Temistocle Solera

Scritto da  Adriano Cavicchi

L'eclettica e controversa figura dell'autore dei versi del "Va pensiero" verdianoUn ritratto di Temistocle Solera

Chissà se, sotto le richieste sempre più pressanti della Lega Nord, si arriverà alla sostituzione dell'attuale Inno Nazionale col "Va pensiero" dal Nabucco di Verdi. In tal caso emergerà dall'oblio la straordinaria personalità dell'autore dei versi, il poeta-musicista e avventuriero ferrarese Temistocle Solera. Vero è che i versi della toccante preghiera degli "Schiavi Ebrei". Va pensiero sull'ali dorate / Va ti posa sui clivi e sui colli / Ove olezzano tiepide e molli / L'aure dolci del suolo natal. / Del Giordano le rive saluta / Di Sionne le torri atterrate... / Oh mia patria sì bella e perduta / Oh membranza sì cara e fatal non sembrano direttamente riferiti all'Italia. Infatti nell'opera rimandano all'antico conflitto tra Assiri ed Ebrei ma, come è noto fin dalla prima esecuzione dell'opera nel 1842 alla Scala di Milano, l'indiretta allusione all'Italia oppressa sotto il dominio straniero era nella mente di tutti e fu anche non ultima ragione del successo trionfale del Nabucco. Temistocle Solera nacque a Ferrara il giorno di Natale del 1815 in una famiglia della media borghesia; il padre, avvocato, coinvolto nei moti carbonari del 1821, venne condannato allo Spielberg assieme a Pellico, Maroncelli e Confalonieri. In conseguenza di ciò la casa d'Austria si prese l'incarico di provvedere alla sua formazione inviandolo al collegio teresiano imperiale di Vienna. Qui attese a studi letterari, musicali e alle arti marziali con non comune profitto. Insofferente della disciplina e consapevole che la casa d'Austria tenesse in carcere suo padre, Temistocle fuggì dal collegio per aggregarsi a un circo equestre dove, entrato nelle buone grazie della giovane padrona, si esibiva come acrobata e cavallerizzo. Catturato dalla guardia austriaca ai confini dell'Ungheria, venne mandato a completare gli studi al collegio Longone di Milano. La sua preparazione musicale sembra sia stata abbastanza approfondita e maturata nell'ambito del Conservatorio di Milano con studi di composizione, flauto e canto nel ruolo di basso. A soli diciott'anni pubblicò la sua prima opera di poesia: I miei primi canti in stile manzoniano, che ottenne ampi riconoscimenti dalla critica. Ormai Solera è accolto nel giro dei giovani talenti che orbitano attorno al teatro alla Scala, allora diretto da un singolare personaggio come l'impresario onnipotente Bartolomeo Merelli, e non c'è motivo per dubitare che le relazioni col giovane Verdi risalgano a tale periodo. Infatti nelI frontespizi di alcuni dei libretti d’opera di Solera. 1838 l'editore Canti di Milano pubblicò un sontuoso album di romanze di Verdi con L'esule sui versi del Solera . Allo stesso letterato è da attribuire la traduzione in lingua tedesca di tutti gli altri testi poetici. In quegli anni il 'consumo' dell'opera a Milano era vivacissimo. Lo spericolato impresario della Scala Bartolomeo Merelli, sempre in cerca di talenti da lanciare, sia come librettisti o come compositori, aveva fatto rifare a Solera un vecchio libretto: Oberto conte di San Bonifacio che Verdi, dopo altri rifacimenti concordati col librettista ferrarese, metterà in scena alla Scala (novembre 1839) con discreto successo. A dimostrare quanto redditizio fosse il mestiere del librettista, il Merelli pagò a Temistocle ben seicento lire austriache che lo scapigliato poeta sperperò con gli amici in una notte di baldorie. Dal periodo delle recite di Oberto prende l'abbrivio la carriera operistica di Solera. La sera della ottava recita dell'opera venne presentato al pubblico della Scala un inno a tre voci e orchestra intitolato "La Melodia", parole e musica dell'artista ferrarese, accolto con cordiale successo. Subito Merelli