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Boldini a Parigi (1871-1886) Una grande mostra indagherà il rapporto fra Boldini
e l’impressionismo francese
Attorno alla metà degli anni Ottanta, Boldini realizza un dipinto di grande fascino che esula dall’ambito per cui è rimasto celebre, quello del ritratto. Si tratta della Cantante mondana, un’istantanea della Parigi di fine Ottocento e della vita che si svolgeva, nei caffè e nei salotti musicali che l’artista frequentava assieme ad amici e colleghi come Degas.
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Boldini a Parigi (1871-1886)

Scritto da  Barbara Guidi

Giovanni Boldini, La cantante mondana. Ferrara: coll. Fondazione Carife, in deposito presso Gallerie d’Arte Moderna e ContemporaneaUna grande mostra indagherà il rapporto fra Boldini
e l’impressionismo francese

Attorno alla metà degli anni Ottanta, Boldini realizza un dipinto di grande fascino che esula dall’ambito per cui è rimasto celebre, quello del ritratto. Si tratta della Cantante mondana, un’istantanea della Parigi di fine Ottocento e della vita che si svolgeva, nei caffè e nei salotti musicali che l’artista frequentava assieme ad amici e colleghi come Degas.

Questo straordinario dipinto, che nel 2008 è entrato a fare parte delle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara ed è esposto in deposito temporaneo al Museo Giovanni Boldini, testimonia, al più alto livello, una fase cruciale ma ancora oggi poco indagata della carriera dell’artista ferrarese, quella che precede la sua attività di ritrattista dell’alta società cui si dedicò completamente a partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento. "Prima di divenire il pittore delle bellezze parigine, Boldini è il pittore di Parigi". Così Jean-Louis Vaudoyer descriveva, nel catalogo della mostra postuma del 1931 tenutasi all’Hotel CharpGiovanni Boldini, Autoritratto mentre osserva un dipinto, c. 1865. Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.entier, i primi anni di attività nella capitale francese di Boldini, quando, dal momento del suo arrivo, alla fine di ottobre del 1871, al 1886, risiedette nel quartiere di Montmartre. "Erano gli anni delle mostre impressioniste" – continuava Vaudoyer – e Boldini, che andava pian piano "allargando la sua maniera", "usciva dall’atelier" per dipingere "nelle strade, nei giardini fioriti, nel parco di Versailles", nei caffè, o lungo la Senna. La produzione di questo periodo fu subito eclissata dal successo ottenuto da Boldini come ritrattista ed in seguito considerata dalla critica, almeno fino ad anni recenti, marginale rispetto al resto della sua produzione. Tuttavia, se poste sotto la lente di ingrandimento, le scelte compiute da Giovanni Boldini in quei quindici anni di lavoro e i frutti che ne derivarono si rivelarono decisivi per l’artista, sia nell’ottica della sua evoluzione stilistica, sia per quanto riguarda la sua affermazione professionale sulla scena artistica della fin-desiècle. In questo quindicennio cruciale Boldini dette vita a opere di ogni tipo: scene di genere in costume storico o contemporaneo, vedute di città, paesaggi, interni d’atelier, nudi, soggetti di vita moderna e, naturalmente, ritratti. La sua foGiovanni Boldini, Giorni tranquilli, 1875. Williamstown, Sterling and Francine Clark Art Institute. © Sterling and Francine Clark Art Institute.rtuna in ognuno di questi campi fu tale che, quando, al volgere degli anni Novanta, decise di votarsi completamente al ritratto, era considerato "uno dei più eminenti pittori di paesaggio in Francia" e uno dei principali interpreti della rappresentazione della Parigi contemporanea. A ripercorrere oggi per la prima volta questo importante capitolo della storia dell’artista, alla luce di nuove ricerche su fonti e documenti, sarà la mostra Boldini nella Parigi degli Impressionisti, che si aprirà a Palazzo dei Diamanti il prossimo settembre, per poi trasferirsi al Clark Art Institute di Williamstown (Massachusetts) con il quale Ferrara Arte organizza la rassegna. Un centinaio di capolavori provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private d’Italia e del mondo, alcuni dei quali mai esposti prima d’ora nel nostro paese, mostreranno tutto il fascino e la complessità della personalità boldiniana in questo periodo di ricerca e di sperimentazione. Già durante la sua permanenza a Firenze, prima cioè di trasferirsi a Parigi, Boldini si era dimostrato attento a cogliere e fare proprie alcune innovative istanze provenienti dall’ambiente francese ed è per questo motivo che la mostra si aprirà con alcune delle opere più importanti di questi anni che costituiscono un prologo all’esposizione. Nel vivace Giovanni Boldini, Uscita da un ballo mascherato, c. 1876. Ferrara, Museo Boldini.ambiente toscano, animato a quell’epoca da una ricca committenza cosmopolita, dagli accesi dibattiti del gruppo macchiaiolo e informato delle novità maturate nella ritrattistica francese, l’artista si distinse immediatamente come il principale artefice della rivoluzione attuata allora nel genere del ritratto borghese, realizzando effigi di straordinaria vivacità che ritraevano i modelli in un ambiente e non più su uno sfondo neutro, e in atteggiamenti intimi e informali, come ne Le sorelle Lascaraky e in Autoritratto mentre guarda un dipinto. Una volta giunto a Parigi, Boldini si dedica alla realizzazione di quadri di genere allora molto richiesti dalla ricca borghesia europea e, soprattutto, americana ottenendo un ampio successo. Ispirandosi a maestri allora affermati e da lui ammirati, Meissonier e Fortuny, Boldini rinnova il cliché del quadro di genere creando personali variLa grande strada a Combes-la-Ville, 1873. Philadelphia Museum of Art, the George