscono le schede della Soprintendenza di Ravenna furono staccati da san Guglielmo nel 1933, ma non è stato possibile verificare tale notizia né i dati relativi al restauro; è probabile che siano le pitture che si volevano esporre alla mostra sul Rinascimento Ferrarese e distaccati troppo tardi per la mostra? In assenza di documenti non è possibile dare notizie certe. Bisognerà giungere poi al maggio 1947: a quell'epoca risale infatti un elenco di pitture, redatto dalla segreteria della pinacoteca ferrarese, in cui sono citati i nostri affreschi danneggiati dai violenti bombardamenti del 1944 di cui si pubblicano le immagini che testimoniano i danni di guerra: larghi squarci, cadute di colore e danni al telaio; furono restaurati da Alessio Verri di Bologna. Le bombe cadute nel 1944 colpirono anche San Guglielmo nel tempo trasformata in "Teatro del Soldato", sprofondandone il tetto; ciò mise in luce altri frammenti di decorazione, e un bell'articolo apparso sul "Giornale dell'Emilia" (28 giugno 1950) ce ne da il dettaglio:" Sorprende, intanto che a nessuno fosse venuto in mente di andare a mettere il naso tra gli avanzi pericolanti della chiesetta, a vedere se dalle rovine non affiorasse, superstite disperato, qualche particolare di
decorazione. Sorprende perché a chi voglia farlo oggi – per quanto, sembra, sia ancora piuttosto pericoloso per talune esercitazioni a fuoco dei militari della Caserma Palestro e, pare, per la presenza di aggeggi militari inesplosi – può offrirsi una magnifica occasione. Quella, cioè, di accorgersi che dal muro di fondo della chiesa, ai lati di un arcone malamente dipinto a significare il posto dell'altare, si vedono nettamente affiorare da sotto l'intonaco due grandi riquadri ad affresco: in una la "preghiera nell'orto" e nell'altro il «martirio di una santa» imprecisata". Ecco dunque una prima descrizione dell'affresco La Preghiera nell'Orto. Tale articolo provocò dunque l'interessamento della Ferrariae Decus e dell'ente provinciale del turismo che si mossero affinché avvenisse il distacco delle pitture di cui fu incaricato il celebre restauratore Arturo Raffaldini, ma dai documenti d'archivio della soprintendenza di Bologna sappiamo che il restauratore e le autorità competenti ebbero molte difficoltà a effettuare i sopralluoghi del caso per l'opposizione dell'autorità militare che gestiva il complesso. Proprio tali difficoltà fecero passare i mesi estivi utili, secondo Raffaldini, ad una corretta operazione di distacco degli affreschi. Dalle fonti d'archivio sappiamo che ai primi di novembre non erano ancora state rimosse le macerie e quindi non si era potuto costruire il ponteggio per distaccare e fotografare gli affreschi; sorse poi un altro problema: mancava il nullaosta del Comando Territoriale di Bologna. Con la stagione invernale che incalzava e la pioggia che continuava a battere sulle pitture, la burocrazia certo non snelliva i tempi; una nota del Comune di Ferrara ci informa però che l'11 gennaio 1951 il ponteggio per i lavori di stacco degli affreschi era ultimato così che Raffaldini iniziò i lavori in pieno inverno, come lui stesso non desiderava. In alcuni mesi di lavoro completò lo stacco e nel luglio del '51 gli affreschi montati su
telaio furono ritirati da Gualtiero Medri e depositati in pinacoteca. Poiché da nessun documento è possibile rintracciare una seppur minima descrizione dei soggetti delle pitture, ragionando per induzione viene da pensare che si tratti degli affreschi noti come la Crocifissione e La Preghiera nell'Orto. Nel 1954 poi, vista la decisione dell'autorità militare di demolire i ruderi della chiesa di San Guglielmo, gli uffici competenti decisero di distaccare anche i restanti frammenti superstiti di cui non si conserva alcuna notizia. È quindi difficile per la chiesa di San Guglielmo fornire dati certi sui restauri sia dal punto di vista cronologico che da quello degli operatori, fatto dovuto alla mancanza ed alla reticenza delle fonti archivistiche, ma è possibile immaginare la ricchissima storia del suo glorioso passato passeggiando nelle sale di Casa Romei dove fanno bella mostra di sé i pochi affreschi che a noi sono giunti, rara testimonianza delle cultura figurativa ferrarese tra Tre e Quattrocento.