scritturò Solera per un'opera avendone intuito la genialità. L'opera prima del poeta-musicista non venne inserita nel calendario della stagione ma in una rassegna collaterale istituita "a beneficio del Pio Istituto Teatrale". Nacque così Ildegonda, poesia e musica di Temistocle Solera. Per quanto all'apparenza la proposta possa sembrare riduttiva, la rosa degli interpreti fu di prima grandezza con due artisti del calibro di Erminia Frezzolini e Napoleone Moriani Il successo cordiale del debutto infuse entusiasmo nel poeta-musicista che nell'anno successivo, 1841, sempre alla Scala e per il Pio Istituto Filarmonico, presenta il melodramma in due atti Il Contadino d'Agliate con grandi interpreti come l'Abbadia e Napoleone Marconi. Fra gli intervalli di questo furore operistico Solera trova il tempo per redigere una circostanziata e brillante biografia di Lodovico Ariosto - unico documento della sua "ferraresità" - per una enciclopedia milanese (1840, Antonelli ). Ma il mondo dell'opera appassiona Temistocle in modo travolgente che passa con la più grande facilità dal ruolo di compositore a quello di poeta. Sarà in tale clima che, sullaI frontespizi di alcuni dei libretti d’opera di Solera. scia di interessi e successi suscitati dal ballo pantomimico "Nabucodonosor" del Cortesi (Milano, 1838), Solera compone il libretto del Nabucco su commissione di Merelli e destinato alla penna del compositore tedesco Otto Nicolai. Quest'ultimo, anche se aveva già messo in musica un libretto di Solera - Odoardo e Gildippe, Genova 1840 - non è contento del Nabucco. Ora vediamo come l'impresario della Scala, che aveva studiato musica ed era anche in qualche occasione librettista, riesce a convincere Verdi, il quale dopo l'insuccesso di Un giorno di regno, aveva deciso a non scrivere più per il teatro: "figurati," scrive Merelli a Verdi, "un libretto di Solera, stupendo!! [...] magnifico [...] straordinario! [...] posizioni drammatiche efficaci, grandiose, bei versi." Come dare torto a un professionista di tale esperienza? Per rendersene conto basta leggere alcuni versi del coro dell'introduzione, "Gli arredi festivi giù cadano infranti: Di barbare schiere l'atroce ululato nel santo delubro del nume tuonò". L' esasperazione melodrammatica del Solera seppe vincere la ritrosia di Verdi nel suo proposito di non scrivere più per il teatro e accendere nel musicista un vigore inventivo di una potenza emozionante che sarà uno stimolo non secondario per la nascita di alcuni capolavori. Primo fra tutti il "Va pensiero " che diventerà il coro risorgimentale più rappresentativo, amato e intonato dalla maggior parte degli italiani. Ma osserviamo brevemente la carriere operistica di Temistocle. Nel 1842 rappresenta al teatro di Corte di Modena La Fanciulla di Castel-Guelfo con prima donna la moglie Teresa Rosmini. Gli si aprono le porte dei teatri di Brescia e Padova (Genio e Sventura) e come librettista collabora con molti compositori seppure di modesto livello rispetto al grande Verdi per il quale scrive un altro capolavoro: I Lombardi alla prima Crociata. In quest'opera, di forte impatto mistico, si ricorda non solo lo struggente coro "Oh Signore dal tetto natio" ma anche l'accattivante brano, tipico del verseggiare per iperboli del nostro artista: Sarà talamo l'arena / Del deserto interminato / Sarà l'urlo della jena / La canzone dell'amor. Anche se secondo tradizione i versi furono composti a quattro mani tra poeta e compositore, il verseggire lapidario e quasi immaginifico - in una parola ciò che Verdi definiva " la parola scenica" - del Solera s'imponeva nella fantasia del pubblico, così comeI frontespizi di alcuni dei libretti d’opera di Solera. funzionalissime sono le strutture librettistiche delle forme musicali che Temistocle praticava con perspicace intelligenza dall'inizio alla fine dell'opera. Del