W. Elkins Collection. © Philadelphia Museum of Art.azioni sia in costume storico che contemporaneo, come in Giorni tranquilli, o rifacendosi a fantasie spagnoleggianti, come in Serenata e El matador. Lo straordinario virtuosismo con il quale era in grado di restituire la preziosità delle sete o i luccichii del metallo, gli permetteva di essere considerato come il più brillante interprete di quella pittura ricercata e l’erede indiscusso dei due maestri. È grazie a queste opere e ad una sapiente amministrazione dei propri affari con mercanti europei e americani che Boldini fa il suo ingresso nelle più importanti collezioni del vecchio e del nuovo continente, conoscendo una straordinaria fortuna critica in America, mai indagata prima d’ora. Contestualmente alla produzione di genere destinata al mercato Boldini realizza, a partire dalla metà degli anni Settanta, una serie di vedute di città che colpirono la critica per l’inconsueta capacità di osservare, indagare e restituire, con uno stile via via sempre più personale, la vita brulicante della città moderna. Ma se in un primo momento le sue opere sono ancora caratterizzate da un impostazione tradizionale, progressivamente la suGiovanni Boldini, Donna in nero che guarda il “Pastello della signora Emiliana Concha de Ossa”, c. 1888. Ferrara, Museo Boldini.a pittura si fa più audace e sperimentale: è in questo periodo che Boldini riempie centinaia di taccuini con rigorosi studi “dal vero” di uomini e animali in movimento che animano le vie della città, disegni che dimostrano come alla base di molte delle sue creazioni vi fosse uno studio attento e rigoroso del modello e una meditata riflessione sulla composizione. In questi anni Boldini non registrò soltanto la realtà urbana. Si spinse anche nelle campagne, lungo la Senna o sulle coste della Normandia, lavorando a vedute e a paesaggi che sono contraddistinti da una straordinaria sensibilità nella resa del dato atmosferico e luministico. Nascono così affascinanti vedute di ampio respiro, come Grande strada a Combes-la-Ville e le celebri Lavandaie – esposto l’ultima volta nel 1935 e rintracciato per questa rassegna –, tavolette di piccolo formato dalla fattura minuziosa, come Il ritorno dalla pesca, o ancora nitidissimi scorci fluviali che ritraggono luoghi cari agli impressionisti, come La machine de Marly. Al pari di Degas e di Manet, Boldini fu attratto dai teatri e dai caffè-concerto di Parigi. Egli ne frequenta gli ambienti e ne studia i protagonisti, ballerine, cantanti, musicisti, cogliendoli nei loro atteggiamenti tipici sotto il riverbero delle luci artificiali per realizzare ciò che Degas definiva "studio del sentimento moderno". Di questa appassionata indagine, che resta confinata pGiovanni Boldini, Ritratto di Giuseppe Verdi col cilindro, 1886. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna.erlopiù nel campo privato dei taccuini, dei disegni e delle incisioni, Boldini trasferisce sulla tela solo pochi esemplari, tanto rari quanto preziosi, quali lo Studio per il “Caffè rosso”, il Ritratto di Emanuele Muzio sul podio, vero e proprio “ritratto d’ambiente” nell’accezione che ne diede il sostenitore dell’impressionismo Duranty, e la Cantante mondana. Forse partendo da una riflessione sul lavoro di Manet e Degas e, tramite loro, di Velázquez, relativi alla raffigurazione di interni dalla complessa strutturazione spaziale e al tema del “quadro nel quadro”, Boldini inaugura un soggetto del tutto personale, quello delle vedute dell’atelier e della casa dell’artista. Questi motivi, che già lo avevano interessato durante gli anni fiorentini tanto da costituire lo sfondo di molti dei suoi ritratti, tornano ad essere indagati durante gli anni Ottanta con un interesse sempre crescente per gli ambienti e per gli oggetti in essi contenuti – mobili, strumenti di lavoro o dipinti da lui conservati gelosamente – che divengono i protagonisti di questo“diario privato per immagini” della sua vita e della sua opera. Durante questi anni Boldini non abbandona il genere del ritratto ma anzi evolve la sua maniera sotto la spinta di diverse suggestioni, oltre che studiando i grandi maestri del passato. Il cammino compiuto in questo periodo lo condurrà a definire quello stile inconfondibile che lo imporrà, al volgere del secolo, come uno dei più contesi ritrattisti del panorama internazionale. La mostra analizzerà l’evoluzione della sua ritrattistica attraverso le effigi ufficiali o quelle di amici e colleghi, fino a giungere ai grandi capolavori degli anni Novanta che costituiscono l’epilogo del percorso espositivo. Durante la ricerca della propria strada, la gGiovanni Boldini, Cléo de Mérode, 1901. Collezione privata.rande versatilità dell’artista e la sua maestria gli permettono di lavorare con assoluta disinvoltura su più registri: dalle raffigurazioni improntate ad un classicismo riletto in chiave moderna, come nel ritratto equestre di Alice Regnault, debitore Renoir, a quelle più audaci e informali, come la Contessa de Rasty sul divano, il celebre pastello che ritrae un Verdi consapevole di sé ma ad un tempo intimo e umano, o, ancora, l’acuto e affascinante ritratto dell’amico giornalista e politico Henri Rochefort con il quale surclassa addirittura quello dipinto dal grande Manet. L’approccio diretto al modello, una straordinaria capacità di coglierne e restituirne il carattere, l’abilità nell’esprimerne la vitalità sono le qualità che permettono a Boldini di divenire uno dei più celebri ritrattisti del suo tempo. Così i suoi ritratti dei più noti personaggi d’allora, come quello del pittore Whistler, di Lady Colin Campbell o dell’étoile Cléo de Mérode, divengono icone di uno dei periodi più affascinanti e importanti della nostra storia, la Belle Époque.