Le Carte di Pomposa e Ferrara

Scritto da  Corinna Mezzetti

Un progetto di edizione dei documenti dei secc. X-XII presenti nell'archivio dell'abbazia di MontecassinoDocumento di Pomposa, 1010 aprile 30 (Archivio di Montecassino, Carte di Pomposa, fasc. III, n. 36, recto).

Nell'archivio dell'abbazia di Montecassino è confluito, sul finire dell'Ottocento, un importante nucleo di documenti ferraresi, raccolti nel fondo Carte di Pomposa. Sono circa tremila pergamene provenienti dagli archivi di alcuni monasteri del nostro territorio: Sant'Antonio in Polesine, San Giorgio, San Silvestro e, per la parte più consistente, Santa Maria di Pomposa, che trasmette il nome al fondo. La diaspora di queste carte, e la loro attuale conservazione in una sede archivistica lontana dal territorio di cui portano la storia, sono all'origine della conoscenza ancora abbozzata che abbiamo dei nostri documenti a Montecassino. Poco o nulla è stato scritto delle carte prodotte e raccolte nelle chiese e nei monasteri della città; meglio note sono invece quelle di Pomposa, grazie alla pubblicazione dei regesti, curata da Antonio Samaritani nel 1963. Il fondo cassinese si compone di 2.827 pergamene, conservate ancora oggi arrotolate, rispecchiando l'antico sistema di archiviazione delle carte; distribuiti in 105 fascicoli, i documenti sono in ordine cronologico, dal 933 al 1663, senza alcuna distinzione tra i diversi archivi di provenienza. Le carte sono accompagnate da sei volumi manoscritti di regesti ottocenteschi, che ne riassumono il contenuto giuridico, ma non sono disponibili inventari né indici sommari. Una prima ricognizione del fondo permette di isolare, dal totale dei documenti, mille pergamene relative ad enti ecclesiastici di Ferrara: oltre ai monasteri citati in apertura, incontriamo Santa Maria in Vado, San Romano e, per il contado, Santa Maria di Bondeno e Santo Stefano della Rotta – solo per citarne alcuni. La lettura di queste carte e la storia di terre e uomini, su cui gli atti notarili possono gettare luce, sono ancora tutte da affrontare; così come Documento di Pomposa, 1010 aprile 30 (Ivi fasc. III, n. 36, verso).rimangono in parte da scrivere le vicende archivistiche che hanno segnato il viaggio dei documenti ferraresi, partiti dagli archivi ecclesiastici dei rispettivi enti produttori per arrivare all'attuale sede cassinese, che li confonde e mescola, senza soluzione di continuità, alle più celebri, e perciò studiate, pergamene di Pomposa. Ricostruire la storia e i percorsi di un corpus documentario può talvolta tramutarsi in un'operazione complessa; non sempre, infatti, si dispone di fonti capaci di illuminare ogni momento e rendere ragione di ogni passaggio. Accade allora che i migliori testimoni delle vicende e degli itinerari seguiti dalle carte possano rivelarsi le carte stesse. I documenti interessano generalmente agli storici per il testo di cui sono portatori, per il negozio giuridico – una compravendita, un affitto, una donazione e così via – che ha dato avvio al processo di documentazione. Redatto su un foglio di pergamena sciolto, il documento medievale porta sul recto (di norma il lato-carne, reso più chiaro dal processo di lavorazione della pelle animale) il testo del contratto a cui la scrittura notarile conferisce autenticità e valore legale. Sul verso, il latopelo e più scuro della cartapecora, troviamo testi preparatori e brevi regesti del documento, aggiunti a mo' di promemoria del contenuto giuridico della carta; sempre sul dorso trovano posto le segnature e le note d'archivio che restano il segno tangibile degli interventi di ordinamento e dei trasferimenti di cui le carte furono oggetto. Le pergamene ferraresi a Montecassino portano sul verso molte tracce della loro storia archivistica: sono proprio alcuni di questi "segni" a suggerire l'occasione in cui prese forma l'accorpamento di materiale di archivi diversi, che sta all'origine dell'eterogeneo fondo pomposiano di Cassino. Alla fine del Settecento, la soppressione napoleonica degli enti ecclesiastici significò la sottrazione delle carte dagli archivi di origine e la loro raccolta in un deposito demaniale a Ferrara, il fondo dei Residui ecclesiastici, poi confluito in Archivio Storico Diocesano. Nel 1807, si procedette a una selezione dei documenti più preziosi da inviare a Milano, dove era in via di costituzione un archivio centrale del Regno d'Italia. Solo una parte delle carte ferraresiDocumento di San Silvestro, 1089 aprile 5 (Ivi, fasc. IX, n. 174, recto.) selezionate arrivò effettivamente a Milano, e sono oggi in Archivio di Stato; molti documenti presero altre strade: acquistati dapprima dall'antiquario Carlo Morbio, si dispersero ulteriormente con la vendita