resto c'è una lettera di Verdi al segretario del teatro la Fenice, Brenna, nella quale, per rispondere alle richieste di Francesco Maria Piave che si lamentava per dover rifare il già fatto, così rispondeva Verdi : "Solera ha già scritto 5 o 6 libretti e conosce il teatro, l'effetto e le forme musicali. Il Sig. Piave non ha mai scritto, e quindi è naturale che in queste cose manchi." Nonostante i successi ottenuti come librettista e come compositore in Lombardia, il multiforme talento scompare dall'Italia per comparire in Spagna come direttore d'orchestra, impresario d'opera a Barcellona, Saragozza, Gibilterra e Madrid, nonché poeta spagnolo, spadaccino e consigliere privato della regina di Spagna. Non dimentico della sua principale professione, scrive un libretto in spagnolo che viene musicato dal più prestigioso compositore madrileno: Juan Arrieta, La Hermana de Palayo, e un libretto italiano, Isabella la Cattolica. Naturalmente la sua ascendenza sulla Regina - con la quale sembra abbia avuto una relazione sentimentale - suscita le gelosie dei cortigiani che sfoceranno in disfide e duelli. Intanto in Italia fervevano i moti risorgimentali del 1859 e Temistocle, tramite conoscenze altolocate, diventa il corriere segreto tra Napoleone III e Vittorio Emanuele II di Savoia e il conte di Cavour. La sua tempra di avventuriero, agevolata da una prestanza fisica gigantesca, lo vede, dal 1860 nel ruolo di delegato di polizia della Basilicata per la lotta mirata a sconfiggere la piaga del brigantaggio. Solera anche in questo ruolo ottiene risultati clamorosi con autentiche stragi di briganti. Per i suoi meriti diventerà anche questore di Firenze, poi di Palermo, Firenze e Bologna, ma l'andamento di una professione impiegatizia non era nei ruoli dello straordinario personaggio. Accetterà l'invito del Kedivé d'Egitto di organizzargli la polizia e dirigere le famose feste di Ismailia per le quali, risfoderando le sue antiche professioni di poeta-musicista, scriverà un grandioso Inno celebrativo. Fra i ritagli di tempo il nostro avventuriero continuerà a scrivere soprattutto libretti d'opera. Oltre ai due prestigiosi per Verdi: Giovanna d'Arco e il tormentato Attila nella confezione del quale, per inadempienze di Solera, Verdi fu costretto a rivolgersi al più malleabile Francesco Maria Piave che diventerà poi il collaboratore verdiano per eccellenza. Altri libretti del Solera: Pergolesi per Ronchetti-Monteviti; La Fanciulla delle Asturie per Secchi; Sordello per Buzzi; La conquista di Granata per Arrieta; ben tre per Villanis (Vasconcello, Alfonso III e Una notte di festa); per Peri L' Espiazione; e per Villate Zilia. Solera scrisse anche musica sacra e da camera, in parte sopravvissuta per lo più in raccolte private e nell'archivio della Casa editrice musicale Ricordi di Milano, nella quale è conservata la partitura autografa della sua prima opera. Tipico aspetto dell'esistenza del poeta - musicista fu quello di alternare momenti di floridezza economica ad altri di miseria. Una cara amica di Verdi, Clarina Maffei, in un momento di vacche magre per Solera, chiese a Verdi di aiutarlo. Il grande musicista così rispose: «Colpa sua se non ha percorso una carriera brillante, e se non è diventato il primo poeta melodrammatico dell'epoca nostra. Se avesse voluto mettere la testa a partito e diventare necessario, egli poteva farsi pagare per ogni libretto 3 o 4 mila franchi più i diritti delle esecuzioni nei paesi dove fosse stata data l'opera» L' ultima professione di Solera, che esalta ulteriormente la sua camaleontica versatilità, fu quella dell'antiquario commerciante in opere d'arte. Con il denaro guadagnato al Cairo si trasferì a Parigi dove però la sua nuova attività non sembra abbia avuto molto successo. Tornato a Milano povero e ammalato, morirà la mattina di Pasqua del 1878.