Lei attenta, misurata e colta; lui solare, temperamento artistico e un cuore grande sotto una scorza spessa. Due caratteri molto diversi e apparentemente inconciliabili, eppure pochi sguardi e qualche passeggiata furono sufficienti a far innamorare profondamente Gabriella e Roberto. Il loro amore era irrinunciabile, tanto da indurre Gabriella a stravolgere le sue abitudini, abbandonando la sua amata città, la musica, il cinema e il teatro, per abitare in un piccolo paese chiamato Cortina dividendo i suoi spazi con quelli di una grande famiglia di stile patriarcale: suoceri, cognati e cognate, bambini, tutti in un’unica grande casa. Una scelta radicale, che nel 1937 fece parlare molto di Gabriella Carnevali a Ferrara e a Bologna. Dal loro matrimonio nacquero tre figli, l’ultimo dei quali fui io, a cui spettò in eredità la prosecuzione dell’attività difamiglia e a cui la fotografia si radicò presto nelle ossa. Nato e cresciuto a Cortina, sembravo aver preso tutto da mio padre: la passione per la fotografia, la pulsione per gli sport, la maglia da hockeysta. M
a presto il sangue materno cominciò a farsi strada in me. Di mia madre riconosco in me la voglia di guardare lontano, di conoscere e di affrontare scelte anche difficili. Grazie a lei ho lentamente abbandonato la mentalità restia ai grandi cambiamenti e quel senso del dovere, a volte limitante, tipico della montagna. Da mio padre hoi ereditato radici solide, da mia madre voglia di apertura, di scoperta, non solo di luoghi ma di culture, di sguardi diversi, di luci e respiri lontani. Questo desiderio, unito alla passione fotografica mi ha portato in sessanta Paesi del mondo, e a confrontarmi con pianure, mari, comunità isolate, sentimenti di meraviglia, paure, paesaggi abbaglianti e dolori non misurabili. In compagnia della macchina fotografica, per im
magazzinare su
pellicola ciò che vedeva la mia anima. Più volte mi sono chiesto quanto questo amalgama chimico del sangue mescolato abbia alimentato la curiosità, la voglia di oltrepassare la frontiera, di andare più avanti, più a fondo, di comunicare e di confrontare la mia cultura con le altre. Riconosco le risate di mia madre nel senso dell’umorismo che mi aiuta quando credo di non avere più vie d’uscita, e ritrovo la caparbietà e la dolcezza di mio padre ogni volta mi capiti di calarmi nel pantano delle calamità del nostro pianeta. A volte vorrei poter mandare loro un messaggio, una fotografia, una conferma; una prova che la loro unione fu portatrice della magia della certezza, della qualità cristallina di una sorgente di montagna e della grandezza del cielo visto dalla Padana.