della sua eredità. Un blocco di carte fu acquisito dall'Archivio di Stato di Roma, mentre un secondo – e più consistente – gruppo di pergamene venne acquistato nel 1880 da padre Agostino Theiner, quindi ceduto al cardinale tedesco Federico di Fürstenberg, arcivescovo di Olmütz, che nel 1882 le donò finalmente all'abbazia di Montecassino, casa madre dell'ordine benedettino. Le carte ferraresi e pomposiane di Montecassino sono ancora oggi inedite. L'edizione dei documenti di Pomposa, più volte accarezzata dagli studiosi, resta tuttora disattesa. La consapevolezza di questo vuoto, particolarmente pesante per lo studio del pieno medioevo ferrarese, muove un rinnovato progetto di edizione, al quale sto lavorando con l'appoggio della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria e il sostegno scientifico delle Università di Ferrara e Firenze: le ricerche compiute per la stesura delle tesi di laurea e di dottorato rappresentano i primi tasselli di un programma editoriale che si articola in quattro volumi, dedicati all'edizione delle carte dell'archivio pomposiano, comprese tra X e XII secolo. Questo progetto di edizione si propone di ricomporre, nell'unità dell'edizione critica, lo stato dell'archivio abbaziale prima delle soppressioni di fine '700, che ne hanno determinato, come si è visto, la dispersione in vari fondi, l'accorpamento con materiale proveniente da altri archivi ferraresi e la perdita di molte carte, non più conservate nella redazione originale. Sul finire del '700, l'archivio e la biblioteca del monastero di Santa Maria non erano più a Pomposa. Dopo aver vissuto il momento di massimo splendore nell'XI secolo, sotto la guida degli abati Guido, Mainardo e Girolamo, per l'abbazia si aprì con il XII secolo un periodo di lento declino, fino alla nomina di abati commendatari nel '400 e alla dipendenza dal monastero di San Benedetto di Ferrara, all'inizio del '500; con la soppressione definitiva nel 1653, i monaci, i beni mobili, i codici della biblioteca e tutte le carte dell'archivio vennero trasferiti nei locali del monastero cittadino. Confluiti nell'archivio di San Benedetto, i documenti di Pomposa furono oggetto di intense operazioni di ordinamento e trascrizione. Al monaco Benedetto Bacchini, il celebre storico di Polirone, si deve la prima organica classificazione del fondo: ogni pergamena ricevette una segnatura, ancora leggibile sul verso delle carte oggi superstiti, che rappresenta il più sicuro indizio della provenienza dei documenti dal tabularium pomposiano e, di conseguenza, una guida sicura nella ricostruzione dell'assetto settecentesco dell'archivio. Tante pergamene, inventariate da Bacchini nel XVIII secolo, risultano oggi perdute. L'edizioneLa torre campanaria dell’Abbazia di Pomposa. critica permette di ricomporre virtualmente l'unità originaria dell'archivio, affiancando ai documenti originali tutte le carte trasmesse in copia erudita, o almeno note da un semplice estratto. Questo progetto di edizione vuole porsi come anello di continuità nel solco della lunga tradizione di studi pomposiani: il primo convegno internazionale del 1964 ("Analecta pomposiana", I, 1965) ha rappresentato un importante momento di bilancio delle ricerche allora in atto, gettando le basi dei successivi orientamenti di studio. Dopo l'edizione degli Statuta Pomposiae nel 1958 e la pubblicazione dei regesti di Bacchini, nella già citata edizione di Samaritani del 1963, il lavoro sulle fonti non ha più portato a risultati decisivi. Nel 1989, una campagna di microfilmatura delle carte pomposiane, conservate a Montecassino, Milano e Roma, ha rilanciato con forza la necessità di orientare la ricerca verso l'edizione critica dei documenti. Con il presente progetto si intende valorizzare e mettere a disposizione degli studiosi uno dei più importanti archivi monastici del medioevo ferrarese: l'edizione delle sue carte, oltre a guidare una piena ricostruzione di aspetti e problemi della storia dell'abbazia, può contribuire alla conoscenza delle strutture agrarie del nostro territorio, dei negozi giuridici che regolavano i rapporti con i lavoratori, della gestione del patrimonio fondiario e delle modalità di sfruttamento dei terreni. L'edizione di queste carte può trasformarsi, infine, in uno strumento decisivo per l'esplorazione del fenomeno grafico e della prassi documentaria del Ferrarese, un'area che, nel pieno medioevo, gravitava attorno al mondo romanistico ravennate, da cui provenivano molti notai dei documenti pomposiani, ma che al contempo non era impermeabile a influssi e procedure della documentazione del Bolognese, dove alle soglie del XII secolo la riscoperta del diritto romano stava portando alla nascita del notariato moderno.